«Mettere al centro le potenzialità delle persone con autismo». Il contributo della dottoressa Zarini per la Giornata mondiale per l’autismo

In occasione della ricorrenza del 2 aprile, la psicologa e psicopedagogista richiama l’importanza della rete di confronto e di una presa in carico personalizzata. L’esperienza del gruppo in Solidarietà e Servizi

Sabato 2 aprile è la Giornata mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. In occasione di questa ricorrenza, istituita dall’ONU nel 2007, Solidarietà e Servizi ospita l’intervento di Serena Zarini, psicologa e psicoterapeuta che collabora con la cooperativa sociale e tra i maggiori esperti di questo disturbo del neuro sviluppo. Parlare di autismo, conoscere l’autismo e sapersi rapportare con le persone con autismo è importante. Non solamente perché permette di superare la barriera della disabilità, ma soprattutto può nascere un rapporto arricchente per tutti.

«La parola impiegata per la prima volta dallo psichiatra svizzero Eugen Bleuler, vissuto tra il 1857 e il 1939, giunge in Italia a metà degli anni ’80, dopo lunghe diatribe tra gli esperti per definire se le principali cause del ripiegamento su “se stessi” (autismo dal greco autòs) fossero ambientali piuttosto che organiche.

Siamo giunti ad oggi, con tecnologie di indagine avanzate che non sempre rilevano un difetto strutturale alla Risonanza Magnetica, ma che certamente dichiarano, attraverso numerosissimi studi, un forte trend genetico (più del 50%) nonché una prevalenza di soggetti che in Italia è passata da 1:100 del 2013 a 1:77 del 2019.

L’importante crescita dei numeri denota certamente una maggior attenzione alla tipologia di disturbo e alla sua osservazione nella popolazione, osservazione che occorrerebbe essere accuratissima poiché la diagnosi attualmente si basa sulla presenza o meno di sintomi comportamentali soprattutto socioemozionali (non esistono test basati su marker biologici in grado di stabilire la predisposizione o la presenza di autismo); ne deriva la necessità di una grande competenza discriminativa nel fare diagnosi e una possibilità di interpretazione dell’osservazione del comportamento molto variabile e passibile di errore. Con autismo, ora convogliato, nel DSM 5 (la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali pubblicato dall’American Psychiatric Association – APA – nel 2013, ndr), nell’espressione Disturbi dello Spettro dell’Autismo (DSA) si intende infatti oggi un’ampia gamma fenotipica di disturbi del neurosviluppo, di gravità variabile, accomunati da difficoltà nella comunicazione sociale, in particolare nel linguaggio e nella sua valenza intenzionale.

È fondamentale potersi accorgere della presenza di segnali disfunzionali nelle prime fasi della vita del bambino (entro i 3 anni di età), anche tramite il confronto tra genitori e agenzie sanitarie ed educative che il bambino intercetta (pediatra, nido, scuola dell’infanzia, educatori, insegnanti) e approfondire tali segnali attraverso l’osservazione specialistica (neuropsichiatra infantile, psicologo dell’infanzia). Accertati tali segnali, rilevate le loro caratteristiche nonché il grado di disfunzionalità, è bene focalizzare l’attenzione sulle potenzialità del bambino ancora in fase evolutiva, certamente tenendo conto delle difficoltà, attraverso una presa in carico di tipo psicoeducativo tarata sull’età del bambino. Presa in carico che deve favorire un’esperienza del mondo meno ansiosa possibile, più flessibile e più cosciente di sé possibile e favorente inoltre lo sviluppo cognitivo e degli apprendimenti, poiché la vita mentale vuole e deve andare sempre avanti. Oltre al minore, la presa in carico deve comprendere un sostegno alla famiglia, nell’ordine della comprensione dei problemi e delle possibili vie di affronto, via via che col passare delle varie tappe evolutive compaiono nuove sfide di incontro del minore col mondo sempre più complesso e richiedente, fino all’età adulta dove a seconda dei gradi di difficoltà il soggetto può essere accompagnato da progetti, che sempre più stanno prendendo piede, per svolgere la sua vita oltre il nucleo famigliare d’origine».

È nel solco delle parole di Serena Zarini che si inserisce l’attività di Solidarietà e Servizi. L’esperienza di Pollicino, il centro che la cooperativa sociale gestisce a Gallarate e dal quale è nato Avanti Tutta a Busto Arsizio, lo spazio dedicato agli adolescenti autistici, ha una marcia in più. «Qui cresciamo insieme», raccontano gli stessi  ragazzi. «Il nostro stare insieme non è solamente stare nello stesso spazio e fare delle cose, ma è diventato amicizia». Il gruppo ha un valore aggiunto, è un intreccio di storie di vita, è affrontare insieme emozioni e difficoltà, è condividere esperienze. Quando si parla di autismo, spesso si crede che la persona autistica sia indifferente alle relazioni, distante. Non è così: Solidarietà e Servizi sperimenta l’esatto contrario che è relazione, rapporto e amicizia.

Persone disabili e lavoro: come le aziende possono trasformare un obbligo in valore

La Provincia di Varese: «L’articolo 14 della Legge Biagi è attuale, ma poco sfruttato. Serve far conoscere le buone prassi del nostro territorio come Solidarietà e Servizi»

Una legge ancora attuale e che può creare sempre maggiore valore. Ma serve non solamente un maggior coordinamento tra le aziende profit e le cooperative, ma una più ampia valorizzazione delle cooperative stesse. Agli occhi della Provincia di Varese, ente in prima fila nell’inserimento del mondo del lavoro delle persone disabili, Solidarietà e Servizi diventa modello «da seguire», al fine di «aprire sempre più le porte della cooperazione sociale alle persone disabili medio – gravi per un lavoro sociale dignitoso». Fabrizio Simonini, responsabile Collocamento Mirato Disabili (CMD) del Settore Lavoro della Provincia di Varese, delinea un quadro chiaro della situazione attuale tra lavoro e disabilità.

La cornice di riferimento è data dalla legge 68/99 che, 23 anni fa, introdusse l’obbligo, per le aziende che superano i 15 dipendenti, di assunzione di disabili in percentuale alla quantità dei lavoratori dell’azienda stessa. Per dare maggior attuazione a questo obbligo, Marco Biagi, di cui sono stati celebrati lo scorso 19 marzo i 20 anni dal suo assassinio, diede vita a una legge (che porta il suo nome) che coinvolse anche le cooperative sociali. L’articolo 14 dà infatti la possibilità alle aziende interessate di far assumere il lavoratore svantaggiato tramite cooperative sociali di tipo B, a patto di affidare commesse di lavoro alla cooperativa stessa in modo da coprire il costo dei lavoratori inseriti e i rispettivi costi di produzione.

«La Provincia si occupa di far incontrare domanda e offerta, quindi aziende e persone disabili. Ma l’articolo 14 ha di fatto aperto una possibilità molto interessante per il mondo profit. Affidando l’assunzione a una cooperativa, l’impresa assolve l’obbligo e, dando lavoro alla cooperativa stessa, genera  valore», sottolinea Simonini.

La situazione nel territorio varesino ha visto nel 2021 il coinvolgimento di una quindicina di realtà aziendali importanti che ha dato vita a 36 posti di lavoro per persone disabili. Inoltre, attraverso i SIL (Servizi Inserimento Lavorativo) della Provincia ci sono stati 362 avviamenti al lavoro. «L’articolo 14 non è sfruttato in tutto il suo potenziale», continua il responsabile del CMD. A questi dati, si aggiungono i 4 milioni di euro che le aziende, pur di non incappare nelle pesanti sanzioni, versano per non assumere le persone disabili. «Sono gli esoneri, per i quali è richiesta documentazione specifica che attesti pericolosità, complessità di un dato lavoro, quindi non adatto a persone con disabilità».

A questo punto però, i temi da affrontare sono almeno due. «Con le aziende che ricorrono all’esonero è necessario attivare un dialogo: non solamente perché per loro possono aprirsi grandi opportunità, ma anche perché è proprio dall’articolo 14 che può derivare un maggiore valore per loro e un valore aggiunto a livello sociale», aggiunge Simonini. Non certo secondo, il capitolo cooperative sociali cui la Legge Biagi affida un ruolo fondamentale. «Le cooperative hanno infatti un grande potenziale: possono creare per le persone disabili un ambiente di lavoro performante e soddisfacente allo stesso tempo, e soprattutto in un contesto  di protezione. Possono quindi dare un valore aggiuntivo, trasformando quello che per un’azienda profit è un obbligo, in un vantaggio sociale e non solo».

In questa ottica arriva proprio dalla Provincia di Varese l’idea di mettere in risalto le buone pratiche del territorio. E tra queste c’è Solidarietà e Servizi. «All’interno di un’azione di sistema, vorremmo mettere in campo un maggiore dialogo tra terzo settore e imprese profit, con linea di finanziamento ad hoc che faccia conoscere le buone prassi come Solidarietà e Servizi. Lo scopo non è solamente dare nuova linfa alle potenzialità dell’articolo 14, ma fare in modo che anche tutto il sistema cooperativo possa trarne ispirazione e spirito di emulazione».

Conclude: «Sul tema delle persone disabili e del lavoro serve un passo in avanti perché se l’istituto dell’esonero può rappresentare una “scappatoia” per le imprese, questo è però di fatto solamente un costo per loro. Valorizzando le buone prassi della provincia di Varese, è possibile azzerare un costo e trasformarlo in un servizio vero. La disabilità non può e non deve essere momento di ostacolo, ma spunto per favorire l’integrazione, attraverso percorsi professionalizzanti e di valore. In questo Solidarietà e Servizi è testimone di come sia possibile operare in favore della disabilità, con lavori di alto livello che diventano occasione di crescita per la persona disabile, per la cooperativa e per l’impresa stessa».

Vestiti, cibo e medicinali: il grande cuore dei ragazzi di Avanti Tutta per l’Ucraina

Gli adolescenti con autismo dello spazio attivato da Solidarietà e Servizi a Busto Arsizio sono stati protagonisti di una raccolta di beni di necessità, con consegna direttamente alla Caritas

«Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe. Importate non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore». È in questa frase di Madre Teresa di Calcutta l’essenza del gesto che i ragazzi di Avanti Tutta, spazio che Solidarietà e Servizi ha attivato per gli adolescenti con autismo, hanno fatto. Si sono attivati e insieme hanno voluto contribuire a donare abiti e cibo ai profughi dell’Ucraina. Impossibile in questi giorni ignorare la guerra, e sarebbe anche sbagliato per chi, come Niccolò, Andrea e Marco, e Alessia vuole essere partecipe della società e degli avvenimenti quotidiani, anche se questi accadono a chilometri di distanza. «L’ansia, ma anche la paura generate dalle notizie del conflitto ci ha portati ad affrontare il tema della guerra all’interno dei Avanti Tutta», ricorda Mariolina Caputo, coordinatrice di “Pollicino”, il servizio da cui Avanti Tutta ha preso avvio. «Ma grazie alle educatrici Giulia e Francesca abbiamo insieme superato queste emozioni, andando a guardare come avremmo potuto porci nei confronti di questo evento terribile. Cosa avremmo potuto fare. Così l’empatia, la voglia di essere vicini a queste persone che hanno dovuto lasciare il loro paese e si sono ritrovate praticamente senza nulla, ha portato a un gesto concreto che è arrivato direttamente dai ragazzi».

Come raccontano i 4 protagonisti: «Stiamo seguendo le notizie sull’Ucraina. Abbiamo visto le foto dei bombardamenti e siamo molto tristi. Con le educatrici abbiamo pensato a un modo per poter aiutare queste persone: abbiamo quindi scritto una lista di cose da portare ad Avanti Tutta per consegnarle alla Caritas». L’elenco comprendeva vestiti caldi come giubbotti, cappelli, guanti, sciarpe, felpe e coperte, ma anche cibo in scatola e a lunga conservazione, quale tonno, piselli, mais e pelati. Per illuminare le notti, una torcia. Non ultimi, i medicinali e i disinfettanti. E per i bambini, i pannolini e le pappe. Nella raccolta, i ragazzi hanno coinvolto anche le rispettive famiglie. «Abbiamo preparato i sacchetti dove abbiamo messo: cibo, vestiti, medicinali, body per neonati, brioche, carne in scatola, piselli, pannolini e pappe per bimbi», aggiungono Alessia, Niccolò, Andrea e Marco. Ma non bastava. «Siamo andati alla Caritas in centro a Busto Arsizio con i nostri sacchetti e ci siamo sentiti felici di poterli aiutare».

L’iniziativa solidale però non resterà un caso isolato. Come tutte le azioni fatte con il cuore sono destinate a contagiare altre persone e ad ampliarsi.