Dopo la pandemia, come uscire dalla psicopandemia

Solidarietà e Servizi Cooperativa sociale e il Centro di psicoterapia Essere Esseri Umani di Varese hanno promosso un incontro per tracciare la strada per coltivare il benessere delle persone

La formazione come elemento per poter affrontare gli scenari post Covid. Per Solidarietà e Servizi passa da qui la risposta ai nuovi bisogni che l’emergenza sanitaria ha lasciato su tutti noi. Spesso non problematiche visibili, ma ferite interne che però condizionano, anche pesantemente, la vita e la quotidianità di ciascuno. Si è svolto lo scorso 9 giugno il secondo appuntamento di formazione dedicato agli assistenti sociali e agli operatori della mediazione lavorativa, ma anche educatori e personale ausiliario della cooperativa sociale, al quale sono stati invitati gli operatori sociali degli enti locali e territoriali con cui Solidarietà e Servizi collabora da tempo, che ha fatto focus sugli aspetti psicologici della pandemia. Solidarietà e Servizi e il Centro di psicoterapia Essere Esseri Umani di Varese (www.essereesseriumani.it) hanno proposto l’incontro online “Uscire dalla psicopandemia”, iniziativa che ha dato seguito al percorso avviato nell’autunno scorso con “Covid. Trauma negato”, guidato dalla psicoterapeuta Marta Zighetti.

Un’iniziativa importante quanto necessaria, come testimoniato dagli oltre 70 partecipanti (il 25% esterno alla cooperativa sociale), che dapprima ha voluto indagare i sintomi di un malessere nascosto e poi ha cercato di dare delle risposte, delle soluzioni per affrontare situazioni nuove, per certi aspetti sconosciute, ma che possono influire pesantemente sulla qualità della vita. La persona è stata messa al centro di un’ampia riflessione: dapprima sono stati indagati i traumi invisibili lasciati dalla pandemia, perché senso di stanchezza, assenza di progettualità, ma anche isolamento sociale volontario nonché irritabilità e diffidenza nei confronti dell’altro non sono normali conseguenze di una situazione difficile e complessa determinata dall’emergenza sanitaria, ma i risultati di mesi vissuti tra limitazioni, chiusure e paure. Per chi, come Solidarietà e Servizi, si prende cura delle persone più fragili, saper leggere questi fenomeni diventa fondamentale per continuare a essere vicini a chi ha qualche difficoltà in più. Ma, ancora di più, è importante tracciare una via d’uscita.

«I traumi da pandemia vengono solitamente negati e sottovalutati nelle ripercussioni che possono avere. Spesso non si riesce neppure a dare un nome a questi sintomi che le persone hanno», spiega Marta Zighetti. «È importante quindi fermarsi a riflettere e dare un nome alle cose che accadono».

Dopo la diagnosi, serve però una cura. Ovvero «condividere il disagio, essere trasparenti, avere una progettualità sfidante ma raggiungibile così da riuscire a pianificare una ripresa funzionale».

Per quanto la campagna di vaccinazione e il conseguente calo dei contagi stiano portando a un lento ritorno alla normalità, il cammino interiore rischia di essere lungo. Il percorso di formazione promosso da Solidarietà e Servizi continuerà con la collaborazione del centro di psicoterapia Essere Esseri Umani perché: «condizioni descritte sopra, come la pandemic fatigue e il languishing (letteralmente “languire”: un’emozione in cui non si prova alcuna emozione), non sono vere e proprie patologie, ma il loro decorso potrebbe comunque rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi e future problematiche psicologiche, per questo è importante non sottovalutarle e prendersene cura. Una prima fondamentale risorsa che abbiamo a disposizione per farlo è la conoscenza del nostro funzionamento, della nostra biologia e neurofisiologia e del nostro mondo interiore. In questa cornice fiducia e speranza rappresentano veri e propri “rimedi” in grado di aiutare la guarigione e inibire il dolore».

«Il contrario del languishing», prosegue la dottoressa Zighetti, «è il flourishing (fioritura), uno stato mentale di benessere, coloritura emotiva e prosperità psicologica che va coltivato per potenziare le sei dimensioni del benessere: accettazione di sé, autonomia, padronanza ambientale, relazioni positive, scopo nella vita, crescita personale. Di fronte alla pandemia nessuno di noi ha avuto scelta, questo approccio invece ci permette di essere più informati e consapevoli e quindi liberi di scegliere: scegliere come agire nella nostra vita, invece di limitarci a re-agire agli eventi. Ognuno di noi è parte del benessere degli altri e scegliendo di reagire insieme potremo finalmente tornare ad abitare gli spazi di condivisione e comunità dei quali a lungo siamo stati privati».

Spazio Integrazione, le cento storie di chi ha trovato risposte ai bisogni

Sostienilo con il 5×1000. Nato come scommessa, il progetto di Solidarietà e Servizi è realtà e capace di mettere in atto l’integrazione a 360 gradi per oltre 100 persone

C’è chi ha ritrovato la speranza, chi ha potuto fare della propria passione una professionalità  e chi sta lavorando per un maggior equilibrio delle sue giornate. Tra le oltre cento persone fragili coinvolte nelle attività dello Spazio Integrazione di Solidarietà e Servizi ci sono storie vissute e ancora da vivere, nella consapevolezza che insieme, con gli aiuti giusti, è possibile trovare o ritrovare il valore delle proprie giornate. Spazio integrazione nel suo primo anno di attività “a pieno regime” si è qualificato come progetto nuovo e innovativo. Partito come iniziativa sperimentale, sta dimostrando come l’integrazione, quella vera, a 360 gradi, possa alimentare un circuito virtuoso dove la persona è sempre al centro di tutto.

Lo sanno bene i 14 che, provenienti da Centri Diurni, Servizi Residenziali e Servizi del territorio, stanno perfezionando il loro progetto individuale di autonomia e che si stanno confrontando con un ambiente di lavoro vero, fatto di orari, obiettivi e regole. Ma anche le 43 persone che integrano l’esperienza nei Centri Diurni Disabili con attività occupazionali per gruppi di lavoro (gestite da un educatore) svolte in collaborazione con i reparti produttivi dove, del mondo del lavoro si sperimenta non tanto l’aspetto prestazionale, ma quello relazionale.

Così anche le cinque persone che, in situazioni di particolare vulnerabilità e in Solidarietà e Servizi ormai da tempo, hanno l’opportunità di restare nel mondo del lavoro per concludere in modo dignitoso il loro impegno e avviarsi verso una meritata pensione. Ci sono anche coloro che sono agli inizi: circa 30 ogni anno, tutti con un proprio percorso. Lo Spazio Integrazione offre loro l’opportunità di un tirocinio utile non solamente per costruirsi una carriera lavorativa, ma soprattutto per vivere in autonomia.

Mettere insieme percorsi educativi e di presa in carico con attività lavorative vere, solitamente due ambiti distanti quando si parla di fragilità e in particolar modo di disabilità, poteva apparire come una scommessa se non impossibile, almeno difficile. Solidarietà e Servizi ci ha creduto. Ha creduto in questa integrazione dell’approccio. E oggi questo spazio è un punto fermo nella risposta a precisi bisogni.

«Grazie a Spazio Integrazione si esplicitano nuovi bisogni e cambia (diventando più profondo) il nostro sguardo sulle persone che lavorano con noi», spiega Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi. «Questi bisogni infatti emergono nello spazio e nelle relazioni di lavoro. Ma se prima non avevamo strumenti e competenze per coglierli e per rispondere, adesso li abbiamo. Parliamo del desiderio di avere una casa propria, o, ad un livello più personale, di guardare alla propria famiglia in un modo diverso o di prendere in considerazione un lavoro su di sé, non come effetto del mio “essere sbagliato” ma come opportunità di crescita personale. In questo senso Spazio Integrazione è la strutturazione e il consolidamento di un approccio che è da sempre nel DNA delle Cooperative Sociali che si occupano di inserimento lavorativo, ma che raramente viene sistematizzato come modello di presa in carico globale della persona e del suo contesto. Non si tratta semplicemente di “conservare il posto di lavoro”, ma di prendere sul serio i desideri delle persone di costruirsi una vita di cui essere soddisfatti».

A Spazio Integrazione, al suo sviluppo e alla voglia di coinvolgere sempre più persone si rivolge la campagna 2021 del 5 x 1000. Una firma che non costa nulla, ma può contribuire fattivamente a dare nuove possibilità a quanti sono un po’ più fragili, ma non per questo devono rimanere indietro.

Un nuovo servizio per i minori: Solidarietà e Servizi raddoppia a Caronno Pertusella

In autunno partirà negli spazi del centro Il Girasole il servizio pomeridiano sperimentale. L’obiettivo è creare un polo per la disabilità investendo anche nel dopo di noi

Solidarietà e Servizi a Caronno Pertusella raddoppia: subito dopo l’estate, partirà il nuovo servizio pomeridiano dedicato ai minori con disabilità. Ricavato all’interno degli spazi che già ospitano il Centro Diurno Disabili (CDD) Il Girasole, è la risposta a diverse richieste che sono arrivate da alcune famiglie del territorio. «Già prima della pandemia erano giunte dai Servizi sociali del Comune diverse segnalazioni per minori con autismo e disabilità che manifestavano la necessità di uno spazio pomeridiano, integrativo alla frequenza scolastica, dove acquisire e consolidare autonomie con il supporto di educatrici specializzate», sostiene Giacomo Borghi, responsabile dei Servizi per l’autismo e la disabilità di Solidarietà e Servizi. «Per questi bambini e ragazzi, e i loro genitori, abbiamo deciso di aprire un nuovo Servizio diurno sperimentale, utilizzando un’ala del Centro di via Monte Nero, che attualmente accoglie una sala riunioni e degli uffici e consolidando i nostri servizi che sono presenti a Caronno da 25 anni».

Avviate le verifiche con ATS Insubria e in accordo con l’Amministrazione comunale, che ha caldeggiato la realizzazione di un progetto innovativo e capace di flessibilità, l’apertura del nuovo Servizio è prevista per il prossimo autunno. «Il CDD è autorizzato per accogliere 30 persone adulte, e attualmente i frequentanti sono 18. Suddividendo adeguatamente i locali e gli spazi esistenti, potremo senza alcuna modifica accogliere anche dieci bambini durante i pomeriggi», spiega Gian Piero Colombo, coordinatore del Centro Il Girasole.

Di fatto, Solidarietà e Servizi non solamente mette a disposizione della comunità caronnese la propria esperienza, ma punta a dare vita proprio nell’area di via Monte Nero, dove sorge il CDD, a un vero e proprio polo dedicato ai servizi per la disabilità. Come spiega Borghi: «La nostra cooperativa ha una ventennale esperienza nella gestione di Centri educativi per minori con disabilità e dal 2012 ha avviato una sperimentazione nell’ambito dell’autismo con Regione Lombardia, a Gallarate, che vede interventi educativi e socio-riabilitativi con 34 minori». Un’offerta che non c’è a Caronno Pertusella e nei Comuni limitrofi. «Non vi sono infatti servizi diurni dedicati a minori con disturbo dello spettro autistico e ciò costringe molte famiglie a quotidiane trasferte onerose in termini di tempo, soldi ed energie».

L’apertura di un Servizio di questo tipo si potrebbe arricchire con la realizzazione di una Comunità Alloggio proprio nel terreno adiacente al CDD. «Più di un famigliare negli ultimi anni ci ha sollecitato a pensare al “dopo di noi”, già nel “durante noi», ricorda Borghi. «Come operatori vogliamo affiancarci alle famiglie pensando per tempo a progetti di vita per le persone con disabilità e immaginando soluzioni per quando i loro genitori non saranno più in grado di assisterli. Fin dal 2017 Solidarietà e Servizi ha intrapreso un percorso di sensibilizzazione sul tema, promuovendo diversi incontri con i Servizi sociali e l’Amministrazione comunale per concretizzare la realizzazione di una Comunità Alloggio dedicata ai cittadini caronnesi con disabilità. Per dare corpo alla nuova struttura siamo pronti a intervenire con la nostra capacità progettuale oltre che con investimenti economici nell’ottica di dare continuità a un servizio storico che svolgiamo a Caronno Pertusella prendendoci cura delle persone con disabilità a 360 gradi, operando in relazione con il territorio e dando risposte dove ci sono specifici bisogni».

Parco Gioia di Varese, quell’inclusività per tutti che fa tornare un po’ bambini

Il CDD di Saltrio di Solidarietà e Servizi ha promosso a pieni voti la nuovissima struttura realizzata per persone con disabilità

Il 24 aprile 2021 è stato inaugurato a Varese presso Villa Milyus il “Parco Gioia”: un parco INCLUSIVO progettato e pensato per accogliere ANCHE i bambini con disabilità.
Il parco ricco di scivoli, altalene, casette per giocare e strumenti musicali da suonare, privo di barriere architettoniche, è stato realizzato grazie alla sinergia di diverse persone, associazioni e realtà del territorio che, unendo tutte le competenze, hanno realizzato multiple aree di gioco pensando anche ai bambini affetti da disabilità sensoriali o del neurosviluppo creando quindi un percorso tattilo-plantare che consenta di muoversi in autonomia.

Nello specifico il parco è suddiviso in 5 isole di gioco:
“l’isola della Musica” con veri strumenti musicali con cui creare un piccolo complesso musicale giocare con il ritmo e le diverse sonorità dalle percussioni agli xylofoni;
l’isola del Movimento” con tre altalene diverse, da quella classica, a quella doppia, a quella con seduta sagomata adatta anche alle disabilità fisiche;
l’isola dell’amicizia” dotata di un grande gioco centrale dotato di rampa, pannelli sensoriali, scivoli, salite, una piccola cupola in cui nascondersi o arrampicarsi particolarmente adatta a far sentire a proprio agio i bambini con disturbo dello spettro autistico;
l’isola della Compagnia” con una casetta e un’area mercato accessibili anche alle carrozzine particolarmente adatta alla sperimentazione delle abilità sociali e linguistiche;
l’isola della percezione” con un roller table fatto di rulli rivestiti in gomma e sovrastato da una serie di archi con cui spingersi e scivolare in maniera differente dallo scivolo tradizionale dove poter esercitare l’equilibrio e la propriocettività ma avvicinandosi poter ricevere anche sollecitazioni agli arti superiori.

Ma che cosa vuol dire esattamente fare “inclusione sociale”?
Letteralmente fare inclusione sociale vuol dire “garantire l’inserimento di ciascun individuo all’interno della società indipendentemente dalla presenza di elementi limitanti”.
Un reale approccio all’inclusione sociale, però, non vuol dire predisporre qualcosa per qualcuno con esigenze particolari, ma, in una reale ottica inclusiva, progettare in partenza qualcosa fruibile da TUTTI, comprese le persone con esigenze speciali.
Ed è proprio con questi presupposti che è stato creato il Parco Gioia! Per TUTTI si intende proprio TUTTI:
TUTTI i bambini e, qualora li avessero, i loro genitori o nonni con disabilità che, non dovendo imbattersi in barriere architettoniche, possono serenamente accompagnare i loro bambini al parco.
Agibile anche agli ADULTI con disabilità fisiche e cognitive come i nostri ospiti del Centro Diurno Disabili di Saltrio che hanno approfittato subito dell’esperienza! Vittorio, Gabriele, Gianvittorio e Stefano sono stati i primi testimoni entusiasti di questa opportunità: hanno potuto muoversi in autonomia, hanno provato a suonare strumenti musicali, manipolato oggetti e viaggiato con la fantasia tornando un po’ bambini.

Cosa c’è di più bello che poter trovare serenità e benessere in quello che si sta facendo, scoprendo che non ci devono essere limiti al divertimento e che il gioco può alleggerire anche chi ormai è considerato “grande per queste cose”?
Vogliamo, con questo articolo, riportare la nostra esperienza assolutamente positiva e invitare quante più persone possibili o centri come il nostro ad avvicinarsi e a provare così da poter essere contagiati dalla bellezza di questo parco.

“Grazie Vania” sono state le parole che ho ricevuto da Emanuela Solimeno, una delle due fantastiche mamme che con grinta e tenacia hanno pensato e reso possibile questo progetto, “Grazie perché quel TUTTI a cui noi avevamo pensato ed aspirato si è concretizzato col vostro racconto”.
In realtà siamo noi che dobbiamo ringraziare voi che ci avete creduto per prime, che avete bussato alle porte giuste e raccolto i fondi necessari per la realizzazione di questo progetto e che, insieme ad altri che ci hanno messo testa e cuore, avete dato vita a qualcosa che rende visibile e tangibile quell’ INCLUSIVITA’ di cui tanto si parla ma che troppo poco si concretizza.

Il CDD di Saltrio sarà lieto di ripetere l’esperienza ogni qualvolta ce ne sarà l’occasione perché, come scriveva Antoine de Saint-Exupéry “tutti i grandi sono stati bambini, ma pochi se ne ricordano”.

Vania Gatto (psicomotricista CDD Saltrio)
Milena Simone (coordinatrice CDD Saltrio

Un 5×1000 che supera la fragilità: la firma per Solidarietà e Servizi sostiene lo “Spazio Integrazione”

Aspetto educativo e ambito lavorativo trovano sintesi in un progetto dedicato alla fragilità che traduce in progettualità una “presa in carico” a 360 gradi per sostenere l’autonomia

Una firma per superare le fragilità. Il 5×1000 a Solidarietà e Servizi significa contribuire in modo concreto allo sviluppo dello “Spazio Integrazione”: un servizio innovativo già attivo da più di un anno; un servizio che fa propri i principi che muovono la cooperativa da oltre 40 anni. Quel “Mai più soli … Insieme ci riusciamo”, claim che accompagna Solidarietà e Servizi fin dalla sua nascita, si fa progettualità concreta in uno spazio che vuole offrire alle persone fragili proposte e occasioni di crescita, attraverso l’intervento di più soggetti e l’avvio di percorsi personalizzati per l’autonomia.

Lo “Spazio Integrazione” è stato creato all’interno della sede di viale Toscana a Busto Arsizio, che ospita 4 unità produttive, un Centro Socio Educativo e un Servizio di Formazione all’Autonomia. In questo “Spazio” educatori, responsabili di reparto, assistenti sociali, psicologi (e perfino i clienti…) uniscono le loro forze per valorizzare al massimo le capacità delle persone fragili, in un ambiente che è teso a superare criticità e limiti, con l’obiettivo di individuare per ciascuno il percorso più adatto.

Sono almeno due gli elementi che rendono “Spazio Integrazione” un’iniziativa unica: innanzitutto, la volontà di fare rete attorno alle persone disabili. Alla parte educativa si affianca il tema del lavoro per creare uno spazio tutto dedicato alla valorizzazione della persona. In secondo luogo, la visione del lavoro: non un dovere o addirittura in certi casi un’imposizione, ma luogo educativo. La condivisione di spazi, l’osservanza di tempi e modi prestabiliti e l’essere parte di un processo produttivo finalizzato a un uso reale di quanto prodotto, permettono di delineare un quadro all’interno del quale muoversi, dove la “normalità” può essere assaporata anche da chi ha qualche difficoltà in più. Questo rende possibile altresì “intercettare” persone fragili che solitamente non trovano risposta (o adeguata risposta) nei servizi già offerti ma che hanno abilità e talenti che meritano di essere valorizzate.

Così l’aspetto educativo e quello lavorativo trovano sintesi in un progetto dedicato alla fragilità che traduce in progettualità una “presa in carico” a 360 gradi. «Lo scopo è dare una collocazione alle persone», spiega Laura Puricelli, Responsabile Area Presa in Carico e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «A persone che non hanno le caratteristiche per frequentare un Centro Socio Educativo (CSE) ma non sono in grado di sostenere un’attività lavorativa autonoma. Attorno a queste persone si pongono differenti professionalità in un concetto di rete, che vede la partecipazione della famiglia e dei Servizi sociali, con l’obiettivo di non offrire un “parcheggio”, ma uno stimolo a lavorare su se stessi e sulle proprie potenzialità; far fare una propria esperienza di vita al di fuori di una confort zone che spesso non porta benefici». Aggiunge Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi: «Il rapporto con il lavoro è importante e reale. Si entra in un mondo che ha orari e regole non stabiliti da se stessi ma che si riescono a percepire come utili al bene di tutti e dove si sperimenta il valore del proprio fare, della propria fatica e si costruiscono relazioni positive. Il lavoro diventa così un luogo educativo dove si cresce».

In “Spazio Integrazione” convergono tutta l’esperienza e la professionalità che Solidarietà e Servizi ha costruito e sviluppato sempre al fianco della persona con disabilità.

Quattro Centri Diurni Disabili – CDD – diventano “hub”: 120 persone vaccinate

Solidarietà e Servizi ha predisposto spazi e organizzazione per la somministrazione del vaccino a ospiti e personale a Cassano Magnago, Gallarate, Samarate e Marnate

La vaccinazione delle persone fragili è realtà in Solidarietà e Servizi. Mercoledì 21 aprile, nell’ambito degli strumenti e delle attività a tutela della salute delle persone di cui si prende cura e degli operatori, quattro Centri Diurni Disabili – CDD – gestiti dalla cooperativa si sono trasformati in centri vaccinali. Ben 120, tra ospiti e operatori, sono state le persone che hanno ricevuto il vaccino, primo passo per quello che si preannuncia come un lento ritorno alla “normalità”. C’è stato un po’ di timore tra qualche ospite, ma è stato prontamente superato, nella certezza che si è affrontato un piccolo “sacrificio” necessario affinché, come ha raccontato Fabio del CDD Il Veliero di Cassano Magnago «solamente facendolo possiamo sperare di tornare a fare ciò che facevamo prima; magari tra un po’ ci potremo togliere le mascherine, ma soprattutto… potremo stare tutti più vicini!».

I CDD di Cassano Magnago, Gallarate, Samarate e Marnate per un giorno si sono trasformati in “hub vaccinali”. Sotto il coordinamento dell’ASST Valle Olona, sono stati sistemati gli spazi e predisposti i turni di somministrazione per garantire la massima sicurezza a tutti.

«L’attività di coordinamento ci ha permesso di individuare gli spazi più idonei e attrezzarli per la somministrazione dei vaccini; stabilire le modalità e gli orari di accesso», spiega Lucia Vanin, coordinatrice del CDD Il Veliero di Cassano Magnago che ha accolto per la vaccinazione anche gli ospiti della Comunità Socio Sanitaria – CSS – “D. e A. Lattuada” e della Residenza “Isa Tanzi”, sempre di Cassano Magnago. «L’accesso alla struttura è stato regolamentato sulla base di due esigenze: innanzitutto garantendo la sicurezza delle persone. Abbiamo predisposto un programma in modo tale che le persone delle tre differenti strutture non potessero entrare in contatto tra loro, tenendo in considerazione anche il fatto che non tutti gli ospiti sono in grado di tenere la mascherina. Non certo secondo, l’ottimizzazione delle somministrazioni: sono stati organizzati gruppi da sei persone, così da assicurare l’utilizzo di ogni flacone di vaccino. Non ultimo, abbiamo anche predisposto lo stoccaggio delle dosi in attesa che potessero essere utilizzate». La preparazione del “vaccino day” è però iniziata qualche giorno prima. «Abbiamo aiutato le famiglie nella compilazione delle schede informative e di anamnesi da presentare nel colloquio con il medico», prosegue Vanin.

Data l’importanza del momento, sotto il profilo sia sanitario sia emozionale, è stata concessa la possibilità ai familiari di accompagnare i loro congiunti così da garantire anche un supporto affettivo. Supporto è arrivato anche dalla comunità cassanese: vista l’importanza del momento, hanno voluto essere presenti anche il sindaco di Cassano Magnago Nicola Poliseno e l’assessore alle Politiche sociali e per la famiglia Anna Lodrini, segno tangibile di un legame tra le comunità Lattuada, Tanzi e Il Veliero e l’intera città.

«Consiglio a tutti di fare il vaccino», è stata l’indicazione di Pier, ospite del CDD Il Veliero. «Prima lo facciamo, prima torniamo tutti alla normalità». Perché, come ha aggiunto Mario, «la pandemia ha messo in ginocchio negozianti, ristoratori e in grande difficoltà le industrie e le scuole: facciamolo tutti per risolvere questa situazione». Daniele, Elena e Cinzia, nonostante un po’ di comprensibile timore per l’iniezione, si sono fatti forti: «Si può sentire un po’ di male, ma è la scelta giusta da fare». Anche Francesco e Roberta della CSS Lattuada sono stati «contenti di averlo fatto». Per Lucia, Valentina e Natalia la speranza è che «tutto torni nella normalità a breve»; mentre Anna ha voluto ringraziare il personale sanitario che le ha fatto il vaccino: «Tutti proprio molto bravi». Da Fatima «un bacione grande a tutti. E grazie per avermi fatto il vaccino».

Un anno di pandemia visto dagli occhi del Centro Diurno Disabili – CDD – Il Girasole di Caronno Pertusella

L’articolo è stato pubblicato sul periodico di informazione comunale a sigillo dell’importanza della relazione con la comunità di riferimento

Per chi opera strettamente a contatto con le persone fragili e si prende cura di quanti hanno una disabilità, la relazione riveste un ruolo fondamentale. Ma non si tratta solamente di una relazione tra educatori e ospiti e tra servizio e famiglia: una parte importante viene giocata dalle relazioni avviate con il territorio dove ci si trova. Perché un Centro Diurno Disabili – CDD -, mutuando il claim di uno spot pubblicitario, non è un’isola: vive all’interno di una comunità e si relaziona con essa.  E con la comunità cresce e fa crescere le persone di cui si prende cura.
Il Comune di Caronno Pertusella ha voluto ospitare nel numero di marzo 2021 del periodico di informazione comunale diretto a tutta la cittadinanza una particolare testimonianza: quella degli educatori e degli ospiti del CDD Il Girasole su cosa ha significato per loro un anno di pandemia.

Ecco cosa hanno scritto ed è stato pubblicato:

Cronache dal CDD “Il Girasole – Solidarietà e Servizi” al tempo del coronavirus

Uno sguardo dentro di noi

“NOI”, gli operatori ma soprattutto gli ospiti dello storico centro diurno disabili di Caronno Pertusella, 19 persone con diversi tipi di disabilità, a un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria coronavirus, ci siamo chiesti cosa è successo alle nostre vite, cosa è cambiato e come abbiamo reagito davanti a questa situazione. Ne è emersa una riflessione semplice e profonda che pensiamo possa essere utile a tutti coloro che si soffermeranno a leggere questo articolo.

“Mi è manca molto la libertà”
“Nostalgia del mio quotidiano”
“Riscoprire calma e tranquillità”
“Emozioni contrastanti in un unico cuore”

Questi i pensieri di Adil, Alessio, Tonia, Stefania che, non senza difficoltà e commozione, sono riusciti a esprimere ripensando alle settimane di lockdown della scorsa primavera, al tempo di attesa sperimentato durante l’estate, con la ripresa della frequenza al centro con nuove regole e tante limitazioni purtroppo ancora presenti. Forse non avremmo mai pensato che i nostri ospiti potessero essere capaci di guardarsi così tanto dentro e di esternare, in un lavoro insieme, quello che la loro anima ha vissuto.

Nei mesi di forzata permanenza a casa, abbiamo voluto ugualmente offrire ai nostri ospiti e alle loro famiglie il nostro sostegno, la nostra vicinanza e momenti di svago per mantenere vive le relazioni e non far sentire solo nessuno.

È stata un’occasione per incontrarsi in un modo diverso da quello a cui eravamo abituati perché, attraverso videochiamate e laboratori a distanza, è stato un po’ come entrare in un quotidiano a noi sconosciuto.
Abbiamo scoperto abitudini e passioni dei nostri ospiti di cui non eravamo a conoscenza, e un grande grazie va per questo ai familiari che non solo ci hanno permesso di “entrare in casa con loro”, ma che si sono coinvolti con entusiasmo nelle attività proposte.

Tutto questo ci ha commosso e ha reso ancora più evidente che, al di là di ciò che si fa insieme, è la relazione costruita nel corso degli anni che ci lega e ci tiene uniti anche nei momenti di lontananza.

Appena abbiamo avuto la possibilità di ritornare a vederci fisicamente, con tutte le attenzioni del caso, abbiamo sentito il bisogno di guardarci nel cuore e condividere le nostre emozioni. Per non dimenticarle, abbiamo deciso di fissarle in alcune fotografie che avremo modo di condividere in un incontro che proveremo a organizzare appena sarà possibile (insieme ad altre iniziative e progetti che abbiamo in mente di realizzare per i nostri ospiti e per le persone con disabilità della comunità caronnese). Sarà un’occasione per fare nuove conoscenze e per ricominciare a stare insieme a tutti coloro che sono per noi presenze preziose: i nostri volontari e gli amici con cui svolgere attività importanti e soddisfacenti.
Quello di cui ci accorgiamo è che, anche in questo tempo, si può crescere e stare nel mondo non banalmente, perché ogni giorno che comincia ci viene donato per continuare a vivere!

Alessandra, Anna, Elisabetta, Gian Piero, Maria Linda, Mery, Milena, Monica, Roberta, Stefania, Tonia.
CDD “Il Girasole – Solidarietà e Servizi”

Oltre le fragilità. Solidarietà e Servizi aiuta a costruire il futuro

Si parla di noi su Varesenews. La storica testata online racconta cosa fa la nostra cooperativa e come inserisce a lavoro le persone disabili attraverso rapporti con aziende importanti del territorio

«Condividere i bisogni crea opportunità. Questa frase potrebbe sembrare un semplice slogan, in realtà è la regola che sta alla base della cooperazione sociale. E quando il cuore di questa attività sono le persone, quella stessa regola è il pilastro su cui si regge l’intera comunità». Si apre così l’articolo che Varesenews, la testata online locale storica di Varese, ha dedicato a Solidarietà e Servizi. Un rendiconto importante per una cooperativa che da oltre 40 anni è dalla parte dei più fragili; ma anche la testimonianza di un impegno che ha permesso alle persone disabili di essere protagoniste anche nel mondo del lavoro.

«Per offrire opportunità a queste persone Solidarietà e Servizi ha sviluppato servizi ad alto contenuto specialistico e tecnologico come servizi di backoffice informatizzato, di call center, di gestione e dematerializzazione documentale o di rigenerazione elettronica di apparati di telecomunicazione», prosegue l’articolo. Uno sviluppo facilitato dalla possibilità, prevista dall’ex articolo 14 della Legge Biagi, di consentire alle aziende di adempiere alla legge sulle assunzioni obbligatorie di persone disabili affidando una commessa a una cooperativa sociale di tipo B. In questo caso, a Solidarietà e Servizi.

Così, la cooperativa ha iniziato importanti collaborazioni con attori di primo piano del mondo formativo e industriale. Viene citata la partecipazione a un progetto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per la digitalizzazione di un fondo contenente i carteggi di Padre Gemelli risalenti a oltre un secolo fa, ma anche la partnership territoriale sviluppata con l’internet provider Eolo spa nella ricerca di nuovi installatori, verifica della compliance documentale e gestione inbound dei ticket. Non certo ultima, la storica collaborazione con l’azienda farmaceutica Novartis/Sandoz per i processi di backoffice amministrativo o di marketing che a oggi impiega 18 persone con disabilità.

In questo modo, la condivisione dei bisogni crea opportunità perché nessuno deve restare solo. In Solidarietà e Servizi la convinzione forte è che “insieme ci riusciamo”.

Per leggere l’articolo completo pubblicato da Varesenews: https://www.varesenews.it/2021/04/oltre-le-fragilita-solidarieta-servizi-aiuta-costruire-futuro/1324855/?fbclid=IwAR3shoRqOVmE664j3FhC96FWWX2qACvdmXL_xycS-BTod_DO5GuEiAAK0dw

Disabilità, fragilità e inserimenti lavorativi: nell’anno della pandemia Solidarietà e Servizi si è presa in carico 911 persone. 188 di loro sono state assunte

La cooperativa ha dato risposta ai bisogni trasformando un obbligo aziendale in un’opportunità per tutti

Il lavoro, per le persone che vivono fragilità sociali, rappresenta non solamente un punto di riferimento per superare situazioni problematiche, ma anche e soprattutto l’occasione di restituire e riappropriarsi di una dignità troppo spesso andata persa. Nell’anno della pandemia, del lockdown e di una profonda emergenza sanitaria che si è trasformata in crisi economica, Solidarietà e Servizi attraverso i SIL – Servizi di Inserimento Lavorativo – che gestisce in cinque distretti della provincia di Varese e nel distretto del Castanese, e attraverso le Doti Regionali, il servizio di politiche attive del lavoro cui la cooperativa è accreditata, ha dato una nuova opportunità a oltre sei persone su dieci tra quelle di cui si è presa cura.

Delle 911 persone prese in carico, ben il 21% ha trovato un’occupazione con l’assunzione in azienda e il 42% è stato avviato a un percorso di formazione attraverso tirocinio. Sono state 111 le prime assunzioni e 77 le stabilizzazioni con un contratto che nel 90% dei casi è stato a tempo indeterminato. Tra loro, Giorgia e Giuseppe: la prima è una giovane con disabilità che, dopo sei mesi di tirocinio ha trovato lavoro in un supermercato; il secondo, con alle spalle anche un periodo di detenzione, dopo 11 anni da disoccupato, è stato assunto a tempo indeterminato in un’azienda chimica.

«Alle difficoltà di un anno che è stato complesso sotto tutti i punti di vista e che rischiava di mettere da parte le persone più fragili, abbiamo cercato di rispondere con la speranza. Una speranza che è stata coltivata e difesa ogni giorno, anche inventando nuove modalità di lavoro per superare le distanze per restituire fiducia», spiega Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Un’altra cosa inaspettata è stata la risposta del tessuto produttivo, per certi aspetti davvero sorprendente, con una pronta disponibilità delle aziende ad accogliere le persone fragili, il loro impegno a superare i problemi di messa in sicurezza e una pronta reazione non appena il lavoro riprendeva. Il 2020 non è stato un anno semplice, ma siamo riusciti a trovare un lavoro a più di una persona su cinque tra quelle prese in carico (nel 2019 il tasso era stato di poco superiore: una persona su quattro)». I settori dove le persone fragili hanno trovato occupazione sono stati prevalentemente quello manifatturiero, negli ambiti della lavorazione meccanica e chimica; l’ambito delle pulizie, soprattutto nel settore della sanificazione degli ambienti, e quello della grande distribuzione organizzata. La ristorazione e le scuole, profondamente interessate dalle ordinanze di chiusura, contrariamente agli anni passati, non hanno invece potuto dare un contributo significativo.

«La presa in carico è stata attuata attraverso una vicinanza costante e un monitoraggio degli inserimenti fatto in presenza, ovviamente per quanto possibile, per superare le eventuali criticità in azienda», prosegue Oldrini. «Sono stati trovati strumenti nuovi per restare sempre accanto alle persone prese in carico e accompagnarle in un percorso che non è solamente di occupazione, ma di riacquisto della fiducia in se stessi e nel proprio valore. Nessuno è rimasto indietro».

Per ogni persona, secondo un metodo ormai consolidato negli anni, è stato costruito un percorso personalizzato e con ogni azienda è stato avviato un rapporto basato sulla fiducia. «Molte volte si parte da un obbligo», sottolinea Anna Ardire, coordinatrice del SIL di Gallarate. «L’obbligo che le aziende al di sopra di determinate dimensioni hanno di avere tra i propri dipendenti persone con disabilità o fragili. Il nostro lavoro è trasformare questo obbligo in una risorsa, in un fattore di maggiore competizione. L’obiettivo non è quindi solamente l’inserimento lavorativo, ma individuare insieme con la persona che abbiamo in carico i suoi bisogni e il suo potenziale e, attraverso il dialogo e il confronto con l’azienda, trovare una risposta vincente per entrambi». Il lavoro sulle persone è fondamentale. «Cerchiamo di capire con loro le difficoltà, le aspettative, e cerchiamo di guidarli – se necessario anche attraverso un percorso educativo – verso il mondo del lavoro. Con l’impossibilità di fare incontri di persona, abbiamo realizzato anche due video: attraverso le immagini, strumento più diretto soprattutto per chi è più fragile, è più facile capire come ci si deve comportare in azienda, cosa fare e cosa dire. Con le aziende invece abbiamo mantenuto un collegamento costante: un inserimento può non essere semplice, per questo è importante che le aziende sentano a loro volta di non essere sole: noi siamo al loro fianco».

Tra le 188 persone che hanno trovato un’occupazione stabile ci sono anche Giorgia e Giuseppe. Due storie, due risposte a un bisogno. Racconta Giorgia: «Nonostante sia ancora giovane, non riuscivo a inserirmi nel mondo del lavoro. Così ho deciso di andare ai Servizi sociali del mio comune e da lì sono arrivata al SIL. Qui ho trovato persone disponibili che, oltre ad avermi ascoltata, hanno fatto in modo di sottolineare i miei punti di forza facendomi sentire finalmente in grado di fare qualcosa per me stessa. Al pensiero di un lavoro però ero spaventata di entrare in un mondo nuovo in cui non sapevo se sarei stata capace e in grado di svolgere le attività senza che venisse accentuata la mia disabilità; avevo paura di non essere accettata e di non essere in grado. Quando mi hanno chiamato per dirmi che avrei svolto un tirocinio in un supermercato ero quasi titubante se buttarmi o meno in questa esperienza, ma l’educatrice che mi aveva seguita sin dall’inizio mi aveva promesso di accompagnarmi. Inizialmente eravamo andate solo a conoscere i colleghi e l’ambiente, sono stati tutti molto disponibili e gentili con me. Il primo giorno, poi, da sola mi sono resa conto che tutto ciò di cui avevo paura non esisteva perché mi avevano dato da svolgere delle mansioni assolutamente alla mia portata. Sono stata seguita per poi diventare autonoma. Ho iniziato con un tirocinio di tre mesi che poi, con mia grande gioia, è stato prorogato per altri tre e alla fine con mia grande sorpresa sono stata assunta».

Diversa ma ugualmente a buon fine la storia di Giuseppe: «Sono entrato in contatto con il SIL nel 2017. Ero disoccupato dal 2006. Avendo una patologia del sistema immunitario e avendo commesso molti errori che mi hanno portato anche ad un periodo di detenzione, era difficile per me trovare lavoro. Mi sono rivolto ai Servizi sociali del mio comune che mi hanno mandato al SIL. Qui gli operatori sono stati molto disponibili e mi hanno aiutato, non facendomi mai sentire solo, a reinserirmi nel mondo del lavoro. La mia prima assunzione è stata in una cooperativa sociale ma il mio contratto non è stato rinnovato perché non hanno più gestito quel servizio dove ero impiegato. Il SIL mi ha poi proposto un tirocinio in un’azienda di materie plastiche e dopo un contratto a tempo determinato ora ne ho uno a tempo indeterminato. Sinceramente, non avrei mai pensato di poter iniziare di nuovo a lavorare!».

Via alla campagna vaccinazioni in Solidarietà e Servizi: una presa in carico che guarda anche alle famiglie

La cooperativa promuove il vaccino per operatori e persone fragili nella convinzione che sia una opportunità da cogliere nella lotta contro il Covid-19. La testimonianza del CDD di Saltrio

Una scelta doverosa, ma soprattutto etica. Perché, come ha detto Papa Francesco «prendendo il vaccino, una persona si gioca la propria salute, la propria vita, ma anche la vita di altri». Solidarietà e Servizi ha avviato nelle scorse settimane la campagna di vaccinazione per i propri ospiti e operatori, anche nelle situazioni più problematiche.

«Questa emergenza sanitaria ci insegna che c’è un solo ed unico modo di prendersi cura delle persone: esserci a 360°, affinché nessuno sia lasciato solo». A parlare è Milena Simone, coordinatrice del Centro Diurno Disabili – CDD – di Saltrio (VA) gestito da Solidarietà e Servizi. Una struttura che sorge a pochi chilometri da quello che è stato il primo focolaio lombardo della terza ondata di contagi, Viggiù. «Abbiamo sempre adottato tutte le precauzioni del caso e, in coordinamento con l’ASST Sette Laghi, ci siamo attivati per dare seguito al piano di vaccinazione degli operatori e degli ospiti». Tra documenti da compilare, prenotazioni, segnalazioni, monitoraggio della salute, «ci siamo ritrovati nel mezzo; siamo stati un ponte tra le famiglie e le strutture sanitarie. Abbiamo raccolto, stampato, consegnato a domicilio e supportato nella compilazione della modulistica, concordato le modalità di somministrazione del vaccino e, nelle situazioni più fragili, chiesto che la somministrazione avvenisse in ospedale per avere tutte le garanzie del caso. Di fatto, non è solamente la persona con disabilità, ma la stessa famiglia, per molti casi composta da un solo genitore anziano non avente dimestichezza con la tecnologia, a richiedere supporto e assistenza», aggiunge. «Nelle situazioni con reti parentali assenti, abbiamo di fatto sostituito i familiari. Siamo diventati la famiglia che manca». Tra telefonate, contatti con i medici di base, messaggi, invio e ricezione email con gli incaricati della gestione tamponi e gestione vaccinazioni, le richieste si sono moltiplicate. «I bisogni sono aumentati. Noi abbiamo fatto rete per dare risposte ai più fragili con il duplice obiettivo di alleggerire i cuori delle famiglie, comprensibilmente in affanno, e favorire una frequenza del centro in sicurezza».

Del resto, la scelta di Solidarietà e Servizi è stata chiara fin dall’inizio: sostenere la campagna vaccinale, «sia in termini di comunicazione, ad esempio promuovendo il video realizzato dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Regione Lombardia», afferma Giacomo Borghi, responsabile dell’Area Servizi Diurni, Residenziali e Autismo, «sia in termini sostanziali: su richiesta delle ASST stiamo mettendo a disposizione gli spazi dei nostri Centri Diurni per la vaccinazione delle persone con disabilità e autismo, oltre che la competenza e l’esperienza del nostro Referente sanitario Covid-19, dott. Mario Diurni, sempre pronto a illustrare e chiarire il funzionamento della vaccinazione alle famiglie dei nostri ospiti».