Speciale Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: Impariamo dai più fragili: i limiti sono un’opportunità e non diamo nulla per scontato

Il valore della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità attraverso la testimonianza dell’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi

Per una volta, almeno, cambiamo prospettiva. Come si faceva da bambini, scambiandosi le sedie per vedere che effetto faceva osservare una cosa guardandola da un’altra parte; ma anche come ci hanno suggerito diversi film, costruendo trame sul cambio di persona. È questo che ci suggerisce la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità di quest’anno. «L’emergenza sanitaria ci ha costretto a fare i conti con uno scenario nuovo, caratterizzato da imposizioni, costrizioni, distanze e, talvolta, paure. Uno scenario dal quale emergono due elementi nuovi (anche se vecchi): i limiti e la normalità», osserva Filippo Oldrini, Responsabile Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Abituati a vedere i primi come fastidio e la seconda come noia, ci siamo poi  ritrovati a rivalutarli, talvolta, forse, inconsapevolmente o solamente perché ci abbiamo “sbattuto” la faccia contro. I limiti sono quelle imposizioni che abbiamo sempre creduto di non dover nemmeno considerare. Sono anche quei confini virtuali che i vari DPCM hanno tracciato, costringendoci in casa, non permettendoci di andare in ufficio o al bar, dall’amico o dalla fidanzata.  Non avevamo limiti, eppure ce li siamo trovati. Una persona con disabilità i limiti invece li ha. E li ha anche ben evidenti. Ci fa i conti ogni giorno. Ma nei limiti, nell’accettarli e insieme nello sfidarli trova il punto di partenza per andare oltre e iniziare a costruire se stessa».

Dall’altra parte c’è la normalità, ma che forse, sarebbe più corretto definire “ciò che diamo per scontato”. «Nell’emergenza sanitaria quello che fino al giorno prima davamo per scontato ci è stato tolto», ricorda Oldrini. «La stretta di mano, l’abbraccio, il vedersi. Che poi trovava anche riscontro nell’andare a trovare una persona cara o nell’andare al lavoro. Il “non scontato” è diventata esperienza comune. Ma questa scontatezza non appartiene alle persone con disabilità che lavorano con noi. Perché ciò che per noi è scontato, per una persona più fragile non lo è: se lo è conquistato passo dopo passo, fatica dopo fatica e ne conosce più di noi il valore». Come l’andare al lavoro che oggi non è un elemento che diamo per scontato, ma fino a qualche mese fa probabilmente sì.

«Tra le persone che vengono a lavorare nei vari reparti (Meccanica, Rigenesi, Documentale, Assemblaggio o BPO – Business Process Outsourcing) c’è chi ha fatto i salti gioia quando abbiamo riaperto dopo il lockdown, chi ha chiamato ogni giorno per sapere la data di ripresa dell’attività, ma anche chi, rientrando, ha quasi “abbracciato” la sua scrivania o il suo posto di lavoro (non potendo abbracciare i propri colleghi per le rigide misure di sicurezza che ci siamo dati…). Di fatto per tutti è stato immediato capire che solo insieme potevamo farcela a “difendere” quel luogo così importante per noi, anche sacrificando qualcosa di nostro o accettando dei cambiamenti: come Michele ed Egidio, poi seguiti da tanti altri, che hanno accettato di ridurre al minimo la pausa pranzo e di modificare l’orario per poter prendere i mezzi pubblici in momenti meno affollati e quindi più sicuri. Oppure Giovanna e Roberta che (letteralmente) in 5 minuti hanno accettato di prendersi delle responsabilità e dei compiti aggiuntivi nel reparto Documentale per coprire l’assenza di un responsabile improvvisamente bloccato a casa in isolamento fiduciario. E il “grazie” reciproco, che ci siamo rivolti per questa unità fra di noi, non ha prezzo».

Di fatto, come sottolinea Oldrini, «per una persona il lavoro è realizzazione di rapporti, capacità di fare qualcosa, occasione di valorizzazione, possibilità di contribuire al mantenimento della famiglia e, ovviamente, anche fatica. Spesso però noi ci ricordiamo solamente quest’ultima».

«Una volta di più abbiamo capito quanto sia sbagliata la distinzione tra persone “disabili” e “normali”». La parola handicap ha origine nell’ippica e consisteva nell’attribuzione di vantaggi differenziati secondo una valutazione di qualità a favore dei singoli competitori. Sono i famosi 10 metri di vantaggio (o svantaggio). «Chi, oggi più che mai, può dire di non avere qualche “peso” o qualche limite con cui fare in conti?», si chiede il responsabile dell’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Guardare al limite non come ostacolo ma come punto di rilancio e vivere senza dare mai nulla per scontato, sono questi gli insegnamenti che le persone con disabilità possono darci. Sono questi i motivi per cui vale la pena il 3 dicembre celebrare la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità e impegnarsi al loro fianco ogni giorno per poter crescere insieme». Nessuno deve rimanere solo, perché – operando insieme – ci riusciamo.

Speciale Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: Creatività e collaborazione per “non lasciare indietro nessuno”

Per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, i veri «Progetti di vita» di Solidarietà e Servizi

Mai come quest’anno è d’attualità il tema della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, che si celebra nel mondo tutti gli anni il 3 dicembre fin dal 1981. Quell’imperativo “non lasciare indietro nessuno”, mutuato dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, ribadisce la necessità di porsi ogni giorno al fianco delle persone con maggiori fragilità, sostenuti da una spinta ideale e in un’ottica progettuale. Immediato il richiamo al claim di Solidarietà e Servizi “Mai più soli … Insieme ci riusciamo”, che sintetizza la mission della cooperativa. 

«È un tema che, in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, pone una contraddizione in termini. Da una parte, ci sono il desiderio e la necessità di non lasciare sola nessuna delle persone che abbiamo in carico e delle quali ci prendiamo cura: vicinanza relazionale, prosieguo dei percorsi riabilitativi e di assistenza, mantenimento dei legami sociali; dall’altra, c’è una realtà che prescrive la distanza e usa termini quali isolamento e quarantena», osserva Giacomo Borghi, responsabile dell’Area Servizi Diurni, Residenziali e Autismo di Solidarietà e Servizi.

«Ciascuno dei nostri operatori ha vissuto e vive in prima persona questa profonda dicotomia, tra il “voler restare con” e tutto ciò che invece la pandemia ci costringe a mettere in atto. Ma in tempo di Covid, la nostra scelta è stata chiara. Per Solidarietà e Servizi il “non lasciare indietro nessuno” significa ripensare le proprie attività, riprogettare gli obiettivi, darsi nuove priorità con creatività e collaborazione. Innanzitutto la creatività: è quella che hanno espresso e continuano a esprimere quotidianamente i nostri operatori che hanno saputo mettersi in gioco in prima persona, reinventando modalità, tempi e spazi con una prospettiva capace di definire sempre degli obiettivi».

Non certo seconda, la collaborazione: è il tema della progettualità che non può essere fatta da una sola persona. «Educatori, coordinatori, infermieri e medici, ma anche referenti dei Comuni, familiari, amministratori di sostegno e medici di base: tutti concorrono a definire il Progetto di vita della persona che abbiamo in carico. Un progetto per ciascuna delle 67 persone che vivono nelle nostre case, comunità e appartamenti, e delle oltre 400 che quotidianamente frequentano i Centri diurni; un Progetto di vita che ci permette di non lasciare indietro nessuno». In questo quadro di co-progettazione la persona con disabilità «non è una figura passiva, ma soggetto attivo: è il vero protagonista del proprio progetto. Un approccio sfidante che, soprattutto in questo periodo di emergenza, ha visto l’intervento degli operatori che, con intelligenza, professionalità e umanità, hanno cercato di condividere la fatica che qualcuno più di altri sta facendo», aggiunge Borghi. In quest’ottica, d’esempio è la decisione, presa insieme ai Comuni, di mantenere attivi i servizi diurni in agosto: è stata una risposta di collaborazione e co-progettazione a reali bisogni acuiti dal lockdown.

Per Solidarietà e Servizi Progetto di vita personalizzato significa anche creare tutte le condizioni affinché una persona possa accedere ai servizi residenziali. «La necessità di avere un’occupazione diurna viene supportata dalla ricerca di un lavoro, insieme con l’Area Inserimento Lavorativo e i Servizi sociali», aggiunge. Ma anche «trovare all’interno di una delle nostre case le soluzioni più appropriate per sviluppare l’autonomia. Perché le nostre strutture residenziali non sono spazi dove si eroga un servizio, ma luoghi – case, appunto – dove si vive la vita».

Progetto di vita è anche il percorso di un ultra cinquantacinquenne che, rimasto gravemente invalido dopo un incidente, ha potuto fare attraverso l’offerta di una sistemazione abitativa adeguata alle proprie necessità e all’aver scommesso sulla centralità dell’attività occupazionale per mantenere motivazioni, autostima anche nel rapporto con la famiglia. «Un approccio assistenziale non avrebbe permesso di raggiungere questi risultati», osserva Borghi. «Insieme con l’Area Inserimento Lavorativo siamo andati a valorizzare le sue capacità».