«Incontro e accoglienza: qui ho vissuto il vero valore del nostro Insieme ci riusciamo»
Memoria storica di Solidarietà e Servizi, Massimo Sangalli va in pensione dopo 38 anni vissuti in ascolto dei bisogni, ma soprattutto dei desideri delle persone di cui si è preso cura
Cambiare prospettiva. Mettersi dall’altra parte per guardare ai bisogni di una persona. Non importa se davanti a noi ci sono persone fragili, con disabilità fisiche o psichiche, leggere oppure particolarmente complesse: l’importante è saper camminare insieme. E “insieme” è il grande insegnamento che Massimo Sangalli ha fatto suo nei 38 anni di attività in Solidarietà e Servizi. Assunto nel 1986, a luglio ha lasciato il coordinamento del Centro Diurno Disabili (CDD) di Marnate ad Annalisa Dabraio per la meritata pensione.
Quell’ “insieme ci riusciamo” che muove Solidarietà e Servizi da 43 anni è diventato per Massimo approccio globale alla persona, visione del lavoro come luogo educativo e attenzione ai bisogni ma soprattutto ai desideri delle persone. «La mia esperienza in Solidarietà e Servizi ha avuto inizio nel 1984 con gli 11 mesi di servizio civile», ricorda Massimo. «Da allora è stato un cammino fatto insieme, fatto di servizi, di persone, di formazione, di responsabilità ma soprattutto di crescita insieme. Quando ho iniziato, con me c’erano ragazzi miei coetanei. Paolo, che oggi è al CSE – Centro Socio Educativo – di via Isonzo, ma anche Marco, Pier, Maurizio, Tullio, Alberto, Stefano e Mario: siamo diventati grandi insieme. Tanti giovani uomini che in quel periodo provavano a mettere le mani sulla realtà per farla diventare un pochino più interessante».
Memoria storica della cooperativa, che ha seguito passo passo l’ampliamento delle strutture e dei servizi, Massimo ha assistito alla nascita del primo SFA – Servizio di Formazione all’Autonomia – di Solidarietà e Servizi, «anche se ai tempi il servizio aveva una valenza molto più rivolta verso l’assistenza. Quell’assistenza che permette di avere momenti privilegiati con i ragazzi attraverso i quali conoscersi, fidarsi, far emergere le cose più belle ma anche quelle più dolorose». Il lavoro insieme alle persone con disabilità è stato al centro della sua attività iniziale. «Negli anni Novanta iniziavano a esserci le convenzioni lavorative attraverso le quali alcuni nostri ospiti potevano entrare nel mondo del lavoro: imparavano non solamente a lavorare, ma soprattutto la passione per il lavoro. Perché si possono imparare tutte le operazioni da fare, ma se non si impara la passione si perde la realtà».
Seguendo l’evoluzione normativa dell’ambito socio-sanitario, Massimo è diventato dapprima responsabile della qualità e dei trasporti per Solidarietà e Servizi, per poi essere nominato coordinatore del CDD – Centro Diurno Disabili – di Marnate, servizio storico nonché centrale per la cooperativa sociale. «Una grande responsabilità e una bella sfida che ho accettato ciecamente, fidandomi di chi mi aveva affidato l’incarico», ricorda. «Ho fatto mio il principio della responsabilità, sentendomi responsabile verso gli ospiti, le loro famiglie, i colleghi e la cooperativa stessa». In questa visione globale si inserisce la presa in carico totale della persona. «I rapporti che ho tentato di creare con le persone delle quali ci prendiamo cura sono sempre stati caratterizzati dalla volontà di collaborazione, amicizia quando possibile e dialogo serrato, sempre con lo scopo da una parte di accogliere il bisogno e dell’altra di tentare di scoprire quale fosse il vero desiderio dell’ospite ma anche dei suoi familiari. Così mi è capitato di scoprire delle cose eccezionali: ricordo Alberto i cui genitori erano un po’ troppo protettivi. La mamma, una donna straordinaria, non lo lasciava mai solo. Ma un giorno Alberto ha detto quello che voleva: “I miei genitori mi trattano come un epilettico”. È stato il punto di svolta del nostro percorso educativo. Aveva un desiderio di adultità».
È nell’ascolto, nel rapportarsi che si cresce insieme. «È il lavoro fatto a Marnate: aprire il servizio al territorio e alla comunità perché, come spesso ci è stato riferito, le persone che sono venute a trovarci ne sono uscite arricchite. Come ha detto il professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà: “Il nostro metodo di conoscenza è l’incontro”. E ho sempre desiderato incontrare le persone: non c’è modo diverso per conoscere la realtà, se non incontrarla. E incontrare è non avere pregiudiziali».
Dall’incontro nasce la pienezza. «Quando ero responsabile del servizio trasporto, ricordo cosa mi disse un volontario. Era un ingegnere informatico che pur di venire da noi aveva rinunciato a fare delle consulenze retribuite. Gli chiesi il perché. Disarmante, ma vera la risposta: “Qui mi sento pieno”, mi disse. È quanto capita quando ci avviciniamo agli altri, li ascoltiamo e li accogliamo. È una sensazione impagabile».