«Felici di lavorare qui»: sviluppare l’autonomia è un’esperienza concreta

Tre persone con disabilità del centro socio educativo Oltre di Solidarietà e Servizi per un giorno sono diventati venditori al mercato di Busto Arsizio

Quando si dice: costruire l’autonomia, per davvero. L’esperienza di tre persone con disabilità che frequentano il CSE – centro socio educativo – Oltre di Solidarietà e Servizi a Busto Arsizio è finita sul quotidiano La Prealpina. Il giornalista Francesco Inguscio, sull’edizione del giornale in edicola il 26 maggio 2023, ha raccontato della giornata passata tra le bancarelle del mercato di Busto Arsizio di Emanuele, Giovanni e Francesca; una giornata di lavoro da venditori, realizzata grazie a Confcommercio Fiva Busto Arsizio e alla collaborazione degli ambulanti. Una concreta testimonianza di cosa significhi crescere. Perché “insieme ci riusciamo”.

«Felici di lavorare qui»

Tre ragazzi speciali ieri sono diventati venditori al mercato

Hanno dato una mano a riordinare la merce, si sono rapportati con i clienti, qualcuno ha anche stampato gli scontrini. Dimostrando che i veri limiti, molto spesso, sono solo i pregiudizi degli altri. È stata una giornata entusiasmante per tre ragazzi speciali seguiti dalla cooperativa sociale “Solidarietà e Servizi”: Emanuele, Giovanni e Francesca (questo è il loro nome) hanno lavorato per un giorno al mercato di Busto, collaborando (rispettivamente) alle attività degli ambulanti Roberto Ricciardo, Roberto Pigni e Max Rogora. Un’iniziativa quanto mai inclusiva, resa possibile dalla disponibilità di Fiva Confcommercio Busto (la federazione dei venditori ambulanti). Emanuele, Giovanni e Francesca hanno una disabilità intellettivo-cognitiva, ma sono assolutamente in grado di svolgere alcune mansioni, affiancati dei titolari della bancarella. Impegno e serietà non sono certo mancati. E tanto gli ambulanti quanto i clienti hanno decisamente apprezzato. Emanuele, 38 anni, ha dato manforte al banco “In Gambissima” di Roberto Ricciardo: «Non è la prima volta per lui – spiega Ricciardo -, ed è molto bravo. Per noi è un grande piacere dargli quest’opportunità». Emanuele annuisce, si vede che è soddisfatto del suo lavoro. Lo stesso vale per Francesca, accolta da Max Rogora nel suo banco di abbigliamento. «È stata una bellissima esperienza – commenta la ragazza -. La cosa che mi piace di più è interagire con le persone. Se ne avrò la possibilità, tornerò volentieri». «Venivo spesso al mercato come cliente, adesso è bello trovarsi dall’altra parte della bancarella» sorride Giovanni, 54 anni, mentre finisce di sistemare i dolciumi venduti da Roberto Pigni. L’atmosfera è giocosa: arrivano anche gli altri due ragazzi e tutti insieme mangiano le caramelle. L’iniziativa risponde appieno agli obiettivi del Centro socio-educativo “Oltre” attivato da “Solidarietà e Servizi” dal gennaio 2022. «Un progetto che, come dice il nome, punta ad andare oltre la disabilità – spiega Paolo Rigorini, educatore professionale -, facendo crescere le capacità delle persone». Sostenere l’autonomia delle persone disabili, valorizzando i loro talenti, anche nell’ottica di un inserimento lavorativo, è uno dei principali obiettivi di “Solidarietà e Servizi”. Ieri se n’è avuta una dimostrazione tangibile. Cominciano a essere numerosi gli ambulanti che, coordinati da Fiva Confcommercio, danno la propria disponibilità a vivere una giornata lavorativa insieme a un ragazzo o ragazza speciale.  L’auspicio è che questo numero si incrementi: «È fondamentale che il commerciante tenga conto anche del lato umano – sottolinea Roberto Ricciardo (che è anche referente Ascom Busto per il commercio su aree pubbliche) -. Queste persone sono davvero speciali. E l’arricchimento è reciproco. Provare per credere».

Francesco Inguscio

Dall’assemblea dei soci la conferma degli organi della cooperativa sociale: «Siamo un’impresa sociale che si prende cura delle persone disabili e fragili»

Rinnovo nel segno della continuità del Consiglio di Sorveglianza e del Consiglio di Gestione per continuare ad innovare e potenziare i servizi nell’ottica della coprogettazione

Nel segno della continuità per continuare a prendersi cura delle persone disabili investendo sempre più nella coprogettazione e nella coprogrammazione. L’assemblea dei soci di Solidarietà e Servizi, che si è svolta lo scorso 18 maggio, ha approvato il Bilancio Sociale della cooperativa e ha rinnovato la fiducia al Consiglio di Sorveglianza. Paolo Fumagalli è stato confermato alla guida della governance della cooperativa sociale. Con lui, fanno parte del Consiglio di Sorveglianza: Stefano Bombelli (avvocato), Michele Grampa (commercialista), Eugenio Randon (commercialista) e la new entry Sara Giampaoli (avvocato), subentrata a Federico Trombetta. A sua volta, il Consiglio di Sorveglianza ha riconfermato il management di Solidarietà e Servizi con Domenico Pietrantonio Presidente del Consiglio di Gestione, Stefano Zuccato (Vicepresidente), Laura Puricelli (Responsabile Area Autismo e Autonomie), Federica Carraro (Responsabile Amministrazione, Finanza e Controllo), Giacomo Borghi (Responsabile Area Residenziali e Domotica) e Filippo Oldrini (Responsabile Area Inserimento Lavorativo).  

«Ringrazio per la fiducia rinnovata», osserva Fumagalli. «Ringrazio i membri del Consiglio di Sorveglianza per questo triennio di lavoro insieme e, in particolare, Federico Trombetta per l’apporto proattivo nell’ultimo mandato; ringrazio Sara Giampaoli, avvocato del foro milanese, le cui competenze in materia amministrativa, di project financing e di coprogettazione, rappresenteranno un importante valore aggiunto per la cooperativa. Seguendo quanto delineato nel Piano di Impresa Sociale 2023-2025, è proprio   in questi ambiti dove vogliamo investire. È un piano di medio-lungo periodo che ci permetterà di fare sempre meglio quello che sappiamo fare meglio: la gestione diretta dei servizi alle persone disabili e fragili».

Lungo questa strada si inserisce il Consiglio di Gestione, impegnato in prima linea nel dare risposte ai bisogni. «L’ultimo anno, il 2022, è stato caratterizzato da cinque azioni: l’avvio del percorso che ci sta portando alla Valutazione di Impatto Sociale dei nostri servizi; l’aggiornamento dello Statuto, il nuovo regolamento per i soci e per i soci volontari; l’evento formativo “Tessitori di speranza” che ci ha permesso di ribadire la mission della nostra cooperativa; il nuovo Piano di Impresa Sociale 2023-2025 e la collaborazione con la LIUC – Università Cattaneo sullo sviluppo della domotica nelle nostre case», ricorda Pietrantonio. «La bussola del nostro operare è favorire l’autonomia delle persone di cui ci prendiamo cura e su questo aspetto vogliamo insistere, puntando sulla valorizzazione delle persone e dei loro talenti (lo scorso anno sono stati erogati ai lavoratori oltre 320.000 euro di risorse economiche aggiuntive rispetto al CCNL), con un’attenzione alla sicurezza sul luogo di lavoro e alla formazione». Su questa strada non mancano problemi e criticità. «Esiste anche a livello nazionale un’emergenza operatori – continua il presidente del Consiglio di Gestione -. Facciamo fatica a trovare persone da inserire nel nostro organico, in particolare educatori. È il risultato non solamente di una mentalità che guarda con maggior favore al settore pubblico, ma anche del venir meno di quella missione educativa che è il cuore di chi lavora con le persone. In questo, il nostro sforzo guarda al coinvolgimento del personale, a farli diventare parte di una vera impresa sociale». Ma c’è una seconda criticità: «I percorsi amministrativi di alcuni enti che continuano a guardare quasi esclusivamente alla formula dell’appalto e raramente scommettono sulla coprogettazione come indicato dall’articolo 55 del Codice del Terzo Settore. C’è anche una non disponibilità ad approfondire questi nuovi strumenti che vogliono il Terzo Settore non mero esecutore di politiche e programmi altrui, ma essere coprotagonista nell’ottica di un’amministrazione condivisa». In tutto questo, Solidarietà e Servizi prosegue sulla sua strada, forte di una identità e di una mission ben delineate e che si traducono in due elementi: «Un 5xMille che chiediamo perché continuiamo nel percorso di innovazione e di sviluppo di nuovi servizi e attività sempre nell’ottica di prenderci cura delle persone con disabilità». Non certo secondo, «l’orgoglio di aver mantenuto stabile il numero di volontari che operano con noi, a fronte di un calo generale in Italia che sfiora il 16% negli ultimi otto anni».

In piena pandemia si cercava la speranza con la frase “andrà tutto bene”. «Noi la sostituiamo con “va tutto bene”. Non perché siamo degli inguaribili ottimisti, ma perché ci prendiamo cura delle persone con disabilità con strumenti, risorse, passione, disponibilità e dedizione. Lo sappiamo e vogliamo continuare a farlo nel rispetto del nostro pay-off: mai più soli … insieme ci riusciamo».

Il Centro Diurno Disabili di Cermenate diventa social e approda a Facebook e Instagram

Presentato il progetto che vedrà le persone con disabilità diventare protagoniste sui due popolari social network

Il Centro Diurno Disabili di Cermenate approda ai social. Parte all’inizio del prossimo mese di giugno il progetto di comunicazione e social media che vedrà coinvolte in prima linea le persone con disabilità che frequentano il CDD. «Il nostro obiettivo è duplice», spiega Gaia Spagnuolo, l’educatrice che ha sviluppato il progetto con il supporto di Silvio Pagliaro, il coordinatore del servizio che Solidarietà e Servizi gestisce in appalto per l’Azienda Speciale Consortile Galliano di Cantù. «Da una parte vogliamo raccontare il mondo della disabilità attraverso uno strumento attuale e moderno, vogliamo aprire una porta che possa coinvolgere non solamente quanti hanno a che fare con il CDD, ma anche tutti coloro che possono essere interessati e vogliono essere coinvolti; dall’altra, c’è l’obiettivo di far diventare le persone con disabilità le vere protagoniste. Il tutto, operando sulle loro capacità, facendo crescere l’autonomia, favorendo l’inclusione e valorizzando i loro punti di forza, all’interno di una visione dove ci si aiuta l’un l’altro e dove trova concretezza il claim della nostra cooperativa sociale “Mai più soli … insieme ci riusciamo”».

Seguendo la strada aperta con la webradio – www.escodiradio.it – che proprio da Cermenate è partita alla fine dello scorso anno, il progetto social «mira a sensibilizzare sul tema della disabilità», prosegue l’educatrice. Cambia lo strumento, non la finalità. «I social network sono uno strumento attuale, dalle grandi potenzialità. E come tutti gli strumenti, ciò che fa la differenza è come li si utilizza». E Gaia ha ben chiaro come usarli. Forte della sua giovane età (ha 24 anni) e di un entusiasmo contagioso, ha redatto un minuzioso progetto mettendo in prima linea lo scopo principale: «Far crescere l’autonomia e favorire l’inclusione delle persone con disabilità», spiega. «L’uso delle moderne tecnologie di interazione può diventare un momento piacevole capace di favorire il senso di coinvolgimento, ampliare la rete di contatti e incrementare l’autostima individuale». L’attenzione si è focalizzata sui due principali social network: l’ormai tradizionale Facebook e il popolare Instagram che per Solidarietà e Servizi rappresenta un’importante novità. Su questi saranno creati due profili distinti che verranno alimentati da post sviluppati ad hoc. «Partiamo dalla programmazione settimanale delle attività svolte al CDD per andare a raccontare il mondo della disabilità e far raccontare alle persone disabili quello che fanno e quello che provano», continua l’educatrice senza voler anticipare nulla, o come dicono i giovani, spoilerare alcuna informazione su quella che sarà la presenza social del CDD di Cermenate. «Andremo a costituire una redazione social che si occuperà dei contenuti; saranno vagliate le diverse sensibilità e i diversi approcci di tutti affinché ciascuno possa esprimersi al meglio». Dieci i nomi delle persone che saranno coinvolte direttamente: Teresa, Monica, Stefano, Karim, Federico, Michele, Kevin, Artur, Maria e Gianpiero. «Ma non saranno le uniche perché l’obiettivo è far diventare il progetto una presenza corale in rete e quindi anche le altre persone disabili del CDD parteciperanno indirettamente all’iniziativa». È prevista una prima fase di start-up, perché come tutte le novità il progetto ha bisogno di un periodo di lancio. A questa seguirà una seconda parte di assestamento e valutazione. Destinatari saranno non solamente le famiglie coinvolte, ma anche i Comuni dell’ambito territoriale canturino, gli altri servizi di Solidarietà e Servizi e l’Azienda Galliano, con l’obiettivo di arrivare ad acquisire almeno 300 follower.

Per il momento il progetto social del CDD è stato presentato all’Azienda Speciale Consortile Galliano, la committente del servizio, con un riscontro più che positivo. «È un progetto che parte bene perché trasmette tanto entusiasmo», commenta Gianpaolo Folcio direttore dell’Azienda Galliano. «Siamo sulla strada dell’integrazione e della relazione che, come nel caso della webradio, guarda con attenzione al coinvolgimento attivo delle persone con differente grado di disabilità. Si potenzia la comunicazione verso l’esterno, prendendo contatto con altre realtà e rendendosi visibili al di là del contesto “ovattato” alle volte poco conosciuto dei CDD e nella possibilità di veicolare un’immagine differente della persona disabile, non più limitata allo stereotipo del portatore di bisogni e problemi, ma ripensabile come soggetto attivo in grado di ideare, proporre, scegliere, creare».

Non resta che restare connessi per non perdersi il lancio delle pagine social.  

L’arte del Centro Socio Educativo Oltre vince la sfida: la creatività diventa autostima

Dal progetto di pittura del CSE di Busto Arsizio è nata una mostra con tutti i quadri realizzati dai ragazzi che sono stati poi acquistati in una particolare asta

Spazio all’arte, al colore e alla creatività. Perché quando si lasciano libere le proprie abilità e i propri talenti, i risultati arrivano. È quanto hanno vissuto i ragazzi del CSE – Centro Socio Educativo – Oltre di Solidarietà e Servizi che, dal laboratorio di pittura, hanno saputo dare vita a una mostra e riuscire a “vendere” tutti i quadri prodotti. Un bel progetto orchestrato da Massimo Celiento, educatore e artista, condiviso da tutti i colleghi dell’equipe e sfociato in una soddisfazione ancora più grande per tutti gli ospiti del CSE. «Sono stato molto orgoglioso del mio quadro, anche se non era del tutto perfetto», ricorda Alessandro. «Nonostante la sbavatura del bianco, il risultato è stato bello. Lo avrei anche regalato magari a qualcuno in difficoltà». Il mettersi alla prova con i colori è stata una vera avventura. «Me ne sono inventati alcuni facendomi anche trascinare dalle belle emozioni provate mentre dipingevo», racconta Emanuele. Ma c’è stato anche chi ha avuto fin dall’inizio le idee chiare. Come Paolo, che ha scelto il rosso e il nero: «Sono stato deciso fin da subito sui colori da usare per il mio primo quadro. E mi sono divertito molto». Così anche Riccardo: «A me è piaciuto fare il quadro. Mi sentivo tranquillo, ho scelto i miei colori preferiti ed è stato subito semplice, anche se era la prima volta». Oppure Francesca, non nuova a un rapporto con una tela: «Non era la prima volta che dipingevo, ma mi è piaciuto scegliere i colori per il mio paesaggio. Bella anche la soddisfazione vedere l’attenzione che ha registrato il mio quadro». Non ultimo Matteo che, oltre alla soddisfazione di misurarsi con la pittura, «mi è piaciuto dare un motivo di orgoglio alla mia famiglia», già pensa alla prossima mostra: «Perché non la organizziamo in una piazza, così i nostri quadri possono essere visti da tante persone?»

Tutto è nato da una passione, oltre che da una competenza e una professionalità, che Massimo ha voluto condividere con le persone disabili che frequentano il CSE di Busto Arsizio. «Sono educatore, ma sono anche artista, è una passione che coltivo da tempo e che mi ha portato a fare dei laboratori nelle scuole», racconta. «L’idea di proporli anche al CSE Oltre è piaciuta. Così sono state comprate le tele e ogni venerdì a piccoli gruppi i ragazzi si sono messi alla prova per fare il loro quadro lasciando libero sfogo alla loro creatività, anche attraverso diverse tecniche, dallo scotch alla spuntinatura. Così i quadri sono nati spontaneamente: ciascuno ha scelto i colori che più gli piacevano, è partito da un’idea e l’ha messa su tela». Sarebbe però stato riduttivo lasciare i quadri nel CSE. Da qui è nata l’idea non solamente di farne una mostra, ma di metterli a disposizione lasciando un’offerta. «Accanto alla valorizzazione della propria espressività si è voluto incentivare anche l’aspetto dell’autostima perché fare un quadro non basta, è importante sapere che è apprezzato anche da altri. E il vedere che alcune opere sono state “contese” dai visitatori nella particolare “asta” che è stata proposta, ha dato forza al progetto e posto l’accento sulle capacità che ciascuna persona ha».

Insieme ci riusciamo: il 5 per Mille a Solidarietà e Servizi

La cooperativa sociale lancia la campagna 2023: basta una firma per compartecipare nel condividere e dare risposte ai bisogni delle persone disabili e fragili

Una firma non costa nulla, eppure è fondamentale per sostenere un’attività come quella di Solidarietà e Servizi. La cooperativa sociale lancia anche in questo 2023 la campagna “5 per Mille”; più che un appello, l’invito a compartecipare alla mission di Solidarietà e Servizi per rispondere con sempre maggiore puntualità, professionalità e umanità ai bisogni delle persone con disabilità. Il claim “Mai più soli … insieme ci riusciamo”, che accompagna la cooperativa da più di 40 anni, è il filo conduttore di un approccio unico, capace di mettere veramente al centro la persona e di creare occasioni di crescita e di sviluppo dell’autonomia di ciascuno, fino all’inserimento lavorativo.

«Ci prendiamo cura di oltre 4 mila persone con disabilità e fragili e vogliamo continuare a farlo insistendo soprattutto sull’agire insieme», precisa il presidente del Consiglio di Gestione di Solidarietà e Servizi, Domenico Pietrantonio. «È proprio dalla parola “insieme” che emerge la diversità di un approccio e la volontà di trovare risposte adeguate e innovative ai bisogni. Non da soli, ma insieme. E il “5 per Mille” ci permette di fare leva sulla compartecipazione: l’essere partecipi di una progettualità».

Il grande sogno di Solidarietà e Servizi è ampliare il proprio raggio di azione, aumentare il numero di persone di cui prendersi cura nei servizi diurni, nelle case e offrendo loro un lavoro, per accompagnarle in un cammino personalizzato che sia in grado di valorizzare ciascuno dei loro talenti. «Tra gli altri il nostro desiderio è quello di dare nuove possibilità di lavoro, che sia lavoro vero, a chi invece è costretto ai margini del mondo del lavoro», prosegue Pietrantonio. «Per esempio: facciamo lavorare ad oggi 61 persone disabili e fragili attraverso i nostri servizi e le nostre attività, inoltre più di 45 sono coinvolte in percorsi di inclusione o di avvicinamento al lavoro o alle autonomie». Il “5 per Mille” può essere uno strumento per dare un’occasione concreta in più a quanti hanno qualche opportunità in meno. «Ma è soprattutto la condivisione di un progetto che dà valore alle persone disabili e fragili».

Il tutto senza nemmeno dover mettere mano al portafoglio: basta infatti una firma e indicare il codice fiscale di Solidarietà e Servizi 00782980122.

Grazie.

Sostenere i lavoratori disabili e fragili: il progetto “L’Isola che non c’era”

Solidarietà e Servizi si è fatta promotrice di un intervento dedicato alle persone con disabilità con azioni inclusive per non lasciarle sole

«Ho riscoperto cosa significa avere una casa che sia un luogo tutto mio e il gusto di scegliere cose che mi piacciono per renderla bella», sono le parole di Giacomo, arrivato in cooperativa senza casa dopo uno sfratto e che dopo un lungo percorso di housing sociale si è visto finalmente assegnare la “sua” casa popolare. C’è poi Umberto, settantenne con un grave ritardo mentale che tutte le mattine arriva a piedi (puntuale) al “capannone” di viale Toscana a Busto Arsizio (da quasi 20 anni) per la sua “giornata lavorativa”, che dà ordine alla sua vita e gli ha fatto guadagnare il rispetto e l’amicizia di tutti i “colleghi”. Oppure Serena, socia lavoratrice storica della cooperativa, che ha timore del «tempo vuoto» della pensione e chiede «vero che dopo posso continuare a venire qui, se voglio? Mi volete?» Queste sono solamente alcune delle storie cui si rivolge il progetto L’ISOLA CHE NON C’ERA ideato e realizzato da Solidarietà e Servizi e che va a rispondere a precisi bisogni spesso non riconosciuti e trasversali rispetto alle tradizionali modalità di risposta sociale, ma che possono dare origine a complesse situazioni di emarginazione o di esclusione.

«Dalla rete con i Servizi Sociali e di Cura e dalle Cooperative sociali di tipo B sta emergendo la consapevolezza della crescita di una nuova fascia di fragilità, costituita da persone con grandi difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, o per le quali il periodo pandemico ha acuito o fatto emergere problematiche psichiche o di dipendenza», spiega Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi. «Per queste persone l’inserimento lavorativo necessita di tempi molto lunghi e deve essere effettuato in contesti protetti e supportati. C’è quindi la necessità di avere sul territorio delle “isole inclusive”: ovvero luoghi contemporaneamente lavorativi e educativi che consentano, con l’ausilio di figure specializzate, di prendersi cura dei bisogni di queste persone e di aiutarle a acquisire o riacquisire competenze trasversali e sociali oppure di accompagnare dignitosamente i lavoratori più compromessi alla fine del loro percorso, evitando che vengano espulsi dal contesto produttivo».

Come dice il nome, L’ISOLA CHE NON C’ERA di fatto non c’era. O meglio: c’era – è il ruolo sociale che le Cooperative sociali di tipo B hanno sempre svolto – ma era invisibile e, a causa della congiuntura economica, sempre più a rischio di sparire. E queste persone finite ai margini di un sistema di integrazione che non riusciva a tenere conto anche di loro? «Spesso sono lasciate sole, senza la possibilità di accedere a un percorso loro dedicato, oppure accolte si dalle cooperative, ma senza la forza di dare al loro percorso una prospettiva costruttiva», risponde Oldrini. Ecco perché abbiamo voluto portare questa realtà sotto gli occhi di tutti con il progetto ISOLA CHE NON C’ERA

Base di partenza è uno dei capisaldi dell’azione di Solidarietà e Servizi: il lavoro vero. «Lavoro vero significa un lavoro con un’utilità reale. Il fatto che la Cooperativa sia – e debba essere – un ambiente attento ai bisogni e alle difficoltà delle persone disabili e fragili non significa fare “sconti” sulla qualità del lavoro o sulla fatica. Significa, invece, che si può sbagliare e riprendere tutte le volte che è necessario per fare un passo e che c’è qualcuno disposto a fare un pezzettino in più per finire insieme quello che si è cominciato.

Il fondamento di tutto questo è qualcosa che troppo spesso diamo per scontato: il valore del lavoro nella vita di un uomo e come questo gli dia dignità e un “posto nel mondo”»

In un contesto integralmente lavorativo, L’ISOLA CHE NON C’ERA si prefigge quindi non solamente di accompagnare le persone non più produttive o espulse dal contesto lavorativo nel passaggio verso un diverso “status”, attraverso percorsi di inclusione sociale che possano comunque far mantenere loro una dignità e una strutturazione costruttiva del quotidiano; ma anche di attivare figure di sostegno sociale, educativo e professionale che possano aiutare il lavoratore fragile ad affrontare i momenti di crisi, creando intorno a lui una vera rete sociale. «Realizzare un’“isola inclusiva” è dare vita a un luogo dove le persone disabili e fragili possono trovare o ritrovare la dignità dell’essere lavoratori, ma senza dover rispondere a standard prestazionali per loro non sostenibili. Questo spazio diventa anche il luogo privilegiato in cui far approcciare al lavoro in un contesto produttivo persone giovani inserite in strutture o in progetti per la disabilità».

Il tutto fortemente inserito in una rete territoriale, senza la quale non sarebbe possibile nessun risultato, con i Servizi sociali, i centri psico sociali (CPS), i Servizi di Inserimento Lavorativo e le Aziende. «Una rete dove pubblico e privato si uniscono per condividere e dare insieme una risposta concreta a un bisogno reale».

Quest’anno L’ISOLA CHE NON C’ERA ha un’opportunità in più per realizzare i propri scopi. Solidarietà e Servizi, infatti, ha ottenuto, nell’ambito del Bando Interventi Sociali, l’importante sostegno di FONDAZIONE COMUNITARIA DEL VARESOTTO ONLUS ( www.fondazionevaresotto.it ) che permetterà di aumentare il numero di persone seguite e di incrementare le prestazioni specialistiche a loro favore. Infatti, nei primi sei mesi di progetto, oltre a continuare sostenere le oltre 20 persone già accolte, è stato possibile attivare tre nuovi percorsi di sostegno specialistico o sanitario, totalmente gratuiti per i beneficiari, e quattro interventi sociali per il supporto di persone in situazioni di crisi.

Grazie alla Fondazione è possibile contribuire ulteriormente al progetto con una donazione collegandosi direttamente al link seguente: https://www.fondazionevaresotto.it/i-progetti/lisola-che-non-cera/

Autismo, con Pollicino e Avanti Tutta i ragazzi crescono e costruiscono il loro futuro

I progetti e i servizi dedicati agli adolescenti e ai piccoli con sindrome dello spettro autistico raccontati da chi li vive direttamente

Loro sono Paolo, Gabriele, Mattia, Thomas, Olaf, Fabio e Mirko e sono degli adolescenti. In comune hanno tanta voglia di diventare grandi e il fatto di partecipare al progetto Avanti Tutta di Solidarietà e Servizi, nato per dare continuità al servizio Pollicino dedicato ai più piccoli. In comune hanno anche l’essere affetti da patologie dello spettro autistico, un fattore che però non pone limiti alla loro una voglia di crescere, di esplorare, imparare e fare sempre nuove esperienze; una voglia che è tipica di ogni adolescente. È un’energia che ha bisogno solamente di essere convogliata nella direzione giusta per fare in modo che il cammino per diventare adulti possa per loro essere proficuo. Ma, per quanto siano ancora “piccoli”, hanno le idee già chiare sul loro futuro. Tra un misto di desiderio e di fantasia non nascondono le loro passioni. Intanto stanno crescendo con consapevolezza. «Siamo contenti di diventare grandi. È un passaggio che abbiamo capito – e vissuto – anche attraverso il cambiamento del nostro corpo», raccontano all’unisono. «C’è chi si è visto spuntare la barba e chi ha sentito il cambiamento della propria voce. Anche se quella di Gabriele rimane quella più forte e profonda». Ma non si è trattato solamente di passaggio anagrafico. Con Avanti Tutta, ciascuno ha potuto sperimentare e vivere nuove esperienze e sensazioni. «Avanti Tutta ci aiuta a diventare grandi», rivela Mattia. Come? «Facendo tante attività, come ad esempio la spesa». Ma anche «l’attività con i cani che ci permette di scoprire e relazionarci con questi bellissimi animali» dicono Mirko e Thomas e «l’educazione fisica: è bello fare del movimento», aggiunge Fabio. E sul loro futuro non hanno dubbi e ambizioni: se la meccanica ha un grande fascino per Thomas e Mirko, Fabio si immagina alla cloche di un aereo, mentre Mattia si vede agente immobiliare. La natura, che sta nel cuore di Paolo, lo porta a indicare il boscaiolo come professione futura; Olaf invece punta al centro di un campo di calcio per fare l’arbitro.

Diventare grandi però ha anche altri significati. Non è solamente vedersi nel futuro, ma è costruirlo. Come? «Facendo gruppo e gestendosi in maniera più autonoma nelle varie situazioni, anche senza il costante supporto di figure esterne. Sono queste le cose che mio figlio Mattia ha imparato maggiormente in soli sette mesi di Avanti Tutta», dice il papà Ambrogio.  «Il merito è nelle molte attività che vengono proposte sia a livello sportivo, sia a livello di svago con giochi e qualche uscita serale, in pizzeria o al pub con gli altri ragazzi, sviluppando aggregazione in un ambiente diverso dal CDD (Centro Diurno Disabili)». Inoltre, «accoglie in modo sempre positivo le varie novità che gli vengono prospettate, affrontandole con la giusta curiosità del “nuovo”. Ho avuto modo di constatare anche una migliore esposizione di fatti e azioni svolte, esplicate, con un linguaggio essenziale, ma un po’ più articolato, usando anche nuove terminologie e contestualizzandole in modo corretto come ha sempre fatto. Avanti Tutta ha il pregio di offrire una proposta molto variegata che, a mio avviso, non permette di instaurare routine ma crea sempre nuovi stimoli. Mattia è inserito in un progetto educativo ben strutturato volto a farlo crescere anche dal punto di vista della conoscenza del “sé”, imparando a gestire le proprie emozioni, punti di forza e propri limiti».

Il cammino di Avanti Tutta inizia comunque prima con Pollicino. È qui che fin da piccoli i ragazzi iniziano a muovere i primi passi verso l’autonomia. «Le molteplici proposte che vengono fatte sono di grande stimolo per i nostri “bambini”», dice Carmela, mamma di Gemma che frequenta da due anni Pollicino. «Il lavoro proposto agisce sull’atteggiamento del bambino, anche correggendo quello che viene chiamato l’atteggiamento-problema. In un ambiente così stimolante Gemma sta crescendo tantissimo. Si rende conto delle persone che sono attorno a lei, non rimane isolata ma si apre agli altri. E questo è un punto fondamentale del suo percorso di crescita».

Tutti questi fanno parlare di obiettivi centrati. Come dice Laura Puricelli responsabile area Autismo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Avanti Tutta così come Pollicino nascono sulla base della centralità che la cooperativa sociale dà al termine autonomia: non è solamente il saper fare delle cose, ma è quella crescita personale che si basa sul progetto di vita che viene sviluppato per una persona disabile e che muove dalla volontà di valorizzare i talenti di ciascuno. E lo facciamo entrando a far parte di una rete e creare integrazione con il tessuto cittadino».

Benessere collettivo e sviluppo sostenibile: il nuovo modello della sussidiarietà

Solidarietà e Servizi Fondazione ha organizzato a Cassano Magnago la presentazione del Rapporto 2022 della Fondazione per la Sussidiarietà: dalla collaborazione nascono gli elementi per superare la crisi

Un nuovo modello è possibile: la sussidiarietà contribuisce al benessere collettivo. Partecipare ad attività sociali e di volontariato migliora la qualità della vita e riduce il rischio di povertà. È quanto emerge dal Rapporto 2022 della Fondazione per la Sussidiarietà che è stato realizzato in collaborazione con ISTAT e che è stato presentato mercoledì 23 marzo nell’evento organizzato dalla Solidarietà e Servizi Fondazione nell’ex chiesa di San Giulio a Cassano Magnago. La cooperativa sociale Solidarietà e Servizi, fondatrice e socio unico dell’omonima Fondazione, ha scelto un territorio a cui è molto legata per un appuntamento importante, «capace di testimoniare quanto la coprogettazione e la coprogrammazione siano alla base di un nuovo modello di sviluppo, di un approccio sussidiario nell’ambito del quale pubblico e privato non sono “l’un contro l’altro armati”, ma collaborano per la crescita del benessere comune», ha introdotto il Presidente del Consiglio di Gestione di Solidarietà e Servizi, Domenico Pietrantonio seduto al tavolo insieme con Giorgio Vittadini Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Federico Visconti, Rettore della LIUC – Università Cattaneo e Patrizio Tambini, Vicepresidente di Confcooperative Insubria. «La storia della cooperativa sociale a Cassano Magnago inizia nel 1998 e qui oggi gestisce quattro servizi: un centro diurno disabili, due case per persone con disabilità e un servizio per l’inserimento lavorativo. Ci prendiamo cura di 240 persone attraverso un modello che ha la sussidiarietà alla base». Una sussidiarietà che «è profondamente legata alla solidarietà», gli ha fatto eco il Sindaco di Cassano Magnago, Pietro Ottaviani, che è entrato subito nel merito del tema parlando di «cittadino partner» e richiamando il concetto di responsabilità per don Lorenzo Milani, «un concetto fatto di partecipazione e impegno».

È partendo dal basso, da una spinta frutto di una cultura sussidiaria che è possibile raggiungere uno sviluppo sostenibile. «In questo rapporto “Sussidiarietà e … sviluppo sociale” (come anche recitava il titolo della serata, ndr) siamo andati a misurare l’atteggiamento personale, riscontrando che la collaborazione può fare la ricchezza di un territorio», ha detto Vittadini illustrando i contenuti del Rapporto 2022. «Il BES, ovvero il Benessere Equo Sostenibile identificato da ISTAT, calcola anche lo sviluppo. E scopriamo che chi ha un atteggiamento relazionale e partecipa alle attività sussidiarie ha degli importanti benefici in termini di occupazione, lavoro e minor rischio alla povertà. Chi è attivo sul fronte del volontariato e in ambito non profit si mette in moto, generando benessere. Testimonianza viva e concreta l’abbiamo in Solidarietà e Servizi: più che una cooperativa sociale, una realtà imprenditoriale capace di mettere in azione, capace di creare lavoro». In sintesi: «La sussidiarietà migliora la vita e favorisce lo sviluppo sociale», ha proseguito il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. In questo contesto, il terzo settore gioca un ruolo nodale. «La coprogettazione e coprogrammazione rappresentano dei pilastri dello sviluppo. Questo Rapporto è un punto di partenza; per provare a uscire dalla crisi occorre una valorizzazione intelligente di realtà come Solidarietà e Servizi, realtà capaci di collaborare mettendo al centro il bene comune».

Esempi di come l’approccio sussidiario possa dare un valore aggiunto sono stati portati dal Rettore della LIUC. «Lo scenario che abbiamo davanti è cambiato: gli enti del terzo settore hanno assunto una dimensione di management importante e la distanza tra profit e non profit si sta restringendo», ha detto Visconti. In questo quadro è chiaro che la direzione da perseguire è la collaborazione. Come quella avviata tra Solidarietà e Servizi e LIUC. «Abbiamo trovato una formula originale per sostenere un assegno di ricerca. Per noi questo ha una valenza simbolica importante e per la cooperativa sociale è l’opportunità di far crescere un giovane ricercatore nello studio di soluzioni domotiche che possano favorire l’autonomia delle persone con disabilità». Così anche Tambini che ha testimoniato il fermento che stanno vivendo le cooperative. «Rappresentano tradizionalmente la risposta a un bisogno che nasce dal basso; non aspettano le istituzioni, ma dalle istituzioni vogliono supporto». Gli esempi concreti sono molti in ambito sociale. «Ma oggi le cooperative stanno dimostrando che non c’è il monopolio del pubblico nelle politiche attive del lavoro, così come nell’accoglienza dell’immigrazione. Il concetto di sussidiarietà apre nuove frontiere e rilancia dal basso la necessità di un’assunzione di responsabilità diffusa». E quando si parla di lavoro, di lavoro vero, Solidarietà e Servizi è capace di essere un punto fermo. «Facciamo lavorare 62 persone disabili e fragili e ne abbiamo 11 in formazione. Vorremmo arrivare ad assumerne 100, perché con un’occasione di lavoro queste persone possono cambiare la loro vita. L’appello che rivolgo ad aziende, enti e professionisti è di affidarci commesse, aiutarci a reperire lavoro per dare sempre più risposte», ha concluso Pietrantonio.

Nasce la nuova Casa di Via Francana: a Pavia prende corpo il progetto per Paride, Stefano e Michele

La volontà di condividere e dare risposta al bisogno di tre persone con disabilità ha portato all’avvio di un altro progetto sviluppato insieme da Solidarietà e Servizi e dall’Associazione Un Nuovo Dono

Diventare grande alla soglia dei 50 anni. È la scelta che ha fatto Paride, persona con disabilità del CDD – Centro Diurno Disabili – le Betulle di Pavia e che ha portato alla nascita della nuova Casa di Via Francana, l’housing realizzato dalla Cooperativa Sociale Solidarietà e Servizi e dall’Associazione Un Nuovo Dono che ospiterà Paride insieme con due suoi amici, anche loro disabili, Stefano e Michele. Il tutto è nato dal desiderio di Paride. «Da tre anni vivo con mia cugina Maristella e ci vogliamo tanto bene. Ma ho capito che, per stare bene entrambi, abbiamo bisogno di avere i nostri spazi, stare in due case separate. Sto provando a vivere da solo, ma faccio fatica, anche se so che la fatica mi aiuta a crescere», racconta Paride. «Così ho chiesto a due miei amici di venire a vivere con me. La casa è in ristrutturazione, avrà un bel pavimento in legno con le venature; quando sarà terminata potrò ospitare mia cugina a pranzo, come una persona adulta».

Sarà una casa vera e propria, voluta, pensata e progettata sulle esigenze di quelli che sono i bisogni delle persone che la vivranno. Infatti, partendo dall’esperienza della Casa di Via dei Liguri, che è aperta dal 2018, Solidarietà e Servizi e l’Associazione Un Nuovo Dono stanno così rispondendo al bisogno di Paride, ma anche a quelli di Stefano e Michele: diventare adulti. «La Casa di Via Francana non è una replica di quella di Via dei Liguri, ma è un progetto che nasce dai bisogni specifici delle persone che la abiteranno. Abbiamo intercettato la fatica di tre famiglie e valutato anche la compatibilità di far convivere tre persone con disabilità. Il risultato è nel poter dare la possibilità a Paride, Stefano e Michele di realizzarsi proprio come persone e alle famiglie di staccarsi da una situazione che stava diventando faticosa», spiega Simona De Alberti, referente di Solidarietà e Servizi per la città di Pavia. La Casa di Via Francana «nasce dalle legge sul Dopo di Noi ed è realizzata su misura per le persone che l’abiteranno». Si concretizza così quel «camminare insieme che contraddistingue il modo di operare della Cooperativa Sociale. In questo stare insieme c’è anche la necessità di prendere consapevolezza che i bisogni nel corso della vita possono cambiare. E a questi bisogni sappiamo dare risposta attraverso una coprogettazione personalizzata dove intervengono la persona interessata, la famiglia, la rete dei servizi con istituzioni ed enti pubblici e gli operatori».

Formalmente la Casa di Via Francana è la casa di Paride: un appartamento composto da tre locali che con il suo amministratore di sostegno ha deciso di mettere a disposizione in comodato d’uso all’Associazione Un Nuovo Dono. Le mura però necessitavano di un intervento di ristrutturazione anche per adeguare gli spazi al nuovo utilizzo. «È stato fatto un lavoro importante che tutti i soggetti coinvolti hanno sentito come proprio», precisa Brunello Reali, socio dell’Associazione Un Nuovo Dono che sta seguendo le operazioni di ristrutturazione degli spazi. «Tutto è partito da Paride, dal suo entusiasmo e dalla sua voglia di poter crescere. Attorno a lui progettisti e maestranze sono andati ben oltre il loro dovere e si sono lasciati coinvolgere in quello che è un lavoro condiviso a tutti gli effetti, partecipato e soprattutto guidato dalla voglia di dare l’opportunità alle tre persone interessate di vivere un’esperienza positiva; avere una vita normale, avere una casa dove vivere e crescere insieme». I lavori sono orami alle fasi finali, l’apertura della nuova Casa è prevista nel mese di aprile.

La storia del Palio di Legnano passa da Solidarietà e Servizi

La Fondazione Palio ha affidato alla cooperativa sociale la digitalizzazione dell’archivio storico: una scelta dal valor aggiunto per far crescere in autonomia le persone disabili e fragili

La storia del Palio di Legnano passa da Solidarietà e Servizi e acquisisce un valore aggiunto. Accanto a quello storico, con gli importanti documenti che raccontano le varie manifestazioni rievocative della Battaglia di Legnano, c’è la crescita in autonomia delle persone disabili e fragili della cooperativa sociale coinvolte nel progetto. La Fondazione Palio di Legnano ha infatti affidato al reparto di Gestione Documentale dell’Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi la digitalizzazione di tutto l’archivio storico del Palio, oltre mille pagine che, come dice Emiliano, il quale fa parte del team di 19 persone che lavorano al Centro Servizi documentale della cooperativa sociale, «ci rende un po’ orgogliosi: se un giorno qualcuno vorrà studiare la storia del Palio, lo potrà fare attraverso i documenti che noi abbiamo digitalizzato. Questo lavoro è particolarmente interessante sia perché mi permette di coltivare la mia passione per la storia, sia perché così posso partecipare alla costruzione di una memoria locale, operando a stretto contatto con le fonti principali, ovvero i documenti originali». Un tassello in più per Emiliano; un lavoro che gli permette di attuare il suo progetto di vita e proseguire nel cammino verso la crescita personale e in autonomia.

«Lo sappiamo bene: affidarsi a Solidarietà e Servizi ha un valore aggiunto», dice Luca Roveda, vicepresidente della Fondazione Palio di Legnano. «La cooperativa sociale è un partner affidabile, che dà garanzie a livello professionale. Non solo. Facendo lavorare persone con disabilità e fragili, individuando le mansioni più adatte per valorizzare i talenti di ciascuno, permette di creare benessere; un benessere che si moltiplica. La persona coinvolta nel lavoro trova soddisfazione e gratificazione, oltre alla possibilità di crescita. E questo si riversa anche sul suo contesto familiare. La professionalità e la qualità del lavoro sono così impreziosite da un impatto sociale che va oltre la semplice commessa».

In concreto, il lavoro affidato prevede la digitalizzazione dei documenti del Palio di Legnano provenienti dall’archivio delle contrade e da archivi privati. Un patrimonio che era disperso tra diversi soggetti conservatori e che, grazie all’iniziativa della Fondazione Palio di Legnano, sarà raccolto, digitalizzato e reso disponibile in quello che è stato chiamato HistoryLab. «Sono documenti che coprono circa 60 anni di storia e che rappresentano una memoria ineguagliabile. Ci sono ad esempio il regolamento del primo Palio, ma anche diari e verbali del Collegio dei Capitani, registri, pubblicazioni e la rassegna stampa con gli articoli dei giornali dell’epoca», spiega Giorgia Bombelli, responsabile del reparto Documentale di Solidarietà e Servizi. È un lavoro complesso, dove la complessità non è dettata solamente dalla diversità dei supporti da digitalizzare. «Ci sono pubblicazioni rilegate, quaderni scritti e illustrati a mano, articoli di giornale e materiale promozionale del tempo, in formati diversi, dai volantini fino ai manifesti», aggiunge Federica, team leader del progetto di Solidarietà e Servizi. «La complessità è data anche dal materiale datato e, quindi, spesso fragile, che deve essere maneggiato con estrema cura, oltre che dal metodo di lavoro dove il confronto con il cliente è costante». In questo, protagoniste sono le persone disabili e fragili che vi lavorano. «Ciascuno ha un motivo in più perché parliamo di lavoro vero, tarato sulle reali potenzialità della persona, per far emergere i suoi talenti e permettere una crescita personale e in autonomia».