Un anno in Solidarietà e Servizi con il Servizio Civile Universale

Attraverso Confcooperative Insubria, la cooperativa mette a disposizione otto posti per giovani tra i 18 e i 28 anni per un anno nei servizi diurni e residenziali per disabili

Un anno per crescere, dedicandosi agli altri. Un anno per imparare a prendersi cura delle persone con disabilità. Per la prima volta, Solidarietà e Servizi, attraverso Confcooperatve Insubria, aderisce al progetto del Servizio Civile Universale mettendo a disposizione otto posti per quanti vogliono dedicare dodici mesi all’ambito della disabilità. Il bando è riservato ai giovani tra i 18 ed i 28 anni e riguarda i servizi diurni e residenziali di Solidarietà e Servizi presenti nei comuni di Busto Arsizio, Samarate, Cassano Magnago e Fagnano Olona. Le candidature devono essere presentate entro le ore 14 del prossimo 15 febbraio.

Come unica realtà in provincia di Varese, Solidarietà ha aderito al progetto “Welfare sociale che accoglie” di Confcooperative Insubria, con lo scopo di “promuovere l’educazione all’autonomia e la reale partecipazione delle persone con disabilità alla vita sociale del territorio, attraverso i servizi e gli interventi progettati e realizzati”. A seconda delle strutture indicate, i giovani saranno affiancati al personale di Solidarietà e Servizi nei servizi di accoglienza, di trasporto e di attività laboratoriali ed esterne rivolte alle persone disabili, ma anche – per i servizi residenziali, quindi le case dove le persone disabili abitano – di supporto e aiuto nelle faccende quotidiane come la preparazione dei pasti.

Giorgia Piana, responsabile del progetto per la cooperativa, ci ricorda che gli otto posti disponibili sono suddivisi rispettivamente: uno al Centro Socio Educativo – CSE di Busto Arsizio, all’appartamento Dopo di noi di Fagnano Olona, al Centro Diurno Disabili – CDD “Il Veliero” di Cassano Magnago e al CSE di Samarate, e due posti sia alla Comunità Socio Sanitaria – CSS “Lattuada” di Cassano Magnago, sia alla residenza “Isa Tanzi” sempre a Cassano Magnago.

Il bando si rivolge primariamente a quanti vogliono approfondire la conoscenza dei servizi alla disabilità, agli operatori OSS e agli studenti o neolaureati in Scienza dell’Educazione.

Per presentare la propria candidatura occorre utilizzare la piattaforma ministeriale. È possibile presentare un’unica domanda, relativa a un solo progetto e a una sola sede. Tenuto conto che la valutazione dei candidati verrà eseguita anche sulla base di criteri motivazionali ed attitudini personali, tra i parametri che potranno contribuire ad aumentare il punteggio e, di conseguenza, le probabilità di essere selezionati, verranno considerati il titolo di studio e le precedenti esperienze professionali. Ulteriori informazioni sono disponibili direttamente sul sito di Confcooperative Insubria.

Per informazioni sulle opportunità offerte da Solidarietà e Servizi, contattare Giorgia Piana (tel. 0331. 336350, e-mail: giorgia.piana@solidarietaeservizi.it).

“Non solo numeri”, il progetto di Solidarietà e Servizi per il “reddito di cittadinanza”

Lo studio, pubblicato sulla rivista Lavoro Sociale, ha portato al miglioramento del servizio nell’ottica di potenziare il patto per l’inclusione sociale e la presa in carico

Immagine tratta dal lavoro realizzato dai CDD “Il Naviglio” e “Il Torchietto” nell’ambito del Laboratorio di Pittura

Semplificare, essere compresi, ma soprattutto riconoscere e dare valore alle persone. Perché, anche quando si parla di povertà e inclusione sociale, c’è sempre un aspetto legato alla dignità della persona che, se opportunamente coinvolta, può dare riscontri positivi. Solidarietà e Servizi ha ribaltato l’approccio al Servizio “reddito di cittadinanza”: attraverso il lavoro di ricerca sociale “Non solo numeri”, ha elaborato un intervento e individuato un processo capace di coinvolgere quanti beneficiano del sussidio, creando un rapporto di corresponsabilità e di crescita reciproca. Lo studio è stato sviluppato dalle assistenti sociali di Solidarietà e Servizi Federica Vezzoli e Alice Bassini, all’interno dell’equipe del Servizio “reddito di cittadinanza” del distretto di Gallarate, ed è stato pubblicato sulla rivista Lavoro Sociale, nel supplemento al numero di dicembre 2020 con il contributo anche di Valentina Calcaterra dell’Università Cattolica di Milano – Centro di Ricerca Relational Social Work.

«È stato un lavoro che ha portato risultati importanti, non solamente per le persone coinvolte, ma anche per le stesse operatrici», osserva Laura Puricelli, responsabile dell’Area Servizi Sociali e Presa in Carico di Solidarietà e Servizi. «Abbiamo dimostrato anche la capacità della nostra cooperativa nel fare ricerca sociale; un aspetto non secondario se vogliano migliorare i servizi». E per migliorare il Servizio “reddito di cittadinanza”, le assistenti sociali sono partite proprio dagli stessi beneficiari della misura economica «perché sono loro i fruitori principali e sono loro che osservano e sperimentano cosa funziona e cosa no», spiegano Vezzoli e Bassini. «Abbiamo selezionato cinque persone che potessero essere rappresentative di diverse categorie – disabilità, anziani, mamme single – e con loro abbiamo ragionato su un miglioramento del servizio che passasse da un maggior coinvolgimento proprio dei beneficiari».

Partendo dai materiali messi a disposizione dal Ministero, sono stati vagliati i contenuti e verificati gli effettivi livelli di comprensione. «Abbiamo toccato con mano il fatto che questi materiali spesso non sono adeguati. Quindi, abbiamo fatto una lettera tradotta in diverse lingue e anche nel linguaggio italiano dei segni per le persone sordomute, per rendere il servizio alla portata delle persone che stavamo incontrando; con un passaggio ulteriore, abbiamo poi elaborato “Yes I Can”, uno strumento per la valorizzazione delle risorse e delle competenze che queste persone hanno».

Di fatto si è trattato di un ribaltamento della prospettiva: da un approccio prettamente basato sulla “mancanza” ci si è concentrati sulla “presenza”, sul cosa c’è, su ciò che la persona porta e sa fare; da una visione essenzialmente assistenzialistica, si è entrati in una fase progettuale partecipata e condivisa. «Da un approccio standardizzato, quale è il materiale ministeriale, siamo passati a una fase di relazione in un’ottica di corresponsabilità. Spesso si guarda a quanti percepiscono il reddito di cittadinanza come a chi non vuole fare nulla; con questo nostro studio, ci siamo posti al fianco di queste persone, ragionando insieme attorno a quello che è meglio per loro, quale strada prendere e quali interventi mettere in atto. Il tutto all’interno di una sorta di “patto” dove ciascuno si prende dei precisi impegni». Andando oltre il mandato istituzionale, l’accento è stato posto sulla persona e sui suoi bisogni, in un lavoro dedicato a «coltivare la speranza», come piace ricordare alle due operatrici sociali. «Davanti a un supporto economico di cui hanno diritto, c’è stato lo sforzo di creare una relazione per costruire insieme il futuro».

Il risultato è nelle parole stesse delle persone coinvolte. «Questo è un progetto importante, che abbiamo portato avanti con grande impegno e cooperazione tra le parti. Anche se all’inizio è stato difficile il risultato è stato soddisfacente per tutti», è stato il commento di A. Così invece il signor F.: «Ho partecipato perché la speranza non si sprechi nel nulla e con l’aspettativa che qualcuno possa essere aiutato a non cadere e non precipitare in un pozzo di cui non si vede il fondo e nemmeno la fine».

Del resto, è da queste testimonianze che si può comprendere la concretezza e il valore di quello che Solidarietà e Servizi dice da oltre 40 anni: Mai più soli … insieme ci riusciamo.

Solidarietà e Servizi e Progetto A.: una collaborazione per crescere insieme

Ceduta alla cooperativa del Consorzio KCS l’Area Servizi in appalto per minori. Un passaggio per focalizzare ancor di più le risorse ed energie nei servizi per persone disabili

Un’impresa sociale sempre più dedicata al mondo della disabilità. Grazie alla collaborazione avviata con la cooperativa Progetto A., realtà del Consorzio Stabile KCS, Solidarietà e Servizi ha potuto fare un passo in avanti: dedicarsi a quello che è sempre stato il cuore della cooperativa, potendo progettare, investire e realizzare servizi per prendersi cura ancora maggiormente delle persone con disabilità.

Solidarietà e Servizi ha effettuato una cessione del ramo d’azienda, relativa all’area Servizi in appalto per minori, a Progetto A.; una scelta ponderata che amplifica la collaborazione già esistente tra le due realtà e rafforza l’impegno di ciascuna. Dal 1° gennaio la cooperativa del consorzio KCS ha assunto la gestione dei servizi in appalto – servizi scolastici e centri estivi – e ha attivato un suo presidio nella sede di Busto Arsizio di Solidarietà e Servizi.

«È l’evoluzione di una collaborazione che abbiamo avviato già da tempo e che ci ha visto operare in sinergia con il consorzio KCS nella gestione di alcuni centri diurni e residenziali per disabili e nella fornitura di mascherine la scorsa estate», ricorda il presidente del Consiglio di Gestione di Solidarietà e Servizi, Domenico Pietrantonio. «A seguito di una procedura di vendita, il Consiglio di Gestione ha valutato le offerte pervenute non solo dal punto di vista economico, ma dando priorità agli aspetti qualitativi, e prendendo in considerazione in particolare la disponibilità degli offerenti a collaborare nell’ambito dei servizi per disabili e dell’inserimento lavorativo degli stessi. A seguito della suddetta procedura, la cooperativa selezionata è stata Progetto A., che fa parte del Consorzio Stabile KCS, leader in Italia nel campo dei servizi socio educativi e ricreativi per minori. Progetto A. è una realtà significativa nel panorama della cooperazione sociale specializzata nei servizi per minori, con la quale Solidarietà e Servizi collabora già da tempo. Attraverso i servizi in appalto per minori ci siamo presi cura di migliaia di persone; ora le affidiamo a una cooperativa strutturata, di cui ci fidiamo e con la quale vogliamo proseguire nel percorso di collaborazione e crescita reciproca».

Aggiunge Eros Ferri, presidente di Progetto A.: «Solidarietà e Servizi e le società del Consorzio Stabile KCS hanno al loro attivo numerose collaborazioni, che hanno permesso in questi anni vicendevoli scambi e favorito la conoscenza di reciproche modalità operative e gestionali, oltre che l’instaurarsi di buone relazioni tra i soggetti coinvolti. L’operazione, anche alla luce dei differenti ma convergenti interessi, ha pertanto l’ambizione di non configurarsi quale mera cessione d’azienda ma inserirsi in un progetto di collaborazione organica, nell’ambito sia dei territori interessati alla cessione che all’esterno, al fine di incrementare buone pratiche e nuove relazioni territoriali utili alla crescita di entrambi i soggetti nel settore di intervento e nelle attività considerate centrali per ambedue le organizzazioni».

Per Solidarietà e Servizi si tratta di un ritorno alle origini, a quella passione da cui tutto prese inizio ormai più di 40 anni fa. «Un albero per poter crescere bene e sempre più forte ha bisogno di radici saldamente ancorate nel terreno. Così è per noi: focalizziamo le nostre energie e dedichiamo risorse alla presa in carico delle persone con disabilità, nella gestione dei centri diurni e residenziali, nello sviluppo di progetti per l’autonomia, nell’individuare percorsi di crescita attraverso il lavoro», prosegue Pietrantonio. «In un processo di sempre maggiore specializzazione, vogliamo essere protagonisti di servizi mirati e innovativi per prenderci cura ancora di più e ancora meglio delle persone con disabilità. Il potenziamento delle dotazioni domotiche delle nostre case è un elemento fondamentale di questo percorso, come la crescita delle attività e dei servizi per l’inserimento lavorativo. Solidarietà e Servizi in tal senso vuole scommettere sulla capacità di progettazione e di gestione, in partnership con gli enti, per rispondere ai bisogni delle persone fragili, nell’ottica che venga data piena e adeguata applicazione all’articolo 55 del Codice del Terzo Settore che parla di co-programmazione e di co-progettazione della pubblica amministrazione con gli enti del terzo settore». La prospettiva è di crescita, «non tanto e non solo in termini dimensionali, ma sotto il profilo qualitativo, perché vogliamo essere a tutti gli effetti un’impresa sociale, che si prende cura con umanità e professionalità delle persone disabili».

I Servizi in appalto per minori che sono passati a Progetto A sono attivi in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte e coinvolgono circa 700 operatori, i quali verranno trasferiti a Progetto A. senza alcuna soluzione di continuità, conservando l’anzianità, tutti i diritti e il trattamento economico e normativo previsto dai rispettivi contratti individuali e dal CCNL Cooperative Sociali, che pertanto continueranno a trovare immutata applicazione. «Un passaggio in continuità: Solidarietà e Servizi continua a esserci con la propria rete territoriale a garanzia dei Comuni e degli enti appaltanti che ci hanno conosciuto e hanno conosciuto il nostro modo di operare», precisa Stefano Zuccato, vicepresidente di Solidarietà e Servizi e responsabile dell’Area ceduta. «È un passaggio che riconosce la qualità del lavoro fatto in tutti questi anni e che trova in Progetto A. una realtà altrettanto capace, attenta e specializzata sui servizi ai minori». Perché, anche in questo momento di cambiamento, non è mai venuto meno lo spirito di Solidarietà e Servizi: Mai più soli … insieme ci riusciamo.

Santo Natale 2020, gli auguri di Solidarietà e Servizi

I mille modi di dire … Buon Natale!

Voci dai Centri Diurni Disabili e dall’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie: «Che tutto diventi meglio, straordinario»

Felicità ma non solo. Tanta salute, dolci per tutti, famiglia e soprattutto la volontà di superare un anno particolarmente complesso. Sono questi gli auguri che arrivano dalle persone disabili che frequentano  i CDD – Centri Diurni per Disabili – e l’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. Sono auguri sinceri, detti con semplicità, ma soprattutto con la consapevolezza che le prossime festività non saranno come quelle degli anni passati: dovranno essere migliori.

Fervono i lavori natalizi al CDD Manzoni di Busto Arsizio, che accoglie bambini e ragazzi disabili e  dove tutti sono all’opera per dare vita a una raccolta di foto del Centro, quelle vecchie e quelle nuove, con l’intento di dare «un po’ di spensieratezza», come ricorda la coordinatrice Cristina Ridolfi. E sarà un bel regalo per le famiglie «in attesa di poter tornare a giocare con i miei amici, muoversi e correre senza limiti», si augura Nicole. In questo Natale però qualcosa manca. È «l’abbraccio» che Giorgia vorrebbe estendere a tutti. «L’abbraccio è dire: ti voglio bene». E se anche non riesce a parlare, bastano gli occhi e il sorrisone di Simone per comunicare e trasmettere la sua gioia per il Natale.

C’è “fame” di speranza, di serenità, di gioia. «Dopo questo anno molto brutto, tanti auguri di buon Natale e buon anno nuovo», è l’augurio di Estela dal CDD di Cermenate, raccolto dal coordinatore Silvio Pagliaro. Simonetta pensa alla salute: «Auguro a tutti di stare bene». Mentre c’è chi già pensa alle attività, come Roberto che dice «Auguri! Ci vediamo nel laboratorio di falegnameria», ma anche chi pensa a chi gli è più vicino come «la mamma, gli educatori e i compagni». E chi invece vorrebbe tutti vicino a sé, come Stefano: «Tanti auguri ai miei compagni: tornate tutti al Centro! Agli educatori, dite “Forza Inter”, vi farà bene».

In tema di “star bene”, c’è chi ha messo la scomparsa del virus. «Non è Natale con questo virus così pericoloso», scrive Mirko dal CDD Le Betulle di Pavia che è stanco di vedere persone con la mascherina e costrette a lavarsi continuamente le mani. E si augura la fine di tutto: «Evviva, il virus è morto e non torna più». Al Torchietto, CDD sempre di Pavia, la coordinatrice Simona De Alberti ha raccolto i pensieri e le attese degli ospiti. Insieme hanno realizzato un cartellone sul significato del Natale. Dal «condividere i momenti felici e stare in famiglia», come dice Eleonora, al «trascorrere una giornata serena con le persone a cui voglio bene», aggiunge Daniela. L’affetto di genitori, fratelli e parenti è la nota più attesa: Patrizia ricorda l’importanza di «stare a casa», per Tiziana, Emilia e Fabio il «Natale è famiglia», mentre Sandra pensa più in grande perché per lei Natale è «stare con la mia famiglia allargata». La «giornata meravigliosa» di Riccardo, diventa la gioia «dei regali e dei dolci» per Gabriella e per Monique. Ma anche la gioia del fare i regali, perché per Diana «il Natale è dono».

Non certo ultimi, gli auguri che arrivano dall’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie. Giulia e Tony scrivono: «In questo anno particolare servono parole altrettanto significative, sarebbe quasi banale scrivere “Buon Natale “, quello su cui invece vogliamo puntare è la felicità; non vi auguriamo un buon Natale e non vi auguriamo neanche che tutto torni come prima, ciò che vogliamo augurarvi è che tutto diventi meglio, straordinario e che ogni piccolo particolare possa prendere significato nella quotidianità, vi auguriamo il meglio per ogni giorno che verrà! Vi auguriamo che non vi manchi mai il sorriso e la forza di andare avanti nel migliore dei modi come solo noi sappiamo fare. Forza!».

Buon Natale e buon anno da tutta Solidarietà e Servizi.

Speciale Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: Impariamo dai più fragili: i limiti sono un’opportunità e non diamo nulla per scontato

Il valore della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità attraverso la testimonianza dell’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi

Per una volta, almeno, cambiamo prospettiva. Come si faceva da bambini, scambiandosi le sedie per vedere che effetto faceva osservare una cosa guardandola da un’altra parte; ma anche come ci hanno suggerito diversi film, costruendo trame sul cambio di persona. È questo che ci suggerisce la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità di quest’anno. «L’emergenza sanitaria ci ha costretto a fare i conti con uno scenario nuovo, caratterizzato da imposizioni, costrizioni, distanze e, talvolta, paure. Uno scenario dal quale emergono due elementi nuovi (anche se vecchi): i limiti e la normalità», osserva Filippo Oldrini, Responsabile Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Abituati a vedere i primi come fastidio e la seconda come noia, ci siamo poi  ritrovati a rivalutarli, talvolta, forse, inconsapevolmente o solamente perché ci abbiamo “sbattuto” la faccia contro. I limiti sono quelle imposizioni che abbiamo sempre creduto di non dover nemmeno considerare. Sono anche quei confini virtuali che i vari DPCM hanno tracciato, costringendoci in casa, non permettendoci di andare in ufficio o al bar, dall’amico o dalla fidanzata.  Non avevamo limiti, eppure ce li siamo trovati. Una persona con disabilità i limiti invece li ha. E li ha anche ben evidenti. Ci fa i conti ogni giorno. Ma nei limiti, nell’accettarli e insieme nello sfidarli trova il punto di partenza per andare oltre e iniziare a costruire se stessa».

Dall’altra parte c’è la normalità, ma che forse, sarebbe più corretto definire “ciò che diamo per scontato”. «Nell’emergenza sanitaria quello che fino al giorno prima davamo per scontato ci è stato tolto», ricorda Oldrini. «La stretta di mano, l’abbraccio, il vedersi. Che poi trovava anche riscontro nell’andare a trovare una persona cara o nell’andare al lavoro. Il “non scontato” è diventata esperienza comune. Ma questa scontatezza non appartiene alle persone con disabilità che lavorano con noi. Perché ciò che per noi è scontato, per una persona più fragile non lo è: se lo è conquistato passo dopo passo, fatica dopo fatica e ne conosce più di noi il valore». Come l’andare al lavoro che oggi non è un elemento che diamo per scontato, ma fino a qualche mese fa probabilmente sì.

«Tra le persone che vengono a lavorare nei vari reparti (Meccanica, Rigenesi, Documentale, Assemblaggio o BPO – Business Process Outsourcing) c’è chi ha fatto i salti gioia quando abbiamo riaperto dopo il lockdown, chi ha chiamato ogni giorno per sapere la data di ripresa dell’attività, ma anche chi, rientrando, ha quasi “abbracciato” la sua scrivania o il suo posto di lavoro (non potendo abbracciare i propri colleghi per le rigide misure di sicurezza che ci siamo dati…). Di fatto per tutti è stato immediato capire che solo insieme potevamo farcela a “difendere” quel luogo così importante per noi, anche sacrificando qualcosa di nostro o accettando dei cambiamenti: come Michele ed Egidio, poi seguiti da tanti altri, che hanno accettato di ridurre al minimo la pausa pranzo e di modificare l’orario per poter prendere i mezzi pubblici in momenti meno affollati e quindi più sicuri. Oppure Giovanna e Roberta che (letteralmente) in 5 minuti hanno accettato di prendersi delle responsabilità e dei compiti aggiuntivi nel reparto Documentale per coprire l’assenza di un responsabile improvvisamente bloccato a casa in isolamento fiduciario. E il “grazie” reciproco, che ci siamo rivolti per questa unità fra di noi, non ha prezzo».

Di fatto, come sottolinea Oldrini, «per una persona il lavoro è realizzazione di rapporti, capacità di fare qualcosa, occasione di valorizzazione, possibilità di contribuire al mantenimento della famiglia e, ovviamente, anche fatica. Spesso però noi ci ricordiamo solamente quest’ultima».

«Una volta di più abbiamo capito quanto sia sbagliata la distinzione tra persone “disabili” e “normali”». La parola handicap ha origine nell’ippica e consisteva nell’attribuzione di vantaggi differenziati secondo una valutazione di qualità a favore dei singoli competitori. Sono i famosi 10 metri di vantaggio (o svantaggio). «Chi, oggi più che mai, può dire di non avere qualche “peso” o qualche limite con cui fare in conti?», si chiede il responsabile dell’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Guardare al limite non come ostacolo ma come punto di rilancio e vivere senza dare mai nulla per scontato, sono questi gli insegnamenti che le persone con disabilità possono darci. Sono questi i motivi per cui vale la pena il 3 dicembre celebrare la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità e impegnarsi al loro fianco ogni giorno per poter crescere insieme». Nessuno deve rimanere solo, perché – operando insieme – ci riusciamo.

Speciale Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: Creatività e collaborazione per “non lasciare indietro nessuno”

Per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, i veri «Progetti di vita» di Solidarietà e Servizi

Mai come quest’anno è d’attualità il tema della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, che si celebra nel mondo tutti gli anni il 3 dicembre fin dal 1981. Quell’imperativo “non lasciare indietro nessuno”, mutuato dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ribadisce la necessità di porsi ogni giorno al fianco delle persone con maggiori fragilità, sostenuti da una spinta ideale e in un’ottica progettuale. Immediato il richiamo al claim di Solidarietà e Servizi “Mai più soli … Insieme ci riusciamo”, che sintetizza la mission della cooperativa. 

«È un tema che, in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, pone una contraddizione in termini. Da una parte, ci sono il desiderio e la necessità di non lasciare sola nessuna delle persone che abbiamo in carico e delle quali ci prendiamo cura: vicinanza relazionale, prosieguo dei percorsi riabilitativi e di assistenza, mantenimento dei legami sociali; dall’altra, c’è una realtà che prescrive la distanza e usa termini quali isolamento e quarantena», osserva Giacomo Borghi, responsabile dell’Area Servizi Diurni, Residenziali e Autismo di Solidarietà e Servizi.

«Ciascuno dei nostri operatori ha vissuto e vive in prima persona questa profonda dicotomia, tra il “voler restare con” e tutto ciò che invece la pandemia ci costringe a mettere in atto. Ma in tempo di Covid, la nostra scelta è stata chiara. Per Solidarietà e Servizi il “non lasciare indietro nessuno” significa ripensare le proprie attività, riprogettare gli obiettivi, darsi nuove priorità con creatività e collaborazione. Innanzitutto la creatività: è quella che hanno espresso e continuano a esprimere quotidianamente i nostri operatori che hanno saputo mettersi in gioco in prima persona, reinventando modalità, tempi e spazi con una prospettiva capace di definire sempre degli obiettivi».

Non certo seconda, la collaborazione: è il tema della progettualità che non può essere fatta da una sola persona. «Educatori, coordinatori, infermieri e medici, ma anche referenti dei Comuni, familiari, amministratori di sostegno e medici di base: tutti concorrono a definire il Progetto di vita della persona che abbiamo in carico. Un progetto per ciascuna delle 67 persone che vivono nelle nostre case, comunità e appartamenti, e delle oltre 400 che quotidianamente frequentano i Centri diurni; un Progetto di vita che ci permette di non lasciare indietro nessuno». In questo quadro di co-progettazione la persona con disabilità «non è una figura passiva, ma soggetto attivo: è il vero protagonista del proprio progetto. Un approccio sfidante che, soprattutto in questo periodo di emergenza, ha visto l’intervento degli operatori che, con intelligenza, professionalità e umanità, hanno cercato di condividere la fatica che qualcuno più di altri sta facendo», aggiunge Borghi. In quest’ottica, d’esempio è la decisione, presa insieme ai Comuni, di mantenere attivi i servizi diurni in agosto: è stata una risposta di collaborazione e co-progettazione a reali bisogni acuiti dal lockdown.

Per Solidarietà e Servizi Progetto di vita personalizzato significa anche creare tutte le condizioni affinché una persona possa accedere ai servizi residenziali. «La necessità di avere un’occupazione diurna viene supportata dalla ricerca di un lavoro, insieme con l’Area Inserimento Lavorativo e i Servizi sociali», aggiunge. Ma anche «trovare all’interno di una delle nostre case le soluzioni più appropriate per sviluppare l’autonomia. Perché le nostre strutture residenziali non sono spazi dove si eroga un servizio, ma luoghi – case, appunto – dove si vive la vita».

Progetto di vita è anche il percorso di un ultra cinquantacinquenne che, rimasto gravemente invalido dopo un incidente, ha potuto fare attraverso l’offerta di una sistemazione abitativa adeguata alle proprie necessità e all’aver scommesso sulla centralità dell’attività occupazionale per mantenere motivazioni, autostima anche nel rapporto con la famiglia. «Un approccio assistenziale non avrebbe permesso di raggiungere questi risultati», osserva Borghi. «Insieme con l’Area Inserimento Lavorativo siamo andati a valorizzare le sue capacità».

Le ferite silenziose del Covid: la relazione per superare il trauma collettivo

Solidarietà e Servizi ha organizzato un convegno di formazione per capire come affrontare l’emergenza psicologica e continuare a prendersi cura delle persone

L’altra faccia dell’emergenza sanitaria. Quella fatta di traumi personali e collettivi, di ansie e paure e che impediscono di tornare a vivere e riprendere in mano le relazioni. Questo lo scopo del convegno organizzato da Solidarietà e Servizi venerdì 23 ottobre in collaborazione con centro di psicoterapia Essere Esseri Umani. Un appuntamento che, previsto inizialmente al Museo del Tessile di Busto Arsizio, si è svolto in modalità interamente online nel rispetto delle normative per il contenimento dei contagi. Con l’incontro “Covid  – il trauma negato”, la cooperativa ha voluto offrire anche un momento di formazione ai propri operatori con lo scopo di leggere al meglio il presente per rispondere al meglio ai bisogni, vecchi e nuovi, che stanno emergendo.

«È un tema particolarmente importante che affronta la situazione attuale: si pensa solo alla paura, alla salvezza fisica e si tende a non considerare le conseguenze psicologiche», ha introdotto l’assessore ai Servizi sociali del comune di Busto Arsizio, Osvaldo Attolini. «La necessità oggi è quella di tornare a vivere, seppur con tutte le precauzioni necessarie». Non chiudersi, non isolarsi, ma continuare a operare. 

Il contesto però è del tutto nuovo. «Viviamo un’emergenza che ha delle precise caratteristiche», ha proseguito Marta Zighetti, psicoterapeuta sistemico-relazionale, terapeuta supervisore EMDR e relatrice del convegno. «Vi è innanzitutto una mancanza di luoghi sicuri; anche i luoghi istituzionali non sono al sicuro. Vi è stato uno stravolgimento della routine quotidiana, con l’emergere di paure verso l’altro quale elemento di possibile contagio». Non ultimo, «è un trauma collettivo, globale che non è possibile categorizzare. Il Covid ha rimesso in discussione tutte le nostre decisioni abituali: ogni volta ci viene richiesto di decidere se possiamo o non possiamo fare quella determinata cosa, anche molto banale».

È una “pandemic fatigue”, come l’ha definita Zighetti, una «stanchezza pandemica che porta alla perdita di speranza, ad un senso di impotenza, a tristezza, frustrazione, mancanza di motivazione, ruminazione mentale, ritiro e isolamento, anche un po’ di cinismo con un atteggiamento più fatalista». Una stanchezza dettata anche dalla durata dell’emergenza, che inevitabilmente è fonte di stress.

La risposta è nella relazione. Nel riprendere in mano l’essenza dell’essere umano, per tornare a prendersi cura degli altri. Come? Utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: dalla postura, allo sguardo che emerge da sopra la mascherina, dal tono di voce all’inclinazione del capo. Sono tutti segnali di relazione che in un momento complesso devono essere valorizzati affinché nessuno possa sentirsi solo

Moderno e funzionale, ecco il nuovo sito internet di Solidarietà e Servizi

Una grafica più coinvolgente e contenuti più diretti per riaffermare l’impegno nel sostegno alle persone disabili

Più funzionale, più leggibile e più moderno. Solidarietà e Servizi ha rinnovato il proprio “biglietto da visita digitale” mettendo online nelle scorse settimane il nuovo sito internet. Al centro del lavoro di ammodernamento, particolare attenzione è stata riservata alla grafica che, grazie anche alla nuova piattaforma utilizzata, risulta più dinamica e in linea con quelle che sono le tendenze in atto. A dominare la home page sono le tre foto che indicano le principali aree di intervento della cooperativa: Servizi per disabilità e autismo, Accoglienza e presa in carico e Inserimento lavorativo e aziende. Sono le tre anime che caratterizzano l’azione che Solidarietà e Servizi porta avanti da oltre 40 anni e che vengono proposte anche nel video di presentazione che compare poco sotto. Sempre sulla home, grande rilevanza è stata data alla sezione delle news che rappresentano la testimonianza di una realtà che non ha mai smesso di essere fedele al suo claim: “Mai più soli … insieme ci riusciamo”.

Ed è proprio la condivisione del bisogno delle persone fragili, il  sostenerle nel loro percorso di autonomia, crescita e valorizzazione dei loro talenti, che emerge dall’intero sito.  

Molte le novità introdotte: rispetto alla versione precedente, i contenuti sono stati semplificati per rendere la navigazione ancora più agevole e avere un messaggio più diretto. Pur mantenendo le parti istituzionali, maggiore evidenza è stata dedicata al tema della qualità: un fil rouge che partendo dai valori fondanti della cooperativa, arriva a stabilire la mission e gli obiettivi da raggiungere, sempre nel rispetto di una visione condivisa e partecipata.

Ai soci volontari è dedicata un’intera pagina. Perché sono loro che, mettendo a disposizione tempo, capacità e professionalità a supporto delle attività e nei servizi della cooperativa, danno un contributo fondamentale.  Non tanto e non solo in termini di risorse “aggiuntive”, ma quanto come testimoni di una gratuità e di una tensione ideale nella condivisione dei bisogni.

Ampio il capitolo dedicato al 5×1000 e al sostegno che ciascuno può dare a Solidarietà e Servizi. Un appello a partecipare fattivamente a quell’insieme che permette di dire: “ci riusciamo”. Non ultima, la voce dedicata alla nuova “Solidarietà e Servizi Fondazione”, realtà che ha raccolto l’importante eredità della Fondazione San Giacomo – nata nel 2000 a Busto Arsizio – e, che ha fatto propri i bisogni cui si rivolge l’omonima cooperativa sociale.

Buona navigazione.

In ricordo di Fabio Marchetti perché «vivere è restituire il bene ricevuto»

Sabato 24 ottobre a Trivolzio (PV) la santa messa per ricordare l’educatore appassionato di Solidarietà e Servizi

«Vivere è restituire il bene ricevuto». Queste le parole che era solito ripetere e che continuano a risuonare nelle persone che ha incontrato. A sei mesi dalla scomparsa di Fabio Marchetti, Solidarietà e Servizi ha condiviso con la moglie Lilia il desiderio di ricordare l’educatore professionale che ha lasciato ricordi indelebili nel Centro Diurno Disabili “Il Torchietto” di Pavia e in tutta la cooperativa. «Fabio avrebbe compiuto 69 anni il 27 ottobre e la celebrazione della santa messa con familiari, amici e colleghi sarà proprio una bella occasione per incontrarsi e festeggiarlo», dice Simona De Alberti, coordinatrice del cdd “Il Torchietto”. La santa messa che sarà officiata alle 10 di sabato 24 ottobre nella parrocchia dei Santi Cornelio e Cipriano Martiri di Trivolzio (PV). A presiederla monsignor Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia e monsignor Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia.

L’emergenza sanitaria ancora in atto non ha fermato la volontà di ricordare una persona appassionata del bello. Un educatore a “tutto tondo” innamorato dell’arte e che attraverso l’arte è riuscito a trasmettere sensibilità e passione, entusiasmo e gioia nel suo essere costantemente testimone del bene. Un bene fatto in modo spontaneo, senza tornaconti, ma con un solo interesse: far crescere la persona che aveva davanti. Così anche le difficoltà, da quelle più lievi a quelle più complesse, diventavano stimoli e occasioni per trasformare anche il più piccolo gesto in un gesto d’arte, espressione del bello.

I colleghi e gli amici della Solidarietà e Servizi ricordano nella preghiera Fabio, certi che la sua testimonianza e la sua professionalità, particolarmente evidente nell’ambito dei laboratori di musica e pittura,  non andranno persi: rappresentano un’eredità da far fruttare.