Un lavoro vero: superare l’assistenza per far crescere l’autonomia
Dignità e fiducia le parole chiave nelle testimonianze di alcune delle 63 persone fragili e disabili assunte e che lavorano in Solidarietà e Servizi
«Andare a prendere il pane da disoccupato o andare a prendere il pane da occupato non è la stessa cosa. La parola giusta è “dignità”, che è anche la parola che sta alla base del nostro albero disegnato in ufficio». È riassunto in queste poche parole di Davide, persona con disabilità che lavora nel reparto BPO – Business Process Outsourcing – di Solidarietà e Servizi, il significato concreto del valore dell’autonomia per la nostra cooperativa sociale. Non assistenza, ma lavoro vero capace di valorizzare i talenti che ci sono nelle persone. Così anche Sabrina, arrivata in Solidarietà e Servizi dai Servizi Psichiatrici di Cura, con il lavoro in cooperativa dice: «Ho riscoperto me stessa. Avevo molti timori: è stata la fiducia, quella dei colleghi e dei capi, a darmi forza. E dalla loro fiducia ho ritrovano la fiducia in me».
Per una persona fragile non è semplice affrontare il mondo del lavoro. E spesso, sono due le strade possibili. Come prosegue Davide: «Avevo due esempi di persone fragili come me: una che, non volendo farsi aiutare, è rimasta disoccupata; l’altra che ha accettato mansioni di basso livello, nettamente al di sotto delle sue potenzialità». All’inizio Davide ha deciso di seguire il secondo esempio. «Ho cercato di trovare lavoro come categoria protetta. Così ho iniziato a lavorare in una società di smistamento posta. Un lavoro anche piacevole, ma in un ambiente lavorativo degradato. Poi ho trovato occupazione come contadino: questo però ho capito subito che non era il lavoro giusto per me». È arrivato quindi in Solidarietà e Servizi. «Qui c’era la possibilità di lavorare su una commessa che prevedeva la digitalizzazione di pratiche amministrative. Il committente – una realtà della zona – voleva dare un’opportunità di lavoro a persone con disabilità del territorio. E io, per residenza, rientravo in questa possibilità». L’ambiente positivo e il lavoro gratificante hanno spinto Davide a restare. «Dopo un periodo nel reparto di gestione documentale, sono passato nel reparto BPO dove tuttora svolgo servizi di Back Office amministrativi per alcune aziende». Racconta: «In questa Cooperativa ho trovato un approccio umano diverso, un’attenzione alla persona che permette a ciascuno di vivere serenamente nell’ambiente di lavoro. Sono infatti più tranquillo e ogni qualvolta si presenta l’opportunità di imparare un nuovo lavoro non sono mai solo: i responsabili mi spiegano cosa fare tenendo conto delle mie capacità e rispettando i miei tempi di apprendimento. L’aspetto economico è importante ma non è l’unica cosa: c’è anche la necessità di costruire qualcosa di buono, di bello, di positivo».
Come nell’esperienza di Giorgia, ragazza segnalata dai Servizi Sociali perché in una grave situazione di vulnerabilità sociale. Il lavoro in cooperativa le ha permesso di «rimettere in ordine la vita» e recuperare un senso buono delle cose. Negli anni ha imparato a «tenere» sul lavoro, raggiungendo il traguardo del tempo indeterminato e parallelamente è stata supportata in una crescita personale il cui frutto maturo è la decisone di andare a vivere in una casa propria e di costruire una nuova famiglia.
«Sono queste solamente alcune delle testimonianze dirette che si possono ascoltare dalle attuali 63 persone disabili e fragili che sono state assunte e lavorano in viale Toscana a Busto Arsizio (l’obiettivo che la cooperativa vuole raggiungere in tempi brevi è dare lavoro, lavoro vero, a 100 persone disabili). Qui infatti hanno sede i nostri reparti di BPO, Gestione documentale, assemblaggio, lavorazioni meccaniche, Rigenesi e magazzino, e qui altre 25 persone disabili e fragili sono impegnate tra tirocini e progetti sociali», spiega Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi. «È qui che il lavoro, quello vero, organizzato, di qualità e inserito in processi aziendali diventa un’opportunità importante per la crescita dell’autonomia nelle persone. Per una persona disabile o fragile – ma non solo – il lavoro consente certamente un’entrata economica, quindi anche la possibilità di pianificare il proprio futuro; ma anche di trovare una dimensione nella quale essere inseriti; permette di ritrovarsi e, spesso, anche ripartire. La dignità di cui parla Davide è alla base del sentirsi persona. E la fiducia richiamata da Sabrina è lo specchio nel quale percepire finalmente tutto il proprio valore e diventare protagonisti del proprio progetto di vita».