Il 5×1000 a Solidarietà e Servizi è sostegno alle famiglie e ai bambini perché Il Cortile è … consulenza pedagogica

Il nuovo progetto della cooperativa propone anche il servizio di consulenza specialistica con un pedagogista

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Sviluppare il potenziale umano e di apprendimento del bambino come dell’adulto. È di questo che si occupa la pedagogia: far crescere le persone, accompagnarle in un percorso di sviluppo armonico e completo. Alle famiglie e ai bambini è dedicato il servizio di consulenza pedagogica previsto nel nuovo progetto “Il Cortile” cui Solidarietà e Servizi destinerà il 5×1000 di quest’anno.

Ma perché è importante il ruolo del pedagogista?
Il pedagogista è un esperto dell’apprendimento e dei processi educativi e formativi. Si rivolge alla persona, di tutte le fasce d’età, attraverso interventi educativi mirati rivolti a singoli od organizzando incontri di gruppo.
La consulenza pedagogica può essere indirizzata verso:
• il singolo attraverso interventi educativi mirati e individualizzati;
• la coppia, la famiglia, i genitori quale supporto in situazioni di difficoltà nella gestione delle relazioni familiari;
• il gruppo, traendo forza dall’energia positiva e generativa del lavoro collettivo;
• gli educatori e i docenti che necessitano di supporto personale e formativo all’interno della propria professione.

All’interno de “Il Cortile”, la consulenza pedagogica garantisce i seguenti interventi:
• diagnosi pedagogico-clinica per conoscere la persona, le sue abilità e le sue potenzialità;
• interventi preventivi per favorire un’equilibrata evoluzione socio relazionale e psico-affettiva del minore e del suo nucleo di riferimento;
• accompagnamento della famiglia nell’avvio di un percorso di valutazione delle difficoltà scolastiche e/o relazionali dei figli;
• supporto per permettere, in particolare ai genitori, di superare difficoltà e disagi nella relazione educativa e per favorire, facilitare e stimolare nei figli l’espressione di sé;
• supporto alle famiglie nella gestione delle difficoltà scolastiche e della relazione con i docenti.

All’interno della struttura dedicata al progetto “Il Cortile” sarà possibile effettuare incontri di consulenza pedagogica su richiesta diretta o su invio di specialisti e docenti.
La consulenza si svilupperà attraverso colloqui individuali e di coppia o dedicati all’intero nucleo familiare. Il numero degli incontri varia a seconda della problematica e si articola secondo un progetto condiviso con il richiedente/la famiglia.

Sostenere il progetto de “Il Cortile” è semplice e, come noto, non costa assolutamente nulla: all’interno della dichiarazione dei redditi basta indicare il codice fiscale di Solidarietà e Servizi 00782980122 nella casella per la destinazione del 5×1000.
Un gesto perché nessuno deve rimanere solo: #insiemeciriusciamo.

Continuità e novità, l’assemblea dei soci va oltre i 40 anni della cooperativa perché #insiemeciriusciamo

Tra conferme e nuovi ingressi nel Consiglio di Sorveglianza e nel Consiglio di Gestione, Solidarietà e Servizi guarda al futuro, anche grazie all’omonima Fondazione

Tra passato e futuro anche se fortemente condizionata dal presente. Si è svolta venerdì 22 maggio l’assemblea ordinaria dei soci di Solidarietà e Servizi, un appuntamento importante che ha visto il rinnovo del Consiglio di Sorveglianza – con il conseguente rinnovo del Consiglio di Gestione -, oltre all’approvazione del Bilancio Sociale 2019,  e ha delineato le strategie future della cooperativa.
Un appuntamento che però si è svolto in modalità online: i soci sono stati chiamati ad esprimere il loro voto attraverso la piattaforma Meet, nel rispetto delle disposizioni previste per il contenimento dell’emergenza sanitaria in corso. L’esito è stato chiaro: Solidarietà e Servizi si muoverà nel solco della continuità sostenuta da una grande spinta all’innovazione.

Innanzitutto la continuità
La riconferma di Paolo Fumagalli alla presidenza del Consiglio di Sorveglianza è il segnale che quanto sin qui fatto, continuerà ad essere il “core” della cooperativa. «Continueremo a prenderci cura delle persone disabili e con fragilità. Continueremo a mettere al centro la persona nel proporre i nostri servizi e il percorso di presa in carico», osserva Fumagalli alla guida di un Consiglio di Sorveglianza composto da Stefano Bombelli, Michele Grampa e dalle news entry Eugenio Randon e Federico Trombetta (che hanno preso il posto di Benedetta Mara e Giovanni Lomazzi). «Ringrazio i soci per la fiducia che mi hanno riconfermato all’indomani dei festeggiamenti dei 40 anni della nostra cooperativa. L’impegno sarà massimo per assicurare almeno altri 40 anni di vicinanza e sostegno alle persone. Colgo l’occasione per ringraziare Benedetta Mara e Giovanni Lomazzi per il prezioso e fattivo contributo  durante il loro mandato».
Nella logica di continuità, il Consiglio di Sorveglianza ha nominato il nuovo Consiglio di Gestione che ha visto la riconferma di Domenico Pietrantonio alla presidenza e i consiglieri Stefano Zuccato, Giacomo Borghi, Filippo Oldrini, Laura Puricelli e Federica Carraro. Nuovo entrato, Cesare Grassi (al posto di Cristina Grazioli). Prosegue Fumagalli: «Ringrazio in particolare Cristina Grazioli con la quale abbiamo lavorato  benissimo per due mandati consiliari  e formulo al nuovo    Consiglio di Gestione i miei  auguri di buon lavoro».
Afferma Pietrantonio: «Mi preme un ringraziamento sentito a Daniele Giani, Gabriele Caldera e Massimo Ramponi con i quali abbiamo condiviso parte del cammino del Consiglio di Gestione nell’ultimo triennio, così come voglio ringraziare in modo particolare e affettuoso Cristina Grazioli, che ha garantito in questi anni il presidio dell’area Amministrazione Finanza e Controllo. La logica della continuità si sposa con quella della novità, che in un momento complesso come l’attuale, diventa ancora più sfidante».

Il Bilancio Sociale 2019
Punto di partenza per guardare al futuro è il Bilancio Sociale 2019 della cooperativa. «Un documento corposo e particolarmente importante per ciò che l’anno scorso ha rappresentato per Solidarietà e Servizi: è stato l’anno del quarantesimo. Abbiamo 40 anni di storia dei quali essere soprattutto grati sia a chi ha iniziato e fatto crescere questa storia (soci e lavoratori) dall’interno, sia a chi dall’esterno – i Comuni, gli enti sanitari, le banche, i fornitori … – ha creduto in questa realtà di persone e ci ha permesso di arrivare a questo importante traguardo». E i numeri parlano chiaro: alla fine del 2019 , Solidarietà e Servizi faceva lavorare 1.370 persone,  prendendosi cura di 25 mila persone. «La nostra cooperativa ha una duplice natura giuridica: da un lato è cooperativa sociale, ovvero si prende cura delle persone che hanno svariati bisogni; dall’altro è cooperativa di produzione lavoro: rientra quindi nello scopo di Solidarietà e Servizi reperire occasioni di lavoro per i propri soci: dei 711, ben 611 sono soci lavoratori. Sono 100 invece i soci volontari, coloro ai quali va il nostro ringraziamento perché non solo lavorano e danno un contributo gratuito, ma sono l’esempio di un modo umano e professionale di lavorare e di prendersi cura delle persone. E la persona, quella disabile e fragile in particolare, è ben più grande dei limiti che ha: non può quindi essere ricondotta e fatta coincidere con le sue disabilità apparenti o recondite. La persona è di più. Su questo si costruisce il nostro percorso di servizio e di presa in carico e continueremo a farlo nel futuro.». 

Il presente
Con alle spalle 40 anni e una rete che arriva in 85 Comuni di cinque differenti regioni, Solidarietà e Servizi non si ferma. «Non possiamo non partire dalla situazione attuale: l’emergenza Coronavirus ci ha costretti a rivedere alcuni servizi, a riorganizzarli. Ma in tutto questo non abbiamo mai lasciato sole le persone di cui ci prendiamo cura», prosegue Pietrantonio.  Appartiene al presente anche la recentissima trasformazione della Fondazione San Giacomo che dal 21 maggio ha assunto la denominazione di Solidarietà e Servizi Fondazione. «Questo per due motivi – ricorda Pietrantonio -. Innanzitutto la Fondazione ha come unico socio fondatore la cooperativa sociale Solidarietà e Servizi; dall’altro, le nuove disposizioni contenute nel Codice del Terzo Settore. La nuova Fondazione raccoglie l’eredità della San Giacomo e rinnova l’impegno verso l’educazione della persona e l’attenzione alle persone disabili e fragili». Quattro i capisaldi che uniscono Fondazione e cooperativa: «L’attenzione verso i bambini e le famiglie, con particolare riguardo ai nuclei con problematiche e disagi psico-educativi; verso le persone con autismo, che necessitano di aiuti e supporti, anche di tipo socio-educativo e non solo riabilitativo; verso le persone disabili e fragili che hanno bisogno di una casa dove essere accolti e vivere in autonomia; verso le persone disabili e fragili che vogliono e possono lavorare per sentirsi utili e acquisire autonomie».

Il futuro
A fronte di un bilancio 2019 che si è chiuso in sostanziale pareggio, Solidarietà e Servizi guarda al domani ponendo al centro due pilastri: «I servizi a gestione diretta e la spinta all’innovazione», afferma il presidente del Consiglio di Gestione. «I primi sono quelli che ci permettono di fare la differenza, ovvero registrare bisogni e dare risposte concrete sulla base delle nostre professionalità e dalla nostra capacità progettuale. È nato in questa ottica anche il nuovo progetto Il Cortile, cui è destinato il 5×1000 di quest’anno, e che si rivolge prevalentemente alle famiglie, nell’ottica di dare risposte a piccole e grandi situazioni problematiche che sono state acuite dall’emergenza sanitaria. Questa situazione ci condizionerà anche in futuro: ci porterà a una nuova progettazione dei servizi. Quanto sta accadendo deve essere capitalizzato e sviluppato perché ci permetterà di dare vita a nuovi servizi, con nuove modalità di erogazione. E non è un caso che le attività svolte nei nostri reparti produttivi e di servizi, nell’ambito dell’inserimento lavorativo delle persone disabili, abbiano superato senza problemi l’audit per la certificazione di qualità avvenuto alla fine di aprile. L’assemblaggio, le lavorazioni meccaniche, la Rigenesi, i servizi documentali e il Business Process Outsourcing (BPO) hanno superato le verifiche, ottenendo anche un plauso per aver accettato la sfida di continuare a lavorare anche in “epoca Coronavirus” per permettere a persone disabili di iniziare o proseguire il loro percorso. Sul fronte dell’innovazione –  e a partire da quanto è stato originato dall’esperienza della prima casa domotica (CasaLab) – la casa continuerà ad essere il nucleo centrale di molti bisogni. Investire sulla domotica per creare ambienti che siano in grado di supportare il percorso all’autonomia delle persone disabili è la strada per dare risposte moderne e sempre migliori».
Le prospettive ci sono tutte per continuare e continuare bene. «Proseguendo nel prenderci cura delle persone e nel dare risposte puntuali ai bisogni». Solidarietà e Servizi continua nel rispetto del suo mantra: mai più soli, #insiemeciriusciamo.

Il 5×1000 a Solidarietà e Servizi perché Il Cortile è … psicomotricità

La nostra cooperativa dedica il 5×1000 al nuovo progetto che prevede anche il servizio di psicomotricità per migliorare la comunicazione, l’apprendimento e il movimento dei bambini

È dedicato a “Il Cortile” il 5×1000 di quest’anno di Solidarietà e Servizi. Un progetto che è stato sviluppato per rispondere ai piccoli e grandi bisogni che questo periodo di emergenza ha acuito in maniera particolare. L’eccezionalità del momento ha infatti fatto emergere situazioni di fragilità che coinvolgono le famiglie e i loro figli.
Tra le diverse forme di intervento, il progetto “Il Cortile” offre il servizio di psicomotricità con la consulenza di personale specializzato per quei bambini che – per cause diverse – incontrano difficoltà nel corso del loro sviluppo per quanto riguarda le funzioni motorie, emotive, comunicative, comportamentali e dell’interazione sociale.

A CHI SI RIVOLGE?
La psicomotricità è rivolta, in particolare, ai bambini che presentano:

  • ritardo psicomotorio
  • disturbi emotivo-comportamentali e della comunicazione
  • disturbi della coordinazione motoria (impacci, disprassie …)
  • deficit di attenzione e iperattività
  • disturbi di regolazione emotiva
  • disturbi dello spettro autistico
  • disturbi degli apprendimenti scolastici.

COME SI SVOLGE LA TERAPIA?
L’attività si svolge in un clima di gioco e utilizza lo scambio relazionale, il corpo ed il movimento con finalità riabilitative.

QUALE LA SUA UTILITÀ?
L’attività psicomotoria mira a:

  • migliorare la fiducia in se stessi e negli altri
  • sviluppare l’apprendimento 
  • favorire le capacità di comunicazione
  • migliorare la regolazione emotiva e le capacità di relazione
  • migliorare la coordinazione motoria armonizzando il movimento, il gioco e la parola.

CHI È LO PSICOMOTRICISTA?
Il terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva o neuropsicomotricista è un professionista sanitario; il percorso formativo porta al conseguimento di una laurea triennale che abilita all’esercizio della professione.

COME AVVIENE LA TERAPIA?
Prima di iniziare la terapia vera e propria è necessaria una valutazione che permetta al terapista di individuare le difficoltà del bambino e stabilire un programma riabilitativo individualizzato.
La prima cosa che viene proposta è un colloquio con i genitori, per approfondire la storia familiare e quella del bambino; successivamente il bambino viene osservato dallo psicomotricista nel setting riabilitativo per conoscere le sue caratteristiche. Viene quindi stabilito il piano d’intervento, che viene comunicato e concordato con la famiglia.
Le sedute di terapia sono individuali o di piccolo gruppo e hanno una durata di 45 minuti.La durata del percorso è variabile e legata al tipo di problema presentato dal bambino

Sostenere il progetto de “Il Cortile” è semplice e, come noto, non costa assolutamente nulla: all’interno della dichiarazione dei redditi basta indicare il codice fiscale di Solidarietà e Servizi 00782980122 nella casella per la destinazione del 5×1000.
Un gesto perché nessuno deve rimanere solo: #insiemeciriusciamo.

“Vicini da Casa”: il progetto con cui il Centro Diurno Disabili di Saltrio (VA) non ha smesso di prendersi cura delle persone accolte durante l’emergenza CoViD-19

Condivisione, collaborazione e volontà di stare insieme nel progetto realizzato con le persone disabili del Centro Diurno Disabili varesino gestito dalla cooperativa

«Ho fatto i biscotti», dice Francesca. «Mi piacerebbe poterli mettere in un cestino e passarli dalla finestra per farli assaggiare a tutti». È in questa semplice affermazione che sta tutta l’umanità dell’iniziativa promossa dal Centro Diurno Disabili (CDD) di Saltrio, comune della Comunità Montana del Piambello al confine con la Svizzera, che Solidarietà e Servizi gestisce da quattro anni. Perché anche una banale condivisione di un lavoro permette di restituire quel senso di comunità e di insieme capace di andare oltre la quarantena forzata delle ultime settimane. «Sarebbe bello abitare tutti in un condominio e affacciandosi dalla finestra ritrovare i volti amici delle persone che non sono la tua famiglia, ma sai che ti sono vicine con il cuore». È la speranza espressa dalla mamma di un ospite del Centro durante uno degli ormai famosi “contatti a distanza”.

Nessun mattone, né cemento e non ci sono scale, ma nella grande casa dipinta dalle persone disabili del CDD varesino con l’equipe educativa, le finestre ci sono tutte. Dietro a quei vetri disegnati su un gigantesco cartellone spuntano i visi dei 26 protagonisti del Centro. Ciascuno si affaccia per dimostrare che c’è, che è presente. Ed insieme agli altri ricostruisce l’unità e il valore della vita al Centro.

«È un progetto nato per mantenere i contatti con tutti i nostri ospiti», ricorda la coordinatrice del CDD, Milena Simone. «Non tutti potevano rispondere al telefono; non tutti erano nelle condizioni di partecipare ad una videochiamata. Così l’equipe del Centro si è un po’ reinventata e siamo tornati alle “vecchie” carta e penna, o meglio, carta e pennarelli realizzando una grande casa – la nostra casa! – dove ciascuno ha potuto mettere la sua impronta, colorando la sua finestra e personalizzandola ponendoci una sua foto». Non potendo essere a tutti gli effetti dei vicini di casa, sono diventati “Vicini da Casa”. «Questo è infatti il nome che abbiamo voluto dare ad un progetto nato con l’intento di offrire un’occasione di espressione, per evitare che la permanenza in casa potesse diventare sedentarietà mentale, non solo fisica. Quindi una riattivazione cognitiva sotto ogni profilo», prosegue la coordinatrice. «Abbiamo stabilito anche dei tempi per personalizzare il grande disegno: questo per dare delle scansioni temporali e il valore di un fare comune».

Il risultato ottenuto è andato ben oltre le aspettative. Innanzitutto in termini di partecipazione. «Le stesse famiglie, i genitori e i fratelli, si sono attivate per dare una mano a fare la loro parte. E davanti a chi non poteva colorare per una compromissione importante, sono subentrate le mani dei compagni che si sono offerti per la completare le parti mancanti». Condivisionecollaborazione, ma anche ricerca. «Gli stessi familiari si sono sentiti “attori sulla scena”, cercando foto in quell’album di famiglia che magari non aprivano da anni. Ciascuno si è messo in gioco per mantenere viva una relazione carica di significato e proseguire con modalità differenti il lavoro svolto durante l’anno al Centro». 

Il tema dell’abitare insieme, giocato sui colori e sulle immagini, ha portato alla costruzione di un dipinto (3 metri per 4), ricco di persone, di sentimenti e soprattutto della volontà di stare insieme. «L’opera che rappresenta la “nostra casa”, ora che siamo prossimi a ricominciare le attività presso i locali del CDD, verrà appesa all’ingresso del Centro», annuncia la coordinatrice. «Sarà la testimonianza concreta di questo momento storico che ci ha visto forzatamente distanti. Ma sarà anche la memoria viva di come sia possibile sentirsi parte di una comunità pur rimanendo lontani». Perché #insiemeciriusciamo.

Valorizzare i talenti delle persone disabili e fare squadra, così la quarantena ha fatto crescere il Business Process Outsourcing (BPO)

L’area dedicata ai servizi esternalizzati dalle aziende si scopre più forte grazie ad una rete capace di imparare sempre dalle situazioni di difficoltà

La quarantena? Un momento di crescita. Lavorare da casa, chiusi nelle quattro mura della propria abitazione e lontano dall’ufficio, si è rivelata un’occasione di crescita per le persone disabili che lavorano in Solidarietà e Servizi. L’esperienza in particolare dell’unità di Business Process Outsourcing (BPO) nel periodo di lockdown, dove lavorano 20 delle 55 persone disabili e svantaggiate della cooperativa, va in questa direzione: nell’emergenza, sono state ancora di più valorizzate le persone e le loro capacità, sono state create reti per supportare lo smartworking, ma soprattutto si è lavorato sul concetto di squadra perché, seppur lontani, nessuno è rimasto solo.

«La quarantena ci ha portati a rivedere completamente il nostro modo di vivere e ci ha obbligati alla solitudine sociale, imponendoci una fatica psicologica incredibile», ricorda Viviana, ragazza con disabilità che opera nella nostra BPO. «In realtà, questo non è stato il mio primo lockdown, ma il secondo. Il primo è stato per motivi completamente diversi, legati alla manifestazione delle mie fragilità. Avevo quindi tanta paura di rivivere alcune situazioni o sentimenti. Grazie però alla cooperativa e alla mia responsabile non è accaduto ciò che immaginavo. Mi hanno dato importanza, fiducia e valore; mi hanno dato la possibilità di salvarmi da quello che stava succedendo attorno a me e dall’eventualità di un ritorno alla fase acuta della malattia. Mi hanno fatto vivere questo periodo come se fosse la “normalità”, una nuova modalità di vivere dalla quale imparare qualcosa in più su me stessa e sulle mie capacità». E nell’eccezionalità del momento, le cose semplici hanno un nuovo significato: «Ora abbiamo capito il vero valore di un abbraccio, di tenersi per mano o anche solo di stare fianco a fianco».

Anche Barbara, che ha vissuto lo smartworking, pur non essendo nuova al lavoro da casa, ha saputo sfruttare il momento difficile a suo favore. «Lo stato di emergenza ha fatto sì che, senza alcun preavviso e senza una vera e propria preparazione, ci ritrovassimo a casa. Con un pc portatile e una connessione con l’hotspot del mio cellulare, tecnicamente avevo più o meno tutto. Ma mi mancava il condividere lo spazio di lavoro con i colleghi e le colleghe, dove è sempre immediato e più fluido lo scambio di informazioni e la comunicazione. Il supporto che ho ricevuto, o sul quale avrei potuto contare è stato efficace, ma la sensazione di isolamento alla lunga si è rivelata deprimente. Ne ha giovato l’ordine che ho potuto mettere in casa, dove in genere non sto moltissimo». Non solo. Barbara ha fatto suo un insegnamento: «In caso di necessità, con il giusto supporto, tutto o quasi si può fare».

Ed è proprio questa la mentalità con cui è nata l’unità del BPO in Solidarietà e Servizi. Partita nel 2014, l’area dedicata ai servizi che le aziende esternalizzano – quali, ad esempio, telemarketing, back office, contrattualizzazioni e sponsorizzazioni, amministrazione e gestione pratiche – è cresciuta in competenza, ma soprattutto in consapevolezza. Sono stati sviluppati progetti con nomi importanti della farmaceutica (Novartis e Sandoz), delle telecomunicazioni (Eolo); inoltre per la Compagnia Energetica Italiana viene svolta attività inbound di customer service e per Sorgenia Solidarietà e Servizi cura il credit check.

«La nostra sfida iniziale è stata quella di operare su processi complessi con persone con disabilità fisica e con disabili psichici ad alto funzionamento, partendo dal fatto che tutti possiamo fare qualcosa, basta trovare l’ambito che meglio ci permette di esprimerci», ricorda Mariangela Mezzasalma, responsabile del BPO. La quarantena ha rafforzato questa convinzione: «Sappiamo, oggi più di ieri, che siamo tutti persone, con alcune disabilità o normodotate; tutte abbiamo condiviso preoccupazioni e difficoltà, tutte abbiamo trovato un altro modo di lavorare mettendo al centro i talenti di ciascuno e facendo sempre squadra», prosegue.

«Le testimonianze di Viviana e Barbara, due ragazze con disabilità, ci raccontano del lavoro che è stato fatto per garantire l’operatività del settore, senza mai rinunciare alla dignità delle persone che vi lavorano. Dal punto di vista produttivo ci siamo ritagliati uno spazio importante con i nostri clienti, tanto che per alcuni siamo diventati veri e propri partner potenziando i servizi; sotto il profilo operativo abbiamo agito per dare valore al lavoro in ogni sua espressione, anche in forma “smart”, per permettere alle persone di sentirsi utili e parte di un progetto». Di fatto, con l’esplosione dell’emergenza sanitaria, l’intero spazio del BPO nel capannone di Vaile Toscana 105 a Busto Arsizio è andato in smartworking. «Le 7-8 persone iniziali nel giro di poche settimane sono diventate una ventina, anche perché sono cresciute le richieste delle aziende. Abbiamo fatto squadra mettendo sempre al centro il talento della persona: le fragilità diventano elemento di forza che, se supportate e correttamente orientate, ci permettono oggi di avere un team dalle competenze trasversali, ma soprattutto di guardare al domani con speranza e sempre pronti a nuove sfide».

Il 5×1000 a Solidarietà e Servizi perché Il Cortile è …. logopedia

Il nuovo servizio della nostra cooperativa propone anche consulenza specialistica con un logopedista

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Quest’anno Solidarietà e Servizi ha deciso di destinare il 5×1000 al nuovo servizio “Il Cortile”. Un progetto che è stato sviluppato per rispondere a piccoli e grandi bisogni che questo periodo di emergenza ha acuito in maniera particolare. L’eccezionalità del momento ha infatti fatto emergere situazioni di fragilità particolari che coinvolgono le famiglie e i ragazzi.
Tra i vari servizi che “Il Cortile” offre c’è la consulenza specialistica con un logopedista.

Di cosa si occupa la logopedia?
La logopedia si occupa della prevenzione, della cura e della riabilitazione delle disfunzioni del linguaggio e della comunicazione; interviene anche nei disturbi cognitivi che hanno a che fare con la comunicazione (difficoltà di apprendimento, di attenzione e di memoria).

Chi è il logopedista?
È un terapista sanitario specializzato nella valutazione e nella riabilitazione di disturbi del linguaggio, dell’eloquio, della comunicazione,  della voce e della deglutizione in età evolutiva, adulta e geriatrica (Decreto ministeriale del 14/09/1994, n.742).

Quando può essere utile il suo intervento?
Quando notate un ritardo del vostro bambino nell’imparare a parlare o quando il suo modo di parlare risulta poco comprensibile perché non correttamente impostato o perché presenta difficoltà di pronuncia; l’intervento del logopedista può essere inoltre indicato quando vi accorgete che il bambino ha difficoltà ad apprendere, a memorizzare o a prestare attenzione.

Come avviene la terapia?
Prima di iniziare la terapia vera e propria è necessaria una valutazione che permette al logopedista di individuare le difficoltà del bambino e stabilire un programma riabilitativo individualizzato.
La prima cosa che viene proposta è un colloquio tra la logopedista e i genitori, per approfondire la storia familiare e quella del bambino; successivamente il bambino viene osservato dal logopedista in studio per conoscere le sue caratteristiche.
Viene quindi stabilito il piano riabilitativo, che viene comunicato e concordato con la famiglia. Le sedute di terapia sono individuali o di piccolo gruppo e hanno una durata di 45 minuti. La durata del percorso è variabile e legata al tipo di problema presentato dal bambino.

Sostenere il progetto de “Il Cortile” è semplice e, come noto, non costa assolutamente nulla: all’interno della dichiarazione dei redditi basta indicare il codice fiscale di Solidarietà e Servizi 00782980122 nella casella per la destinazione del 5×1000.

Un gesto perché nessuno deve rimanere solo: #insiemeciriusciamo.

Vicinanza, relazione, risposte: i Centri Diurni Disabili (CDD) e i Centri Socio Educativi (CSE) di Solidarietà e Servizi pronti alla ripartenza

Nel solco di un’attività che non si è mai fermata e in attesa della nuova normativa, la riprogettazione e la riorganizzazione preparano alla fase 2 per CDD e CSE

Una riapertura coltivata da più di un mese e mezzo. Fin dal momento della sospensione delle attività, i Centri Diurni Disabili (CDD) e i Centri Socio Educativi (CSE) di Solidarietà e Servizi hanno lavorato per preparare il momento della ripartenza. Una nuova progettualità è stata messa in campo per non lasciare sole le persone delle quali la cooperativa si prende cura; una nuova progettualità è allo studio e in fase di elaborazione, per poter tornare ad accogliere tutti nel rispetto di quelle che saranno le, inevitabili, prescrizioni di sicurezza da adottare. Il tutto dialogando con i Comuni e con gli enti pubblici interessati e, soprattutto, con le famiglie, cercando di non perdere di vista tutti gli aspetti che rendono un servizio alla persona una risposta, e dove non è possibile, una condivisione del bisogno, che si traduce in un ascolto, in una relazione che si fa compagnia e sostegno in una situazione difficile per tutti e per alcuni drammatica. 

«Il momento di indeterminatezza attuale non ci permette di avere molte sicurezze sulle quali poter fare leva», afferma Giacomo Borghi, responsabile Area autismo, diurni e residenziali per disabili di Solidarietà e Servizi. «Molte sono le domande alle quali non troviamo risposta nelle disposizioni nazionali e regionali. La ripartenza, sempre più necessaria quanto indispensabile per continuare a rispondere ai bisogni delle persone disabili e delle loro famiglie, ci vede però in prima linea». In un ambito dove manca un quadro di operatività in sicurezza, Solidarietà e Servizi sa bene però quali sono i suoi punti di riferimento. «La nostra attenzione alla persona nelle settimane di quarantena ha trovato una nuova concretizzazione – prosegue Borghi -. Ciascun Centro si è organizzato per essere vicino agli ospiti e alle loro famiglie, per far sentire una presenza rassicurante, evitare isolamento, dare risposte modificando ma mai interrompendo il lavoro sugli  obiettivi del Progetto individualizzato di ogni ospite. In tal senso sono state cinque le opzioni “operative” che hanno caratterizzato la relazione “a distanza”: 1) laboratori online; 2) attività educativa a distanza; 3) attività educativa a domicilio; 4) attività assistenziale a domicilio; 5) attività presso il centro (in certe condizioni)».

Ad una progettualità legata alla fase 1, si è progressivamente unita una progettualità per la fase 2: per quanto ad oggi siano ancora pochi i punti fermi, la ripartenza è necessaria. «In un certo modo “ce la stiamo immaginando”: partiamo dalle indicazioni sul distanziamento sociale, sull’adozione dei necessari dispositivi di protezione individuale e, cercando di applicarli all’interno dei nostri Centri, arriviamo a ridisegnare gli spazi, rivedere l’organizzazione e preparare una nuova programmazione. La fase 2 sarà graduale, ma questo non ci fermerà nel dare risposte a quanti in queste settimane di quarantena hanno avuto maggiori necessità».

Testimonianza del lavoro fatto e di quello in corso arriva dal Centro Diurno Disabili “Betulle” di Pavia. Alla “rivoluzione” imposta dal lockdown, l’equipe degli educatori ha risposto con una progressiva riprogettazione delle attività. «Abbiamo messo in atto un supporto alle famiglie e agli ospiti con telefonate periodiche, videochiamate e messaggistica istantanea per essere sempre presenti nonostante la distanza», ricorda la coordinatrice del CDD “Betulle” Elisabetta Scabrosetti. «Attività laboratoriali e didattiche sono state messe in atto per non perdere il filo con le azioni precedentemente avviate, ma soprattutto per aiutare i disabili a scandire il tempo e a mantenere le autonomie acquisite». Non sono mancate le visite, «ovviamente mantenendo la distanza richiesta e con l’uso di guanti e mascherine, per la consegna di materiali informativi e didattici. Ma anche per dare un segnale il più possibile concreto di una vicinanza, supporto e aiuto che nemmeno la distanza è riuscita scalfire», prosegue la coordinatrice. Nel frattempo sono state poste le basi per la fase 2. «Siamo partiti da una riprogrammazione degli ambienti con la creazione di una zona filtro, una nuova nominazione degli spazi interni, la programmazione degli interventi di igienizzazione ordinaria e straordinaria, con un ricalcolo della fruizione degli spazi», spiega Scabrosetti. «Partendo da quanto a disposizione abbiamo proceduto con una valutazione degli spazi interni del CDD secondo le regole del distanziamento sociale, cercando di quantificare anche il numero massimo di persone da poter ospitare contemporaneamente». In tutto questo, sono stati fatti studi sul fabbisogno dei dispositivi di protezione individuale e sull’erogazione del servizio. «Ci siamo rivolti anche alle famiglie per comprendere il loro stato emotivo: l’emergenza sanitaria ha di fatto portato al cambiamento di percezione di alcuni elementi. Si può trovare paura, preoccupazione, dubbi: fattori che spesso emergono quanto prevale un senso di solitudine. Ma insieme li vogliamo superare».

Il percorso per un pieno regime è ancora lungo, ma i CDD di Solidarietà e Servizi sono pronti a ripartire. Pronti perché non hanno mai smesso di sostenere la relazione, di essere vicini agli ospiti e alle loro famiglie, ma soprattutto di rispondere a dei bisogni.
#insiemeciriusciamo.