Welfare Inclusivo: la collaborazione diventa elemento competitivo per le aziende

Mercoledì 24 febbraio la presentazione dei risultati del progetto realizzato da Solidarietà e Servizi con la psicoterapeuta Zighetti, il comune di Busto Arsizio, l’azienda consortile del Medio Olona e tre aziende del territorio

Pubblico, aziende private e terzo settore. Tre ambiti, cinque soggetti coinvolti e raccolti in un progetto comune con un obiettivo: dimostrare che la collaborazione aumenta la competitività. Perché la capacità di essere inclusivi è un valore aggiunto. Queste le conclusioni cui è arrivato il progetto Welfare Inclusivo realizzato da Solidarietà e Servizi, dalla psicoterapeuta Marta Zighetti dell’associazione Essere Esseri Umani, dal comune di Busto Arsizio, dall’azienda consortile del Medio Olona e dalle aziende Comerio Ercole Spa di Busto Arsizio, I.V.N.G. Spa di Gallarate e De Götzen di Olgiate Olona, con il sostegno della Fondazione Comunitaria del Varesotto. I risultati del progetto saranno presentati mercoledì 24 febbraio all’interno di Filosofarti, il festival della filosofia promosso dall’Associazione culturale del Teatro delle Arti di Gallarate (alle 17.45 su www.filosofarti.it).

Soggetti differenti che hanno condiviso una visione, ma soprattutto l’hanno concretizzata: trasformare le occasioni di inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati in un’opportunità di crescita per le imprese. «Un’azienda più umana paga sotto tutti i punti di vista», commenta Alessandro Capisani della Comerio Ercole. Questo significa che un’azienda più attenta alle persone, che non crea barriere, ma è capace di essere inclusiva anche verso quanti hanno qualche difficoltà in più garantisce maggiori (e migliori) successi.

Il progetto è partito da un enunciato teorico: «L’etica e la cooperazione migliorano le nostre performance a tutti i livelli. È una logica win-win», spiega Marta Zighetti, psicoterapeuta che ha curato la parte formativa del progetto. «Era una teoria fino a poco tempo fa; oggi le neuroscienze ci dicono che è una realtà. Chi è capace di compassione, di vedere l’altro, di collaborare modifica il proprio cervello, si ricarica, sta meglio e fa stare meglio. È un circolo virtuoso che ci permette di esprimerci ai nostri massimi livelli. Non è la competizione a stimolare la motivazione, ma l’assetto cooperativo». Così «le aziende che sapranno cogliere questa leva, saranno quelle più competitive», afferma.

Lo sa bene Solidarietà e Servizi che attraverso l’Area Inserimento Lavorativo e Autonomie ha messo in atto questo principio. «All’interno di Solidarietà e Servizi, con più di 900 persone fragili seguite ogni anno nel loro percorso di inserimento lavorativo, tocchiamo con mano le opportunità che un processo di inclusione e la centralità della relazione possono creare. Testimoniamo concretamente che la fragilità non è ostacolo, ma un’occasione attraverso la quale impostare un diverso (e vincente) approccio al mondo del lavoro», sottolinea Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Sono opportunità che nascono necessariamente da due elementi fondamentali: la collaborazione tra mondi differenti – in questo senso fondamentale è stata la disponibilità data dalle imprese e la rete creata dai Comuni – e la consapevolezza che l’azienda è un luogo di costruzione della persona. E l’esperienza dell’articolo 14 – attraverso il quale l’azienda può assolvere l’obbligo previsto dalla legge 68 affidando alla cooperativa, tramite la mediazione della Provincia, una commessa di lavoro con la quale si assume la persona disabile – ce lo testimonia ogni giorno».

Tutti questi elementi hanno trovato una straordinaria conferma nel progetto: «Insieme con imprenditori, manager, professionisti del sociale e responsabili pubblici abbiamo verificato sul campo che la collaborazione e l’inclusione non solo rendono più piena l’esperienza del lavoro, ma diventano un vero e proprio “valore competitivo” per le aziende che accettano questa sfida», prosegue Oldrini.

Una sfida che il fronte del pubblico è pronto a fare sua. «Quando si parla di cura dell’essere umano non ha senso concepire dei confini», osserva Cristina Borroni, vice sindaco con delega alle Politiche Sociali del comune di Castellanza. «Questo è stato un progetto utile, da replicare e da sviluppare. Vorrei diventasse un punto di partenza, che non resti esperienza utile, positiva e bella in sé, ma che sia da stimolo per altre iniziative». Perché i valori in gioco sono diversi e tutti importanti. Come dice Osvaldo Attolini assessore all’Inclusione sociale del comune di Busto Arsizio: «Trovare lavoro vuol dire dare dignità alle persone e operare per la costruzione della loro autonomia. Non è soltanto un tema economico». Il tema è la comunità dove la presenza di un’impresa in un dato territorio, non è solamente una questione di sponsorizzazioni, ma la condivisione con «il coinvolgimento attivo delle persone fragili all’interno della propria azienda», auspica l’assessore.

L’assistenza domiciliare: il rinnovo dei fondi regionali e la presa in carico delle persone con disabilità grave

L’esperienza di Solidarietà e Servizi nel prendersi cura della persona attraverso una progettazione coordinata

«Pronto? Buongiorno Benedetta, vorrei sapere dove hai comprato la palla con la quale mio figlio gioca e si diverte». È domenica mattina, al telefono è la mamma di Francesco (nome di fantasia), un bambino con disabilità grave che chiama l’educatrice di Solidarietà e Servizi per un’informazione che solo all’apparenza può sembrare banale. Quella palla è più di uno strumento di gioco, è una rivoluzione in termini di approccio educativo: Francesco ha sviluppato delle abilità che la famiglia ha imparato a valorizzare. Si tratta solamente di un caso, come ne accadono molti, per ribadire l’importanza dell’assistenza educativa domiciliare.

La Regione Lombardia ha deciso di riconfermare la cosiddetta “Misura B1”, mettendo a disposizione fondi dedicati al sostegno delle persone con disabilità grave e gravissima per interventi al domicilio. «Un educatore opera direttamente a casa della persona, attraverso una progettualità coordinata e inserendosi nelle dinamiche familiari per individuare gli elementi di crescita della persona con disabilità», osserva Raffaella Trapin, assistente sociale e coordinatrice dei Servizi educativi domiciliari erogati da Solidarietà e Servizi, ente accreditato presso Regione Lombardia. «È un intervento che opera su diversi livelli: innanzitutto quello di coordinamento con gli altri enti che rientrano nella progettualità – come possono essere la scuola, il servizio di neuropsichiatria e le attività dei centri – in un lavoro di rete fondamentale; secondo, prevede un confronto diretto con la famiglia, con i suoi pensieri e le sue esigenze; non certo ultimo, c’è il rapporto che si instaura con la persona disabile. È un lavoro importante che permette di fare sintesi e, in un certo modo, di avere un collegamento tra le “mura di casa” e l’esterno. Perché all’esterno sono diverse le professionalità che intervengono e spesso c’è la necessità di operare come dei “traduttori” per far comprendere anche alle famiglie l’importanza e la necessità del  percorso intrapreso».

Tutto questo fa del servizio educativo domiciliare un intervento importante, ma molto delicato: l’educatore entra – con tutte le precauzioni e la delicatezza necessarie – in una casa che ha le sue regole e le sue abitudini. È ospite. «Ma non è solo», prosegue Trapin. «È parte di una progettualità che Solidarietà e Servizi esprime e di una rete che la cooperativa mette in campo nella presa in carico di una persona». 

Di fatto, come ricorda Benedetta Bistoletti, una delle educatrici di Solidarietà e Servizi destinataria della telefonata iniziale, «l’ingresso dell’educatore in una casa porta alla rottura di un equilibrio che deve essere ricostruito attraverso l’acquisizione di fiducia. Ci vuole tempo, ma è importante fornire alla famiglia tutti gli strumenti di cui ha bisogno mettendo in atto strategie educative che possano funzionare in futuro, anche a prescindere dalla presenza o meno dell’educatore stesso». Il lavoro è duplice: non c’è solo il minore con disabilità. «L’intervento educativo diventa – di riflesso – occasione di crescita e di rilancio per i genitori e/o per gli altri membri della famiglia. E il caso della  palla è esemplare: la mamma ha compreso i miglioramenti avuti dal figlio e quali possono essere gli strumenti che possono essere utili nella sua crescita».

È un lavoro di squadra. Perché nella presa in carico di una persona che ha delle difficoltà, ci si prende in carico anche tutto il suo mondo.

Colori e musica protagonisti dei centri di Gallarate

Il servizio Pollicino ha celebrato la Giornata dei calzini spaiati, mentre il Centro Diurno Disabili gallaratese ha aderito al progetto Musical-mente

Mille colori e tanta musica. È quello che arriva dal servizio Pollicino e dal Centro Diurno Disabili (CDD) di Gallarate gestiti da Solidarietà e Servizi. I colori sono quelli dei calzini tutti diversi che i ragazzi di Pollicino, centro dedicato ai minori con disturbo dello spettro autistico, hanno indossato per celebrare degnamente la “Giornata dei calzini spaiati”; le note sono quelle che risuoneranno nel CDD gallaratese che ha aderito al progetto Musical-mente della cooperativa Promozione e Lavoro

Lo scorso 5 febbraio, il servizio Pollicino ha infatti voluto celebrare l’ottavo anniversario di una iniziativa un po’ particolare: la Giornata dei calzini spaiati non è solamente un inno al colore e al divertimento, ma vuole essere l’occasione per sensibilizzare sui temi dell’autismo e della diversità. Nata dalla mente dei bambini della scuola primaria di Terzo di Aquileia, l’iniziativa prende spunto dai calzini spaiati come metafora per parlare della diversità, dove colore, lunghezza, forma e dimensione non cambiano la natura delle cose: sono sempre e comunque dei calzini. E i ragazzi del servizio Pollicino si sono fatti trasportare tra ogni genere di calza differente, testimoniando che “siamo tutti diversi, ma anche tutti uguali e proprio per questo tutti importanti”.

È invece in fase di partenza il progetto “Musical-mente: sfumature sonore” che, proposto dalla cooperativa Promozione e Lavoro e sostenuto dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto,  il CDD di Gallarate ha fatto suo. Un’iniziativa che mette al centro la persona e la musica che ha dentro e che, in un momento dove permangono le difficoltà a stare insieme, può essere realizzato anche a distanza. L’arte, il bello, le emozioni e la creatività diventano il cuore dei laboratori per far emergere quello che proviamo quando sentiamo una canzone che ci piace. Ciascuno di esprime a modo suo: chi seguendo le parole, chi muovendosi a ritmo di musica, chi disegnando e chi facendo grandi sorrisi. Ogni persona è una risorsa e può essere un artista. Il materiale prodotto, documentato con fotografie e video, andrà a comporre una mostra che documenterà il lavoro fatto. L’obiettivo è dimostrare che l’arte e l’immaginazione sono ponti di integrazione e mezzi di crescita.