L’esperienza estiva del servizio promosso da Solidarietà e Servizi per creare occasioni di crescita per le persone con disabilità
L’autonomia va coltivata, fatta crescere e soprattutto accompagnata, anche divertendosi. L’esperienza dei percorsi del Dopo Di Noi, che Solidarietà e Servizi ha avviato sul territorio di Busto Arsizio, ha trovato nell’ultimo periodo estivo un momento particolare: la diversificazione delle proposte, oltre a dare continuità al progetto di sviluppo dell’autonomia per le persone con disabilità che frequentano i centri diurni, ha rappresentato un momento di sollievo per le famiglie, offrendo occasioni di svago in linea con il periodo vacanziero.
«I percorsi del Dopo Di Noi che abbiamo attivato e che hanno coinvolto 11 persone con disabilità rappresentano una specie di palestra dove andare a coltivare e sviluppare l’autonomia nelle persone disabili», spiega Laura Puricelli, responsabile Area Autismo e Autonomie di Solidarietà e Servizi. «Proponendo attività specifiche, l’obbiettivo è accrescere alcune competenze per migliorare il livello di autonomia. Anche se è stato costruito pensando come supporto a quello che sarà il Dopo Di Noi, quindi il momento in cui il supporto familiare non potrà più essere garantito, per queste persone l’andare a fare la spesa, il condividere uno spazio abitativo o anche il fare una gita tutti insieme rappresenta un’occasione per lo sviluppo di abilità, quindi di crescita. Si tratta di percorsi che integrano l’offerta socio-educativa che ciascun partecipante vive nei servizi diurni e che si inseriscono in quello che è il pensiero generale sul “progetto di vita”, avviando l’accompagnamento alla vita adulta».
Nello specifico, i percorsi del Dopo Di Noi hanno interessato due gruppi di ragazzi con disabilità che frequentano normalmente i Centri Socio Educativi – CSE -, con interventi il mercoledì e il sabato. «Approfittando dei mesi di vacanza, quest’anno sono state previste delle esperienze un po’ diverse come per esempio alcune visite nei parchi e l’uscita a cena, pur garantendo gli aspetti più legati alla “vita comune” quali il fare la spesa, il preparare da mangiare e il riassetto della casa», aggiunge Tatiana Ciola, coordinatrice dei percorsi del Dopo Di Noi. Tra luglio e le prime settimane di settembre, sono state fatte passeggiate nel parco Altomilanese e al parco Castello di Legnano, c’è stata la gita al lido della Schiranna a Varese, ma anche l’uscita in piadineria e in pizzeria. Il riscontro è decisamente positivo. «Le famiglie, oltre ad avere un sollievo, sono contente per la felicità che i ragazzi dimostrano al rientro, ma sono coinvolte anche nel percorso di crescita verso l’autonomia che ciascuno di loro sta facendo». Il risultato è triplice: da una parte, alla gioia dei ragazzi coinvolti corrisponde la soddisfazione delle famiglie. Dall’altra c’è la crescita attraverso lo sviluppo delle autonomie. «”Se andate in piadineria fate in modo che sia nostro figlio a pagare direttamente, così impara anche a gestire i soldi”, è quanto ci hanno detto alcuni genitori», riferisce Silvia, educatrice di Solidarietà e Servizi. Non ultimo, «il fatto di fare gruppo: stare assieme crea legami, amicizie, rapporti».
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/09/DopoDiNoiPercorsi.jpeg6831024mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-09-22 12:30:042022-09-22 13:05:49Coltivare l’autonomia con i percorsi del Dopo Di Noi
Dalla cooperativa sociale e LIUC – Università Cattaneo un bando per sostenere la ricerca di nuove applicazioni per aiutare le persone con disabilità a essere più autonome in casa e sul lavoro. Domande da presentare entro il 30 settembre
Solidarietà e Servizi e LIUC – Università Cattaneo di Castellanza insieme per trovare nuove soluzioni tecnologiche allo sviluppo dell’autonomia delle persone con disabilità. È stato pubblicato il bando per un assegno di ricerca destinato allo sviluppo e al test di nuove soluzioni domotiche e tecnologiche per una casa dove vivono persone con disabilità. Avviato grazie a Confcooperative Insubria, il progetto è partito dalla collaborazione tra l’ateneo e la cooperativa sociale impegnata nello sviluppo delle autonomie delle persone con disabilità e si inserisce nel percorso educativo che caratterizza Solidarietà e Servizi promuovendo progettualità individuali per le persone più fragili.
«Abbiamo deciso di investire per individuare nuove soluzioni tecnologiche che possano favorire i processi di autonomia delle persone con disabilità», spiega Domenico Pietrantonio, presidente del Consiglio di gestione di Solidarietà e Servizi. «Con questo progetto infatti vogliamo incentivare la ricerca e l’innovazione a favore delle persone disabili affinché la tecnologia come strumento possa contribuire ad affermare la centralità della persona e valorizzare tutte le sue possibili capacità e i suoi talenti».
Aggiunge Giacomo Borghi, responsabile Area Diurni e Residenziali di Solidarietà e Servizi: «La domotica rappresenta già da anni una peculiarità delle nostre case dove vivono persone con disabilità. Gestione automatica della temperatura, delle aperture e delle scorte nel frigorifero sono solamente alcuni esempi di applicazione in una quotidianità che, all’interno di un progetto di vita personalizzato, promuove l’autonomia e la realizzazione della persona, anche in direzione del “Dopo e Durante noi”».
Il progetto vede coinvolta la Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC e l’i-FAB dell’università Cattaneo, ovvero la fabbrica modello Lean e Industry 4.0 creata all’interno dell’ateneo castellanzese per sviluppare e sperimentare diverse tecnologie e toccare con mano i diversi pilastri dell’attuale quarta rivoluzione industriale. L’assegno di ricerca messo a disposizione è di circa 25 mila euro e gli obiettivi sono quelli di identificare le principali problematiche che le persone disabili incontrano in ambienti domestici e di lavoro, effettuare scouting di tecnologie e applicazioni che possano essere installate in sicurezza e, non ultimo, testare le soluzioni trovate all’interno dell’i-FAB per poi introdurle in un contesto abitativo.
«Aiutare persone con disabilità a essere più autonome nella loro vita quotidiana, a casa come al lavoro, tramite l’utilizzo delle tecnologie del paradigma industry 4.0, è una grande e importante sfida – spiega Tommaso Rossi, Professore Ordinario di Impianti Industriali Meccanici della LIUC – Università Cattaneo e referente dell’iniziativa – Come Università, poter contribuire tramite un assegno di ricerca all’impegno di Solidarietà e Servizi su questi temi è dunque motivo di soddisfazione. In particolare, pensiamo di poter dare un valore aggiunto a questo progetto con il nostro i-FAB, la fabbrica simulata 4.0 allestita in università e da tempo utilizzata per sessioni formative rivolte sia a studenti che a manager, cosi come per attività di ricerca».
Aggiunge Giovanni Pirovano, lecturer della Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC che guiderà lo studio: «L’i-FAB, insieme ad un altro ambiente individuato dalla Cooperativa, sarà una realtà di sperimentazione particolarmente efficace per testare le diverse tecnologie con un’ottica inclusiva. Inoltre, con questo assegno di ricerca aggiungiamo un importante tassello agli sforzi dell’ateneo per creare nuove opportunità per i nostri laureati che scelgono la carriera accademica».
Per accedere al bando è necessario essere in possesso del diploma di laurea o di laurea specialistica / magistrale. La domanda di ammissione deve essere inviata tramite pec all’indirizzo ufficio.concorsi@pec.liuc.it entro il prossimo 30 settembre. Il modulo e il regolamento del bando di selezione sono disponibili qui: https://www.liuc.it/ufficio-concorsi/selezione-assegnisti-di-ricerca/
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/09/SolSer_casa.jpg5291024mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-09-06 15:06:062022-09-06 15:06:08Solidarietà e Servizi e LIUC: un assegno di ricerca per sviluppare l’autonomia delle persone con disabilità con nuove soluzioni tecnologiche
L’Housing per persone con disabilità gravissime realizzato nel 2018 da Solidarietà e Servizi e Associazione Un Nuovo Dono scelto da Regione per la propria campagna di comunicazione per il Dopo Di Noi
La Casa di via dei Liguri è diventata testimone del Dopo Di Noi. Regione Lombardia, all’interno del progetto “Lombardia Facile”, il servizio di informazione che affronta a 360 gradi tutti gli aspetti della vita quotidiana e le esigenze delle persone con disabilità, ha indicato come best practice l’housing di Pavia coprogettato dalla cooperativa sociale Solidarietà e Servizi e dall’Associazione Un Nuovo Dono. Alla Casa, dove vivono cinque persone con disabilità grave dal 2018, ATS Pavia ha dedicato il video “Dopo Di Noi – insieme verso il futuro: tra privato e privacy” dove viene presentata l’esperienza dell’housing, dalla sua nascita, quale opportunità innovativa e diversa rispetto ai servizi residenziali tradizionali, alla sfida vinta: «È possibile vivere a casa propria anche con disabilità intellettiva e motoria complessa», dice nel video Massimo Zanotti, presidente dell’Associazione di genitori Un Nuovo Dono.
La Casa di via dei Liguri è un progetto abitativo che sostiene le scelte di vita adulta di chi vi abita, dà una risposta a chi l’ha voluta, ovvero i genitori delle cinque persone residenti, e soprattutto è un nuovo modo di pensare il Dopo Di Noi. «I cinque ragazzi con disabilità grave stanno già costruendo, in questo “durante noi”, un “dopo di noi” sereno e consolidato», prosegue Zanotti.
«Non siamo “Ente gestore” e la Casa non è “un servizio”», puntualizza Giacomo Borghi, responsabile d’Area di Solidarietà e Servizi. «Quella che agli occhi di un profano potrebbe apparire come una sottigliezza tecnica, è invece un elemento fondamentale: famigliari e operatori insieme sono corresponsabili del buon andamento della vita quotidiana. Se, ad esempio, pensiamo a tutte le problematiche nella gestione dell’emergenza sanitaria nelle strutture residenziali, si può capire cosa abbia potuto significare che gli ingressi nella Casa fossero decisi insieme dai genitori con gli operatori, all’interno del quadro normativo valido per ciascun cittadino con o senza disabilità».
I risultati dei primi quatto anni sono estremamente positivi. I Progetti di Vita delle cinque persone vengono verificati periodicamente attraverso interviste agli interessati e ai care givers utilizzando la Scala San Martin, cioè il primo strumento riconosciuto a livello internazionale per la valutazione della qualità di vita delle persone con grave disabilità. «I dati che abbiamo ottenuto sono tutti molto positivi», spiega Simona De Alberti, referente per Solidarietà e Servizi dei Centri Diurni Disabili di Pavia. «La valutazione viene effettuata considerando sette dimensioni: l’autodeterminazione, il benessere emotivo, il benessere materiale, i diritti, lo sviluppo personale, l’inclusione sociale e le relazioni interpersonali. I miglioramenti registrati nella qualità di vita hanno interessato sia le due persone che provenivano da un’esperienza in casa con in genitori, ma soprattutto le tre che arrivavano da strutture socio sanitarie. Le ultime rilevazioni sfiorano il massimo del punteggio previsto: questo significa che il progetto della Casa di via dei Liguri, nonostante le difficoltà degli ultimi anni dettate dall’emergenza sanitaria, permette realmente di migliorare la qualità di vita delle persone disabili. Permette loro di scegliere, di gestirsi e di costruire il loro futuro all’interno del progetto di vita personalizzato, rispettando quella riservatezza che una vita adulta richiede». Fabio, uno dei cinque residenti, infatti racconta quanto sia importante per lui avere una camera tutta sua, «dove poter ascoltare la musica ad alto volume, ma anche confidarmi con gli operatori». Ma anche dove rifugiarsi nei momenti difficili: «Siamo in cinque in casa e quando sono un po’ arrabbiato chiudo la porta e mi isolo». E dove coltivare le sue grandi passioni: «La musica, mi piace il trap, e l’hockey su carrozzina» di cui conserva i premi vinti nelle competizioni.
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/07/ViaLiguri2.jpg6821024mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-07-20 15:50:412022-07-20 17:35:44Il Dopo Di Noi nella Casa di via dei Liguri a Pavia: una best practice riconosciuta da Regione Lombardia
Sono i primi elementi evidenziati dal team dell’Università Cattolica nel processo di valutazione di impatto sociale avviato dalla cooperativa
Sostenibilità, benessere, arricchimento personale e miglioramento della rilevazione del bisogno. Sono i primi feedback avuti dal percorso di valutazione di impatto sociale avviato da Solidarietà e Servizi. La cooperativa sociale ha infatti dato il via all’inizio dell’anno al processo per la valutazione di impatto sociale affidandosi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano attraverso il CESEN – Centro studi sugli Enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro – e ALTIS, Alta Scuola Impresa e Società. Un percorso che, in questo 2022, è concentrato sull’analisi dell’Area Inserimento lavorativo; il prossimo anno invece sarà valutata l’Area Autismo, Servizi diurni e residenziali.
«Si tratta di un percorso innovativo che, più che fare leva su elementi quantitativi, cerca di porre in evidenza gli elementi qualitativi caratterizzanti l’attività svolta dalla cooperativa sociale. E, attraverso questi, andare a definire l’impatto che ha Solidarietà e Servizi sui propri stakeholder, ovvero sui soggetti portatori di interesse che operano o semplicemente entrano in contatto con la cooperativa», spiega Fabrizio Carturan, alla guida del gruppo di lavoro di Solidarietà e Servizi che affianca CESEN e ALTIS.
Il primo step è stata l’individuazione proprio delle tipologie di stakeholder per le quali il cambiamento, riconducibile ai servizi erogati dalla cooperativa, è più evidente. «Insieme con il team dell’Università Cattolica siamo andati a definire la tipologia di soggetti che entrano in contatto con la nostra cooperativa. Un primo passo che ha permesso di andare a selezionare un campione ritenuto rappresentativo di enti, realtà e persone sui quali Solidarietà e Servizi ha un impatto».
Tra le tipologie di stakeholder individuate, ne citiamo quattro: aziende e imprenditori, amministrazioni pubbliche, personale dipendente e coordinatori e responsabili delle attività. «Alcuni di loro sono stati riuniti in focus group per verificare e approfondire quali siano le “dimensioni di impatto” definite come importanti e derivanti dal loro collaborare – ciascuno per la propria esperienza – con la cooperativa», prosegue Carturan. Il risultato è stato sorprendente. «Secondo quanto ci ha restituito il team della Cattolica, gli imprenditori coinvolti hanno usato parole come sostenibilità sociale ed economica, hanno parlato di ripercussioni sugli obiettivi strategici delle loro realtà e hanno sottolineato l’impatto sulla loro reputazione sia interna, sia esterna. Dagli enti pubblici sono arrivate osservazioni in merito al proprio rapporto con il territorio, ma anche alla possibilità di migliorare sia la rilevazione del bisogno sia l’organizzazione del lavoro al loro interno. I dipendenti hanno parlato di integrazione, inclusione, sviluppo personale, benessere: tutte dimensioni che sono state oggetto di cambiamento da quando è stata avviata la loro collaborazione con la cooperativa. Da ultimi, i coordinatori hanno sottolineato l’arricchimento personale, il coinvolgimento nella mission della cooperativa e, soprattutto, l’importanza sociale del loro lavoro. Tutti hanno comunque fornito elementi positivi. Di fatto – prosegue Carturan – in questa prima fase c’è stata una grande disponibilità da parte dei soggetti e delle persone coinvolte: alla curiosità per il processo che è stato avviato e che rappresenta un unicum, si è associato l’interesse nel volersi soffermare a riflettere sugli elementi di valore che scaturiscono dalla collaborazione con Solidarietà e Servizi».
Come prossimo passo, l’esito dei focus group sarà la base per redigere i questionari che a loro volta saranno somministrati a una platea più ampia di stakeholder al fine di ottenere un quadro il più possibile completo e oggettivo dell’impatto sociale generato dalle attività, dai servizi e dai progetti di Solidarietà e Servizi.
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/07/impattosociale.jpg6831024mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-07-20 15:39:242022-07-20 16:12:25Benessere, sostenibilità e arricchimento personale: questo l’impatto sociale di Solidarietà e Servizi
L’incontro tra il giornalista del mensile e la cooperativa sociale in un racconto che coglie il valore del pay-off che accompagna Solidarietà e Servizi da oltre 40 anni
Qualche settimana fa Maurizio Vitali, giornalista della rivista Tracce, è venuto in Solidarietà e Servizi. Ha visitato alcuni servizi, incontrato le persone e vissuto insieme con loro alcuni momenti della giornata riuscendo a cogliere il significato di quel “mai più soli” che guida Solidarietà e Servizi da oltre 40 anni. Questo il suo articolo che è stato pubblicato sul numero di luglio 2022 del mensile Tracce.
«Mai più soli»
di Maurizio Vitali
«Lavorando qui ho avuto la possibilità di pensare che la vita non è chiusa in un confine, ma gode di un oltre». Parola di Salvatore, uno delle migliaia di volti accolti dalla Cooperativa sociale Solidarietà e Servizi, che cura, educa, dà lavoro a persone fragili. «Mai più soli» è il pay-off della Cooperativa sociale Solidarietà e Servizi, il motto che la contrassegna. Ma anche molto di più: è parola detta a ciascuna delle 6.113 persone fragili e disabili “prese in carico”, è promessa fatta a ognuno in una relazione da persona a persona da parte dei 502 operatori quotidianamente impegnati ad adempierla.
La Cooperativa, nata nel 1979, ha il quartier generale a Busto Arsizio ed è attiva in sei province (Varese, Milano, Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia) con un’ampia gamma di servizi di carattere socio-sanitario, formativo, educativo, di inserimento lavorativo. Domenico Pietrantonio e Paolo Fumagalli sono i due uomini al vertice: del Consiglio di gestione il primo, del Consiglio di sorveglianza il secondo. Qui ha sede anche il Centro socio-educativo per disabili (non troppo gravi). In uno spazio un po’ soggiorno di casa un po’ laboratorio artigianale, gli ospiti sono impegnati a gruppetti in varie attività (ci sono scansie colme di oggetti costruiti da loro) o in conversazioni con le educatrici (tema: la gita fatta a Cremona). Laura, coordinatrice, spiega quello che sta lì sotto i nostri occhi: che l’approccio non è per nulla assistenziale, che ciascuno è guardato come persona unica, con una sua prospettiva e un suo destino. In una relazione personale, l’educatore riconosce e valorizza i talenti di ognuno. Alessandro, con altri disabili, tiene in ordine la grande aiuola della pizzeria che dà sulla piazza, e ne è molto orgoglioso: «Togliamo le cartacce e le cacche dei cani, bagniamo l’erba, così abbiamo lo sconto sulla pizza». È un esempio di esperienza di autonomia, possibile e fruttuosa solo se la persona si sente voluta e in compagnia. «Io con il Paolo», ci tiene a comunicare un altro, «e con la Francy vado a fare la spesa. A volte cuciniamo noi, e non andiamo a mangiare in mensa». Mario, 54 anni, non ha più l’uso della parola: digita su un sintetizzatore che traduce in voce: «Mi piace stare qui perché mi vogliono bene e mi aiutano a star bene». Stesse parole vengono su dal cuore di Maria, che di anni ne ha 69. Esperienze, pensieri, problemi vengono affrontati e discussi insieme per prenderne coscienza, imparare, farne tesoro: cartelloni scritti a pennarello appesi alle pareti raccolgono il succo delle scoperte e delle condivisioni, sotto grandi titoli come “tristezza”, “noia”, “gioia”, “alimentazione”.
A Cassano Magnago il Centro diurno disabili ”Il veliero” accoglie persone, anche minori, con handicap gravi e molto gravi. Nettamente in maggioranza quelli in carrozzina. Come una specie di piccolo drive-in domestico, quattro o cinque di questi “veicoli” sono sistemati in semicerchi o di fronte a uno schermo: guardano i cartoni animati. Altri, in carrozzina o a letto, hanno bisogno di una presenza costante di qualcuno che li accudisca in tutto. Prendersi cura di loro è un affare che non ti dà mai tregua. «In effetti un lavoro così», dice Lucia, coordinatrice del Centro, «va scelto, non subìto magari come ripiego. Per me è stata come la scoperta di una vocazione, nata quando frequentavo ragioneria e ho iniziato a fare caritativa: stare con quelle persone bisognose con una compagnia di amici tesi a cogliere il senso vero di quanto facevamo, a imparare che la vita è gratuità… cavoli! Mi rendeva felice». In una carrozzina che ci passa accanto, c’è una ragazzina minuscola per la sua età – ha 18 anni – gracile, le parti del corpicino sproporzionate, come afflosciata e mezzo accartocciata. «E noi», riflette Lucia «che cosa siamo qui a fare? Noi chi siamo per loro? E loro chi sono veramente per noi, per me? Se mi chiedo solo cosa posso fare e lascio che s’infiltri la pretesa, è un disastro. Occorre semplicemente stare con lei, come un segno, una presenza totalmente gratuita. Anche lei può sentirsi amata, se io stessa mi sento amata». Ma una, da sola, fosse anche una su mille, ce la fa? «No! Non bisogna mai stancarsi di chiedere aiuto … di chiedere. C’è un senso di carità tra i miei colleghi che ci aiuta a prenderci cura di noi stessi e degli altri».
A Gallarate vi è un Centro diurno per minori (una cinquantina fra i 4 e i 18 anni) con disturbo generalizzato dello sviluppo, cioè autistici. Si chiama “Pollicino”, e come nella fiaba offre la traccia per un cammino, in raccordo e a integrazione della frequenza scolastica, di crescita personale. Qui, sotto la guida della coordinatrice, Mariolina, tutto è predisposto con cura. Gli spazi organizzati e ben strutturati, non angusti, ma nemmeno troppo ampi; le cose in ordine, materassini per il relax, strumenti per l’attività motoria, scatole e antine degli armadietti ben etichettati per indicare il contenuto, agenda con la scansione della giornata. Accorgimenti cruciali per una reale attenzione alla persona con disturbi dello spettro autistico, la quale resterebbe dolorosamente disorientata, se non traumatizzata, se non fossero messi in atto. Non solo. Seguire un ragazzo significa non solo dedicare tempo e attenzione a lui, ma anche alla famiglia, che deve portare un enorme carico di fatica fisica e psicologica. Qui raccolgono le lacrime di padri che confidano: «Io da solo tutto questo dolore non ce la faccio a reggerlo», o le angosce di madri avanti negli anni per il futuro dei loro figli: «Chi gli vorrà bene quando non ci sarò più?». Ecco, sempre la percezione acuta, netta, che da soli non ce la si fa. L’unica speranza è in una compagnia che arrivi fino all’amicizia.
Ultima tappa del nostro viaggio, il “Capannone” di Busto, che fornisce lo sbocco lavorativo in diversi reparti: meccanica, assemblaggio, rigenesi di apparecchi di telecomunicazione, gestione documentale e de-materializzazione, call-center e back-office. Si va dalle operazioni più semplici a quelle più complesse e di alto livello. Dovunque, a vederli lavorare, non distingui chi è disabile (circa il 60-65%) e chi no: stesso impegno, stessa cura, stesso piacere del lavoro ben fatto. I disabili seguono un percorso graduale: preparazione al lavoro; tirocinio, con contratto di formazione, per valutare le sue capacità; infine l’assunzione come dipendente a pieno titolo. «Noi crediamo nel lavoro inteso come realizzazione della persona», tiene a sottolineare il presidente Pietrantonio: «Che sia un lavoro degno, utile, remunerato. Perciò accettiamo la sfida del mercato: soddisfare clienti che sono aziende importanti e di prestigio, giustamente esigenti sul rispetto dei tempie sugli standard di qualità. I nostri lavoratori ne sono consapevoli, corresponsabili e orgogliosi». Su una parete è dipinto un grande albero. Rami e radici corrispondono a parole importanti, raccolte dalle esperienze e dai pensieri dei lavoratori. Una è “orizzonte”. L’orizzonte intravisto da Salvatore, cardiopatico, i medici avevano previsto che non sarebbe arrivato a 14 anni, è morto a 33, grato perché «lavorando qui ho avuto la possibilità di pensare che la vita non è chiusa in un confine, ma gode di un oltre». Un’altra è “realizzazione”: «Passavo sempre per incapace, invece ho imparato a riconoscere il mio valore». Poi la parola “onestà”: viene da un lavoratore ex tossicodipendente, abituato a mentire e imbrogliare: «Mi sono sentito guardato e accettato per quello che sono, non mi serve mentire, è naturale essere onesto». Le radici affondano nella parola “dignità”. Fatima, immigrata di 21 anni, una vita a raccogliere patate nei campi per due soldi e neanche uno sguardo da umani: «Qui ho capito che anch’io valgo qualcosa». Davide, un ragazzone di 36 anni, schizofrenico: «Ho fallito tutti i tentativi, solo e lasciato a me stesso non riuscivo neanche a tenere il posto che mi davano». Ora è orgoglioso di «andare a comprare il pane con i soldi che guadagno». «Noi capi e coordinatori», interviene Pippo, «siamo fortunati: vedere come queste persone fragili vivono il lavoro è un dono prezioso da custodire. Ci mostra che il senso del lavoro nasce dall’obbedienza alla realtà, e che si è utili e motivati se si serve qualcosa di più grande. Nel concetto di obbedienza alla realtà si riconosce pienamente anche chi credente non è: semplicemente compartecipa alla stessa esperienza dell’umano, allo stesso cammino di redenzione». Una signora oggi cinquantenne, la vita segnata delle violenze subite dal padre: «Io non ho un Dio, ma grazie a quanto mi dicono e mi fanno vedere i nostri capi, io oggi odio meno mio padre». Una sua collega: «Sono cresciuta in una famiglia credente, poi nella vita mi sono trovata sola e piena di rabbia. Qui sto facendo un grande lavoro su me stessa. Provo invidia per quelli che si convertono, perché li vedo gioiosi». Amanda lavora alla gestione documentale: «Sono passata dalla voglia di morire alla voglia di vivere». Sara ha 28anni, la sindrome di Asperger, una memoria pazzesca, una laurea in Economia, e la perfetta consapevolezza delle sue limitazioni: «Cercavo di camuffarmi per nascondere la mia diversità, qui ho imparato ad accettare la mia condizione, a lavorare sulla mia fragilità. E a pregare».
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/07/tracce1.jpg6821024mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-07-20 15:36:022022-07-20 15:36:04“Mai più soli”: più di una parola, una promessa. L’articolo di Maurizio Vitali pubblicato su Tracce
Memoria storica di Solidarietà e Servizi, Massimo Sangalli va in pensione dopo 38 anni vissuti in ascolto dei bisogni, ma soprattutto dei desideri delle persone di cui si è preso cura
Cambiare prospettiva. Mettersi dall’altra parte per guardare ai bisogni di una persona. Non importa se davanti a noi ci sono persone fragili, con disabilità fisiche o psichiche, leggere oppure particolarmente complesse: l’importante è saper camminare insieme. E “insieme” è il grande insegnamento che Massimo Sangalli ha fatto suo nei 38 anni di attività in Solidarietà e Servizi. Assunto nel 1986, a luglio ha lasciato il coordinamento del Centro Diurno Disabili (CDD) di Marnate ad Annalisa Dabraio per la meritata pensione.
Quell’ “insieme ci riusciamo” che muove Solidarietà e Servizi da 43 anni è diventato per Massimo approccio globale alla persona, visione del lavoro come luogo educativo e attenzione ai bisogni ma soprattutto ai desideri delle persone. «La mia esperienza in Solidarietà e Servizi ha avuto inizio nel 1984 con gli 11 mesi di servizio civile», ricorda Massimo. «Da allora è stato un cammino fatto insieme, fatto di servizi, di persone, di formazione, di responsabilità ma soprattutto di crescita insieme. Quando ho iniziato, con me c’erano ragazzi miei coetanei. Paolo, che oggi è al CSE – Centro Socio Educativo – di via Isonzo, ma anche Marco, Pier, Maurizio, Tullio, Alberto, Stefano e Mario: siamo diventati grandi insieme. Tanti giovani uomini che in quel periodo provavano a mettere le mani sulla realtà per farla diventare un pochino più interessante».
Memoria storica della cooperativa, che ha seguito passo passo l’ampliamento delle strutture e dei servizi, Massimo ha assistito alla nascita del primo SFA – Servizio di Formazione all’Autonomia – di Solidarietà e Servizi, «anche se ai tempi il servizio aveva una valenza molto più rivolta verso l’assistenza. Quell’assistenza che permette di avere momenti privilegiati con i ragazzi attraverso i quali conoscersi, fidarsi, far emergere le cose più belle ma anche quelle più dolorose». Il lavoro insieme alle persone con disabilità è stato al centro della sua attività iniziale. «Negli anni Novanta iniziavano a esserci le convenzioni lavorative attraverso le quali alcuni nostri ospiti potevano entrare nel mondo del lavoro: imparavano non solamente a lavorare, ma soprattutto la passione per il lavoro. Perché si possono imparare tutte le operazioni da fare, ma se non si impara la passione si perde la realtà».
Seguendo l’evoluzione normativa dell’ambito socio-sanitario, Massimo è diventato dapprima responsabile della qualità e dei trasporti per Solidarietà e Servizi, per poi essere nominato coordinatore del CDD – Centro Diurno Disabili – di Marnate, servizio storico nonché centrale per la cooperativa sociale. «Una grande responsabilità e una bella sfida che ho accettato ciecamente, fidandomi di chi mi aveva affidato l’incarico», ricorda. «Ho fatto mio il principio della responsabilità, sentendomi responsabile verso gli ospiti, le loro famiglie, i colleghi e la cooperativa stessa». In questa visione globale si inserisce la presa in carico totale della persona. «I rapporti che ho tentato di creare con le persone delle quali ci prendiamo cura sono sempre stati caratterizzati dalla volontà di collaborazione, amicizia quando possibile e dialogo serrato, sempre con lo scopo da una parte di accogliere il bisogno e dell’altra di tentare di scoprire quale fosse il vero desiderio dell’ospite ma anche dei suoi familiari. Così mi è capitato di scoprire delle cose eccezionali: ricordo Alberto i cui genitori erano un po’ troppo protettivi. La mamma, una donna straordinaria, non lo lasciava mai solo. Ma un giorno Alberto ha detto quello che voleva: “I miei genitori mi trattano come un epilettico”. È stato il punto di svolta del nostro percorso educativo. Aveva un desiderio di adultità».
È nell’ascolto, nel rapportarsi che si cresce insieme. «È il lavoro fatto a Marnate: aprire il servizio al territorio e alla comunità perché, come spesso ci è stato riferito, le persone che sono venute a trovarci ne sono uscite arricchite. Come ha detto il professor Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà: “Il nostro metodo di conoscenza è l’incontro”. E ho sempre desiderato incontrare le persone: non c’è modo diverso per conoscere la realtà, se non incontrarla. E incontrare è non avere pregiudiziali».
Dall’incontro nasce la pienezza. «Quando ero responsabile del servizio trasporto, ricordo cosa mi disse un volontario. Era un ingegnere informatico che pur di venire da noi aveva rinunciato a fare delle consulenze retribuite. Gli chiesi il perché. Disarmante, ma vera la risposta: “Qui mi sento pieno”, mi disse. È quanto capita quando ci avviciniamo agli altri, li ascoltiamo e li accogliamo. È una sensazione impagabile».
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/07/sangalli_massimo.jpg6831024mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-07-20 15:33:052022-07-20 16:20:42«Incontro e accoglienza: qui ho vissuto il vero valore del nostro Insieme ci riusciamo»
L’incontro “Tessitori di speranza” con Trevisi e Mariani, promosso da Solidarietà e Servizi Fondazione e dalla cooperativa sociale Solidarietà e Servizi, ha dato un nuovo slancio al ruolo dell’operatore sociale
Chiamati a essere “tessitori di speranza”. Gli educatori, gli assistenti sociali e tutti coloro che lavorano in ambito sociale ed educativo devono essere costruttori di un nuovo approccio, dove la persona – e non l’individuo – è al centro di tutto e dove la speranza è quell’elemento capace di creare fiducia, dare vita a nuove progettualità e costruire il cambiamento. La cooperativa sociale Solidarietà e Servizi e Solidarietà e Servizi Fondazione, in collaborazione con l’agenzia Mete No Profit che ha finalità culturali, scientifiche e metodologiche nel campo del servizio sociale, hanno promosso sabato 18 giugno l’incontro dal titolo “Tessitori di speranza”; un appuntamento molto partecipato (più di 100 le persone che lo hanno seguito in presenza dalla sede di Solidarietà e Servizi e in streaming) che ha voluto riflettere sul ruolo, oggi, del lavoro sociale ed educativo. In cattedra due autorevoli relatori: Giuseppe Trevisi, assistente sociale e pedagogista, docente dell’Università degli Studi di Milano e Vittore Mariani, pedagogista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
«L’operatore sociale è oggi stretto tra due fronti: ci sono procedure e standard cui rispondere, ma sente l’esigenza di accompagnare le persone di cui si prende cura. Come operatori ci viene quindi chiesto di essere tessitori, tessitori di speranza», ha introdotto Laura Puricelli responsabile area Autismo e Autonomie della cooperativa sociale Solidarietà e Servizi e membro del Consiglio di Amministrazione dell’omonima Fondazione.
Ma cos’è la speranza? «La speranza motiva ad aver fiducia e non cedere: se cedo, ne va del mio umano e dell’umanità che incontro», ha detto Trevisi. «Speranza non è l’andrà tutto bene che leggevamo durante il lockdown. Se una persona ha speranza dice: io sono certo che andrà tutto bene. Perché ho in me una certezza, un senso che regge l’urto della realtà, anche l’urto della pandemia. La speranza è quindi un punto di partenza e non un’opzione perché si spera in un bene più grande. E qui, ognuno fa i conti con se stesso». Un operatore sociale – dice ancora Trevisi – è chiamato a raccogliere gesti di speranza: «In quella che chiamo ”disponibilità a tutta prova” e che significa “io ci sono”, la costruzione di progetti permette di intercettare la speranza, ovvero il desiderio, la richiesta della persona. Ci vuole coraggio per sperare perché la realtà che impatta è molto dura».
Proprio partendo dalla speranza, Mariani ha indotto la necessità di operare per un cambiamento, un cambio di prospettiva che vada oltre stereotipi, catalogazioni e pregiudizi. «La speranza è universalmente definita come fiducia nella possibilità di realizzazione di un futuro positivo. E per un futuro positivo usiamo la parola “bene”. Ma qual è il bene per l’essere umano?», si è chiesto. Innanzitutto, allora, serve definire l’essere umano. «Dal punto di vista pedagogico riconosciamo l’essere umano nella sua intrinseca umanità; riconoscere la sua originalità. Da qui, riconosciamo subordinatamente le sue potenzialità. Attraverso il linguaggio e il contatto corporeo entriamo in contatto con persone che si trovano in una situazione di difficoltà; ma il problema non è loro: è nostro. Riconoscendo l’originalità della persona possiamo personalizzare il nostro intervento: la chiave quindi della speranza è la personalizzazione. Noi lavoriamo sul potenziale umano, e non sui problemi, mettendo in campo una grande audacia educativa».
All’interno di questo quadro, anche la relazione educativa assume una nuova dimensione. Tre le accezioni individuate da Mariani: «Una progettualità accogliente comunitaria, cioè il creare un contesto affinché la persona si possa sentire accolta, dove è la comunità a progettare l’accoglienza e fare educazione. La relazione educativa è quindi sviluppo del potenziale umano e vera inclusione. Educare significa permettere alla persona di essere dinamicamente se stessa, destabilizzando continuamente il contesto. Qui la parola chiave è “destabilizzare”: siamo noi che ci dobbiamo destabilizzare; siamo noi che dobbiamo cambiare».
Partendo da questi «fondamentali», la speranza diventa «il coltivare la libertà. Così, davanti a una persona disabile, la libertà è dare continuamente delle possibilità». Come realizzare tutto questo? «Attraverso un progetto educativo personalizzato; attraverso gli strumenti comunitari che devono coinvolgere anche le famiglie e una cultura del cambiamento». Ha concluso: «La situazione è difficile, dobbiamo affrontarla con lucidità progettuale, nella consapevolezza che i risultati potranno non essere immediati».
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/06/tessitori3.jpg660990mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-06-23 10:42:132022-06-23 10:48:52Persona, fiducia e comunità: la speranza elemento chiave nel lavoro sociale ed educativo
Cuore pulsante è il parco del Centro dove, grazie al 5×1000 di quest’anno, è prevista la realizzazione di un Percorso Vita inclusivo
Cos’è l’estate? Al CDD – Centro Diurno Disabili – “Solidarietà” di Marnate (VA) sono stati proprio gli ospiti a scegliere le parole con cui definirla: natura, scoperta, colore, movimento e divertimento. Perché, se per Massimo l’estate è «stare in luoghi aperti, godere della bellezza del nostro parco immaginando come sarà, fare giardinaggio», per Emanuela il vero significato dell’estate è nel colore: «Lo usiamo, manipoliamo, mischiamo, osserviamo e disegniamo all’aperto». Norma preferisce muoversi, «fare gite, passeggiate, andare in piscina, fare ginnastica e yoga all’aperto». E Jessica pone l’accento sul divertimento: «L’estate è fare dei grandi giochi, balli, canti, feste, ma anche pranzi e merende a tema, aperitivi e grigliate insieme». A questi si è aggiunta la “scoperta” quale occasione per incontrare nuovi amici, vedere nuovi posti e fare nuove esperienze. È nato così l’intenso programma di “L’estate è ….”, una maratona di iniziative lunga due mesi che, iniziata il 6 giugno, si concluderà l’8 agosto.
«I cinque temi, individuati proprio insieme con gli ospiti del CDD, sono stati sviluppati nel corso dei cinque giorni della settimana per tutto il periodo di durata del centro estivo», spiega Armenia, educatrice al CDD “Solidarietà”. «Fanno da filo conduttore delle attività, dei giochi, dei laboratori con gli esperti e delle uscite. È una vera e nuova estate durante la quale, come dicono i “nostri” ospiti: “Possiamo riprendere a fare, a incontrare vecchi e nuovi amici”. Perché nella programmazione abbiamo voluto coinvolgere molti amici per fare nuove esperienze e conoscere la loro “arte”». Come l’incontro proposto lo scorso 13 giugno, quando le persone del CDD hanno fatto esperienza di “arte visiva” con l’esperta artistica Monica Ropa che ha proposto dei laboratori ispirati al metodo Bruno Munari. Al centro di tutto c’è stato il bellissimo parco che caratterizza il Centro, dove la natura si presenta in grande spolvero e che è oggetto del progetto di realizzazione del Percorso Vita fruibile da tutti cui è legata la campagna del 5×1000 di Solidarietà e Servizi.
È stato un incontro molto particolare e partecipato «cui ho aderito spinta dalla curiosità di capire quanto una persona con disabilità può percepire della bellezza della natura», spiega Monica. Il risultato è andato oltre ogni aspettativa. «Ho colto nelle persone delle sfumature di meraviglia. È un dato che mi rincuora e che mi spinge a dire che si può lavorare sulla percezione della bellezza anche nelle persone con disabilità. Perché la bellezza è un valore intuitivo, passa poco dalla ragione e non è necessario che sia espresso con le parole. La bellezza della natura, nelle sue forme e nei suoi colori, sorprende e può regalare veri momenti di gioia emotiva in tutti».
Sempre il parco del CDD sarà al centro dell’incontro del 12 luglio: Giorgio, guardia ecologica volontaria (Gev), guiderà una passeggiata nel bosco. E sempre nel parco, il 19 luglio Ercole Galli, istruttore di fitness, porterà oggetti ginnici per trasformarlo una palestra a cielo aperto.
Il programma si completa con l’incontro del 28 giugno con Cinzia Macchi, insegnante di Religione oggi in pensione, che darà una testimonianza sulla propria esperienza religiosa, e con il concerto del 22 luglio “Note da interno che spalancano all’infinito” con l’intervento al pianoforte di Viktoria Esposito, giovane artista della scuola di musica e della pianista Sabrina Dente. Per concludere, Letizia Vanin, laureata all’Accademia della Belle Arti a Brera, terrà una lezione sul colore.
Accanto alle iniziative al Centro, sono state programmate diverse uscite: all’Azienda Agricola Il Borgo di Cassano Magnago per la raccolta dei mirtilli, al parco di Villa Annoni a Cuggiono, alla Pesca Sportiva al Lago Murett a Bulgarograsso, all’agriturismo le Balzarine di Fagnano Olona. Non poteva mancare qualche tuffo in piscina, all’Idea Verde di Solbiate Olona. «Sono contento – dice Mattia, ospite del CDD – Mi piace la piscina, la doccia e il poter nuotare insieme ai miei amici».
Buona estate allora.
Senza però dimenticare di contribuire al progetto del Percorso Vita inclusivo con il 5×1000. Basta una firma e il codice fiscale di Solidarietà e Servizi: 00782980122.
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/06/marnate_estate1.jpg6821022mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-06-23 10:24:182022-06-23 10:25:15L’estate al Centro Diurno Disabili di Marnate: nuove esperienze e nuovi incontri per crescere insieme
Si è chiusa la terza edizione dell’iniziativa che ha visto protagoniste le persone con disabilità di cui Solidarietà e Servizi si prende cura
La disabilità diventa occasione di collaborazione, crescita e arricchimento a Caronno Pertusella (VA). Con la fine delle lezioni, si è chiuso per quest’anno anche il progetto che ha visto il Centro Diurno Disabili di Solidarietà e Servizi operare insieme con le scuole caronnesi. L’iniziativa, promossa per il terzo anno, è il segno tangibile di una collaborazione significativa di Solidarietà e Servizi: alla richiesta delle scuole di attivare un progetto di integrazione ed educazione alla diversità, ha risposto la cooperativa sociale facendo diventare protagoniste le stesse persone che frequentano il centro “Il Girasole”. Un’iniziativa rivolta a 15 classi di quarta e quinta elementare dei plessi Sant’Alessandro, Ignoto Militi e Pascoli e sei classi di prima media del plesso De Gasperi. «Con le scuole elementari siamo andati a realizzare un progetto per educare e insegnare ai bambini cos’è la diversità, quale l’approccio corretto da avere, in una società che vuole riconoscere, proprio nella diversità, una ricchezza. E il partire dai bambini è una scelta ottima per educare alla diversità», spiega Mery, educatrice de “Il Girasole” responsabile del progetto. «Il tema di quest’anno è stata la sperimentazione del limite da parte dei piccoli alunni. I ragazzi si sono misurati in una serie di esercizi ed esperienze sensoriali che, insieme ad alcuni ospiti del CDD, hanno permesso loro di sperimentare la condizione della disabilità». Dalle difficoltà nel vedere fino alle problematiche del muoversi in mezzo a barriere architettoniche. «Lo scopo è stato quello di creare empatia e spirito di solidarietà per vedere l’altro non solamente nel suo limite, nella sua disabilità, ma come una persona», prosegue.
Il lavoro fatto con le classi delle medie ha invece riguardato la realizzazione di un orto a scuola. «Rafforzando il rapporto di amicizia e conoscenza sviluppato gli anni scorsi, siamo andati a realizzare il progetto dell’orto in due momenti: innanzitutto, insieme con i ragazzi del CDD sono stati fatti cartelloni esplicativi delle diverse essenze che sarebbero state piantumate, indicando caratteristiche, curiosità e persino ricette; nella seconda parte tutti insieme abbiamo lavorato per la creazione effettiva dell’orto, mettendo a dimora i “nostri” ortaggi».
Il risultato è andato ben oltre le aspettative in termini di arricchimento reciproco e di integrazione. «È stata un’esperienza positiva. Mi sono sentita una persona normale che poteva esprimere le sue emozioni in maniera libera. Anche nel parlare con i bambini, nonostante l’emozione, non ho avuto difficoltà a farmi capire», racconta soddisfatta Cinzia Ba, ospite de “Il Girasole” coinvolta in prima persona nel progetto. «Mi rimane nel cuore la bellezza di questo incontro, la simpatia dei bambini, la loro capacità di capire le mie difficoltà in quanto persona disabile e la bravura di Mery nell’aiutare tutti noi a vivere al meglio questa esperienza». Obiettivo centrato anche per le scuole. «Mi è piaciuto molto – racconta un’insegnante -. Grazie agli ospiti del Centro che con la loro determinazione hanno molto da insegnarci».
Ma prima di affrontare le meritate vacanze, lo sguardo va già al prossimo anno. «Stiamo già pensando al nuovo progetto da fare insieme – anticipa Mery – magari prevedendo un nuovo lavoro sulle barriere architettoniche».
Il CDD di Caronno Pertusella si conferma attento ai bisogni espressi dal territorio e alle opportunità da cogliere creando occasioni di crescita comune: terzo settore, mondo della scuola e istituzioni. Il Centro Sperimentale per minori con disturbo del neuro-sviluppo “F. Viganò” è un ulteriore e concretissimo esempio di ciò che possono generare legami virtuosi: grazie a una revisione degli spazi de “Il Girasole” e al lavoro sinergico con gli istituti scolastici oltre che con il Comune di Caronno, sono già cinque i minori che frequentano il nuovo Servizio, il quale sta riscuotendo l’interesse di famiglie e personale scolastico.
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/06/caronno_scuole1.jpeg7741161mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-06-23 10:20:542022-06-23 10:20:56A lezione di diversità: il progetto del Centro Diurno Disabili “Il Girasole” con le scuole di Caronno Pertusella e le opportunità offerte dal Centro per minori con disturbo del neuro-sviluppo “F. Viganò”
Attivata una sezione riservata per permettere ai soci volontari di consultare i documenti della cooperativa sociale
Una nuova area dedicata ai soci volontari. Solidarietà e Servizi ha attivato all’interno del proprio sito una sezione riservata per rafforzare il legame con i soci volontari e coinvolgerli maggiormente nell’adempimento della mission della cooperativa sociale. Il socio volontario è infatti per Solidarietà e Servizi una risorsa fondamentale che permette, attraverso la sua partecipazione, il perseguimento delle finalità della cooperativa, testimoniando una gratuità che è al fondo di ogni azione umana e che ha una particolare espressione nel prendersi cura delle persone disabili, ogni giorno e in vario modo.
Collegandosi alla pagina www.solidarietaeservizi.it/volontari/ i soci volontari possono accedere all’area loro riservata dove consultare tutti i documenti relativi alla cooperativa sociale: Statuto, Regolamento interno, Codice Etico e Modello Organizzativo.
https://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2022/06/socivolontari.jpeg624936mparotti mparottihttps://www.solidarietaeservizi.it/wp-content/uploads/2023/10/logo-solidarieta-servizi-2023-300x195.pngmparotti mparotti2022-06-23 10:16:372022-06-23 10:18:05Una nuova area del sito dedicata ai soci volontari di Solidarietà e Servizi