Una formazione “fondativa”
A Pavia i coordinatori, gli educatori e il personale ausiliario dei centri diurni disabili gestiti da Solidarietà e Servizi hanno incontrato il Vescovo Mons. Corrado Sanguineti e don Vincent Nagle, cappellano della Fondazione Maddalena Grassi. Insieme hanno fatto un lavoro per approfondire il senso della mission della cooperativa “Mai più soli … Insieme ci riusciamo”
A Solidarietà e Servizi ci si forma per arrivare a prendersi cura con sempre più professionalità e competenza delle persone. È una formazione che arricchisce le conoscenze dell’operatore, permette di acquisire nuove competenze per il lavoro con le persone con disabilità e per affrontare le nuove sfide che emergono quotidianamente.
Una formazione “fondativa”
Ma c’è un altro livello che alla cooperativa sta a cuore indagare e approfondire ed è quello che mette al centro il senso del prendersi cura. La chiamano “formazione fondativa” perché ha a che fare con l’umano di ciascuno, con il significato profondo delle cose, del lavoro, del dolore, della relazione con l’altro. È una proposta che viene fatta ogni anno a tutti gli operatori. Per questo 2024 l’opportunità è arrivata dai centri diurni di Pavia.
La visita del vescovo di Pavia
«Tutto è nato dalla visita pastorale del vescovo di Pavia Mons. Corrado Sanguineti ai nostri centri – racconta Domenico Pietrantonio, presidente del Consiglio di Gestione della cooperativa – una presenza sempre vicina alla nostra realtà. Dopo quest’incontro abbiamo chiesto al vescovo di aiutarci ad approfondire quel “Mai più Soli”, che ci accompagna nel prenderci cura della persona disabile e dice dell’importanza della relazione con l’operatore.»
«Nelle nostre équipe ci siamo preparati – sottolinea Simona De Alberti, coordinatrice del CDD Le Betulle – riflettendo sul nostro ruolo di operatori, su come stiamo al fianco di persone con grave disabilità…quali le soddisfazioni e quali le difficoltà che ciascuno di noi incontra nella relazione di aiuto. Sono emerse questioni esistenziali che abbiamo condiviso con Sua Eccellenza. Primo fra tutti il tema del limite.»
Il tema del limite
«Innanzitutto, non spaventiamoci del nostro limite – ha detto Mons. Sanguineti – perché è il segno della nostra umanità ed è da guardare non come un problema o un ostacolo da rimuovere, ma come la prima risorsa che mi mette in rapporto con l’altro e con la realtà. Sentirci inadeguati e a volte impotenti è proprio il segno che stiamo da uomini e da donne davanti ai nostri amici disabili. E anche in noi si aprono delle domande immense, a cui a volte non troviamo subito una risposta.»
L’incontro con Don Vincent Nagle
Al termine di questo primo appuntamento, tenutosi nel mese di maggio, il vescovo ha espresso il desiderio di rendere ancora più concreta la riflessione, invitando per una testimonianza l’amico don Vincent Nagle, cappellano della Fondazione Maddalena Grassi, dove, quotidianamente, si occupa di accompagnare i malati cronici e i malati terminali.
«Don Vincent – continua Simona – ci ha aiutato ad andare ancora più in profondità, rispondendo alla nostra domanda: quando e come il limite diventa fecondo, quando il nostro limite è una risorsa anziché un ostacolo, per l’operatore e per la famiglia, per la persona di cui ci prendiamo cura?»
Accettare il proprio limite per accompagnare davvero
«Penso che quello che mi ha colpito di più ascoltando don Vincent – commenta Rita, un’educatrice del CDD Le Betulle – sia stata proprio la sua gioia, il suo modo di fare, la sua serenità nel parlare del limite, di accompagnamento alla morte, non come argomenti angoscianti, ma come la normalità della sua quotidianità. Mi è sembrato lui stesso un esempio concreto di chi ha visto tanta sofferenza, tanti limiti, ma li ha accettati e accolti senza censura trasformando questa consapevolezza in un modo per aiutare e prendersi cura.» Prosegue Eleonora, un’educatrice del CDD Naviglio: «Mi ha colpito pensare che riuscire a restare in relazione con l’altro vuol dire lavorare su se stessi. A volte sperimentare dentro di sé la sofferenza degli altri significa restituirla trasformata.» O ancora Romina, un’educatrice del CDD Torchietto: «Don Vincent mi ha fatto riflettere sull’importanza dell’accompagnare le persone bisognose, che è diverso dallo stare accanto, è un qualcosa di più, è un modo più profondo di prendersi cura dell’altro.»
«Puoi fare compagnia davvero – ha ricordato don Vincent – quando non censuri niente della tua umanità, quando riesci a riconoscere ed accettare il tuo limite e stare davanti all’altro con tutto te stesso, mettendoti al suo livello, senza frapporre una distanza.»