L’invito della UYBA Volley a Solidarietà e Servizi: «Siete un esempio virtuoso dal quale imparare»

Una rappresentanza dell’Area Inserimento Lavorativo ha testimoniato l’operato della cooperativa sociale all’e-work Area di Busto Arsizio

Da spettatori speciali a testimoni virtuosi. Sono i circa 50 dipendenti di Solidarietà e Servizi che sono stati invitati lo scorso 15 ottobre alla e-work Arena di Busto Arsizio per l’esordio in casa della UYBA Volley. La società che milita nel campionato di A1, la massima serie della pallavolo femminile, e che è allenata dal coach dei record Julio Velasco, ha voluto una rappresentanza dei dipendenti di Solidarietà e Servizi che operano all’interno dell’Area Inserimento Lavorativo di Busto Arsizio con lo scopo di «presentare un’eccellenza». Come spiega l’amministratore delegato dell’UYBA Volley Gianluigi Viganò: «Noi ci occupiamo di sport e di giovani anche attraverso le società affiliate. Abbiamo quindi molta attenzione agli aspetti educativi. Quest’anno abbiamo deciso di dare spazio nel “nostro” palazzetto a chi per noi rappresenta un esempio virtuoso nel mondo del non profit. Paliamo di società che non hanno una dinamica di profitto, ma hanno un profondo impatto sociale; realtà che hanno una storia particolare e che sono meritevoli di essere messe in evidenza». Lo scopo di questa iniziativa è duplice: «Innanzitutto, proporre ai giovani dei modelli virtuosi per il loro futuro; non certo secondo, offrire la possibilità di creare reti tra le aziende, in modo tale che possano attivarsi sinergie tali da sostenere l’attività di queste realtà». 

La prima vetrina è stata data a Solidarietà e Servizi, in particolare all’Area Inserimento Lavorativo che, proprio attraverso il lavoro – un lavoro vero – vuole far crescere in autonomia, consapevolezza e dignità le circa 100 persone fragili e con disabilità alle quali viene data questa opportunità. «La relazione tra mondo dello sport ad alto livello, com’è nel nostro caso, e mondo della disabilità ritengo che sia molto positiva. Il nostro coach Julio Velasco dice sempre che “chi perde si giustifica e chi vince festeggia. Ma è nella sconfitta che si impara”. Ogni essere umano ha le proprie fragilità, che siano fisiche, emotive, caratteriali o psicologiche; è però chiaro che alcune fragilità sono più evidenti di altre. Vedere persone che ogni giorno affrontano i loro problemi e le loro difficoltà, reagendo bene e cercando di superarli, ci fa riflettere sulla nostra reale capacità di affrontare le situazioni difficili». La disabilità non deve essere un ostacolo, ma uno stimolo. «Uno stimolo – prosegue – anche per gli atleti di serie A. Se per i ragazzi di Solidarietà e Servizi la presenza al palazzetto può essere stato un momento di svago e di essere tifosi tra i tifosi della nostra squadra, per le nostre atlete e il nostro team è stata l’occasione per imparare che davanti ai problemi bisogna reagire insieme. Il tutto in un’ottica di attenzione alla persona. Solidarietà e Servizi ci insegna molto ed è per questo che per noi è un esempio virtuoso».

Alla fine della partita non poteva mancare la classica foto con il capitano Giuditta Lualdi e le giocatrici della UYBA.

“Custodi di desideri, costruttori di fiducia”

Solidarietà e Servizi continua a investire nella formazione dei propri operatori: l’incontro con il professor Colli ha permesso un approfondimento sugli aspetti fondamentali del prendersi cura delle persone con disabilità

Sono i desideri che portano dalla speranza alla fiducia. Perché «se la speranza è l’atto creativo che ci fa superare le difficoltà porta all’atteggiamento del “tentare sempre”, le esperienze positive aprono la disposizione alla fiducia. Ma sono i desideri che cambiano prospettiva: il prendersi cura è disponibilità verso l’altro, è attenzione al suo desiderio». Paolo Colli, pedagogista e formatore, già docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 19 ottobre scorso ha tenuto nella sede di Solidarietà e Servizi e online il corso di formazione “Custodi di desideri, costruttori di fiducia”, al quale hanno partecipato circa 250 tra educatori, ausiliari e coordinatori. Dopo gli anni della pandemia, sono tornati così nella cooperativa sociale i momenti di formazione fondativa dedicati a tutti gli operatori di Solidarietà e Servizi e finalizzati a dare concretezza alla mission sociale: mai più soli … insieme ci riusciamo.

«È questo un momento particolarmente importante», ha introdotto il presidente del Consiglio di Gestione di Solidarietà e Servizi, Domenico Pietrantonio, “in cui rimettiamo a tema gli aspetti fondamentali della nostra visione: “Mai più soli, Insieme ci riusciamo”. «Ed è questa l’occasione per ribadire l’importanza del nostro capitale umano: gli operatori che quotidianamente, con passione e responsabilità, sono chiamati a prendersi cura delle persone con disabilità che famiglie e Comuni affidano alla cooperativa».

Il recente passato ha messo in risalto il tema della speranza. «La pandemia ha funzionato come il luminol: l’essenziale si è reso visibile agli occhi per costruire una convivenza più coesa e innervata di solidarietà e mutualità», ha detto il prof. Colli. «Siamo tutti parte di un corpo sociale, legati da fili invisibili, interconnessi tanto che il comportamento di un singolo è decisivo per la salute degli altri». In una situazione dove «non siamo barche tutte uguali, ma siamo tutti nella stessa tempesta», servono «anticorpi sociali», ha proseguito. «Il nostro mondo e i territori sono risorse di solidarietà. Siamo quindi in grado di rigenerare coesione e di reagire all’individualismo mettendoci in gioco per il bene collettivo». E qui entra in campo quel prendersi cura dell’altro al quale Colli attribuisce una «sacralità». Ha spiegato: «È questa la radice primaria dell’essere uomo. Ci si definisce umani grazie alla capacità di prendersi cura, di sentirsi sollecitati, impegnati, coinvolti e responsabilizzati dalla presenza dell’altro». E proprio nel cambiare prospettiva, andando a identificare il prossimo, è possibile aiutarlo, ovvero prendersene cura. «È il desiderio di chi abbiamo indentificato come nostro prossimo che muove, orienta e alimenta. Misurarsi con il desiderio proprio e degli altri non è perdersi in una sterile e univoca analisi dei bisogni e non è una risposta esclusivamente materiale, ma un incontro di responsabilità dell’operatore che incontra il desiderio di vivere e di crescere di chi ha bisogno». Anche perché «ciascuno di noi ha bisogno, ha avuto bisogno e avrà bisogno di una rete di aiuti».

In questo contesto l’educare, l’essere educatore, diventa arte dove «la disponibilità verso l’altro è attenzione al suo desiderio, alle sue domande, ai suoi discorsi. La capacità di leggere il desiderio dell’altro, senza soffocarlo con il nostro, è la sfida di ogni relazione di aiuto». Una relazione biunivoca e basata sulla realtà che però è capace di dare una nuova lettura all’impegno educativo di chi si prende cura di persone fragili e con disabilità: «È un dispositivo di identità e adattamento», ha concluso.

Inaugurata a Pavia la nuova Casa di Via Francana: un modello del Dopo di Noi

Una coprogettazione di Solidarietà e Servizi e dell’Associazione Un Nuovo Dono che ha realizzato il sogno di Paride di andare a vivere insieme a Stefano e Michele

A Pavia c’è una nuova casa per tre persone con disabilità. È stata inaugurata lo scorso 5 ottobre la “Casa di via Francana”, soluzione abitativa realizzata ai sensi della legge 112/2016 sul Dopo di Noi, coprogettata dall’associazione Un Nuovo Dono e dalla Cooperativa Sociale Solidarietà e Servizi. «È un housing autogestito pensato e progettato sulla base delle esigenze delle persone con disabilità che lo abitano. Il modello è quello già adottato cinque anni fa con la Casa di via Dei Liguri, sempre a Pavia, e che rappresenta un unicum nel panorama delle risposte al Dopo di Noi», spiega Massimo Zanotti, presidente della Organizzazione di Volontariato Un Nuovo Dono. «La collaborazione con Solidarietà e Servizi ha permesso di affrontare il tema del Dopo di Noi in modo diverso: non una struttura, ma una casa dove, in attuazione della convenzione ONU sui diritti dei disabili, una persona sceglie come vivere, dove vivere e con chi vivere. Paride, Stefano e Michele hanno scelto: vivono insieme, seguendo i loro progetti individualizzati di vita che sono stati predisposti da un’equipe multidisciplinare e con la condivisione delle famiglie».

Al taglio del nastro, insieme agli artefici del progetto, l’Associazione Un Nuovo Dono e Solidarietà e Servizi, sono intervenute le più importanti autorità cittadine: il sindaco di Pavia Fabrizio Fracassi e il vescovo, monsignor Corrado Sanguineti che l’ha definita «una casa bellissima benedetta dal Signore».

Per il sindaco Francassi, l’housing è «uno straordinario progetto. Un grande dono per tutta la città», ha commentato. «L’Associazione Un Nuovo Dono e Solidarietà e Servizi insieme mirano non solo a fornire un alloggio a tre ragazzi in cui lavorare nella direzione di uno stile di vita autonomo, ma sono impegnate fortemente anche nella direzione della sensibilizzazione dell’intera cittadinanza intorno alle disabilità».

I più felici però sono i tre protagonisti della Casa di Via Francana. Innanzitutto Paride, da cui tutto il progetto è partito, con la messa a disposizione del proprio appartamento. «Pur vivendo da tre anni con mia cugina, ho capito che, per stare bene entrambi, avevamo bisogno di avere ciascuno i propri spazi, stare in due case separate. Così ho chiesto a due miei amici di venire a vivere con me».

I suoi amici hanno accettato con entusiasmo. E con grande gioia hanno anche presentato la nuova casa a coloro che sono passati a trovarli. Michele ha voluto mostrare a tutti «la mia bellissima doccia e la mia camera, dove c’è anche la foto del papà sulla scrivania». Stefano non ha nascosto alla zia il suo orgoglio «per un armadio a quattro ante tutto per me».

Piccoli segni? Assolutamente no. Sono i segnali di «una bella vita in una bella casa», ha scritto sul libro degli ospiti Loredana Niutta direttore del Dipartimento della Programmazione per l’integrazione delle Prestazioni Sociosanitarie e Sociali di ATS Pavia.

Sono segni di un’attenzione particolare alla persona, nella sua unicità. «La Casa di Via Francana nasce dalle necessità specifiche di Paride, Stefano e Michele. Abbiamo intercettato l’esigenza e la fatica di tre famiglie e valutato anche la compatibilità di far convivere tre persone con disabilità. Il risultato è nel poter dare la possibilità a loro di realizzarsi proprio come persone adulte e alle famiglie di staccarsi da una situazione che stava diventando pesante», spiega Simona De Alberti, referente di Solidarietà e Servizi per la Città di Pavia. È anche la testimonianza concreta del claim della cooperativa: «Insieme ci riusciamo», ricorda. «Insieme abbiamo operato, non solamente con Un Nuovo Dono, ma coinvolgendo le famiglie, le strutture di riferimento, la Fondazione Cariplo, la Fondazione della Comunità della Provincia di Pavia e la Fondazione Banca del Monte di Lombardia che ci hanno aiutato e sostenuto nelle spese di ristrutturazione e arredo».

La Casa di Via Francana, che sorge al terzo piano del civico 17 dell’omonima via, si estende su circa 80 metri quadrati. È composta da tre locali, due camere e un soggiorno-cucina, dove Paride, Stefano e Michele possono vivere insieme, sviluppando la loro autonomia.

Solidarietà e Servizi selezionata da Intesa Sanpaolo per il Programma Formula con il progetto AliBlu

L’obiettivo del progetto è ampliare l’offerta di servizi territoriali dedicati ai minori con disturbo dello spettro autistico, a fronte di un bisogno in continua crescita

Un bisogno reale, una risposta concreta per bambini e adolescenti con disturbo dello spettro autistico. Si chiama AliBlu il nuovo progetto che Solidarietà e Servizi ha sviluppato per prendersi cura delle persone con autismo. Un’iniziativa avviata grazie alla collaborazione con il Comune di Marnate e che è stata selezionata da Intesa Sanpaolo per il Programma Formula in collaborazione con Fondazione CESVI. Obiettivo: ampliare l’offerta di servizi territoriali dedicati ai minori con disturbo dello spettro autistico, a fronte di un bisogno in continua crescita.

«Questo progetto nasce dal processo di continuo ascolto nei confronti del territorio e delle famiglie», premette Laura Puricelli, responsabile Area Autismo e Autonomia di Solidarietà e Servizi. «Le richieste che ci arrivano dai servizi del territorio, quali ad esempio la Neuropsichiatria Infantile ‐ NPI – e i Servizi Sociali comunali, confermano la necessità non solamente di proporre servizi con caratteristiche educative e abilitative, ma anche di dare vita a interventi rivolti al sistema famiglia e alla scuola, oltre che ai territori. Nell’area dove maggiormente opera la cooperativa sociale, ci sono delle liste di attesa importanti: la NPI della ASST della Valle Olona ha circa un anno di attesa per le prime visite al quale si aggiunge un altro anno per l’avvio della presa in carico riabilitativa».  A fronte di tempi non indifferenti, c’è un contesto sociale che rischia di aggravare questa situazione. «Gli strascichi della pandemia e le conseguenze socio economiche del conflitto in corso nell’Est Europa incidono molto portando a inasprire le disuguaglianze sociali e di reddito e precludendo a un’importante fascia di popolazione l’accesso alle cure e agli interventi di mitigazione di situazioni di fragilità», prosegue Puricelli. «Emerge quindi un grande bisogno, soprattutto da parte di quelle famiglie che, oltre ad affrontare problematiche economiche e di integrazione culturale, si trovano a gestire i bisogni di un figlio con disabilità in una quasi totale assenza di reti familiari di prossimità».

Grazie alla conoscenza e alla presenza nel contesto territoriale in particolare della Provincia di Varese, Solidarietà e Servizi ha voluto sfruttare la possibilità data dal Comune di Marnate di aprire un nuovo servizio per l’autismo nella Valle Olona, una nuova unità d’offerta in un territorio che ne è sprovvisto. «L’esperienza maturata con progetti quali “Pollicino”, il primo centro diurno per minori autistici attivo a Gallarate dal 2012 e “Oltre” il CSE – Centro Socio Educativo – aperto a Busto Arsizio nel 2021 e dedicato agli adolescenti con disturbo dello spettro autistico, ci ha permesso di progettare un nuovo intervento rivolto sempre ai minori, capace di porre attenzione alle famiglie e al contesto sociale (scuole, servizi territoriali) in una logica inclusiva».

Per dare vita al progetto AliBlu è possibile partecipare alla raccolta fondi avviata su For Funding, la piattaforma di Intesa Sanpaolo per la raccolta fondi in favore di progetti solidali: https://www.forfunding.intesasanpaolo.com/DonationPlatform-ISP/nav/network/formula

AliBlu è sostenuto da Intesa Sanpaolo attraverso il Programma Formula in collaborazione con Fondazione CESVI.

A Legnano apre la nuova casa San Benedetto dove cinque donne con disabilità vivono insieme

Dal 19 settembre Katia, Elisabetta, Susanna, Fabiola e Sandra abitano nel nuovo appartamento di Solidarietà e Servizi dove il Dopo di Noi diventa realtà e l’autonomia cresce con la domotica

È tutta in “rosa” la nuova casa San Benedetto di Solidarietà e Servizi. Da martedì scorso 19 settembre Katia, Elisabetta, Susanna, Fabiola e Sandra abitano a Legnano, in quello che è il nuovo appartamento della cooperativa sociale: una struttura ampia, dove cinque donne con disabilità vivono insieme, facendo un’esperienza non di mera coabitazione, ma di famiglia; dove il “Dopo di noi” trova una risposta concreta e proattiva. «Mi piace tutto di questa casa», esordisce Elisabetta. «Mi piace com’è fatta, i colori che ci sono e mi piace stare a Legnano: qui conosco il Parco Castello». Non riesce a contenere l’entusiasmo Katia che, al suo primo ingresso, si lascia andare in un «mi piace da morire». Lei è la nuova compagna di stanza di Elisabetta: «La camera è molto bella». Per Susanna la nuova casa rappresenta anche una nuova sfida: «Ho tante speranze per questa esperienza: essere a Legnano mi permetterà di fare uscite diverse, conoscere gente nuova e soprattutto proseguire nel mio percorso di vita». Come? «Preparando, ad esempio, la pizza il sabato». Una pizza che è già diventata leggenda: «È spettacolare», conferma Fabiola.

Le cinque donne però non sono nuove al vivere sotto lo stesso tetto. Fino al giorno prima vivevano infatti a Cassano Magnago, alla residenza Isa Tanzi dove però, pur avendo una zona notte dedicata, condividevano le aree comuni con degli uomini. «Non vedevo l’ora di venire qui», prosegue Fabiola. «Siamo tutte donne: abbiamo una maggiore privacy e, di certo, non ci saranno occasioni di litigare su cosa vedere in tv». A unirle c’è soprattutto la musica. «Il Volo, i tre tenori ci piacciono molto. Potremo ascoltarli e potremo ballare». A unirle c’è anche il colore delle camere: «È un rosa antico», spiega Sandra. «L’ho scelto io perché è un colore che mi piace molto. Vedo però che piace molto a tutte».

I legami con Cassano Magnago non saranno però interrotti e il fatto che Marta, l’educatrice che le seguiva alla residenza Tanzi, abbia accettato di spostarsi a Legnano è un segnale importante!

Posta al primo piano della palazzina di via Venegoni, la casa San Benedetto si estende su circa 120 metri quadrati con tre stanze, una cucina e un soggiorno, oltre ai due bagni e il locale di servizio. «È una casa che condensa molti valori della cooperativa», spiega Giacomo Borghi, responsabile Area Residenziali e Domotica di Solidarietà e Servizi. «C’è il tema del “Dopo di Noi” al quale rispondiamo dal 2000 non solo con strutture residenziali comunitarie, ma con vere  e proprie case dove le persone con disabilità possono vivere in un ambiente famigliare, potendo sempre avere un proprio spazio; c’è il tema della domotica applicata allo sviluppo dell’autonomia: questa casa ha infatti una serie di automazioni e sistemi di monitoraggio – come ad esempio l’apertura della porta con lettore di impronta digitale, o sensori per il monitoraggio del sonno – che permettono di agevolare alcuni compiti e garantire sicurezza; c’è il tema della relazione con il territorio: la posizione della casa permette di fare molte attività; c’è infine il tema del miglioramento organizzativo e gestionale dei servizi residenziali, funzionale al perseguimento dei progetti di vita delle persone di cui ci prendiamo cura; in tal senso  è encomiabile e soprattutto importantissimo il lavoro svolto con professionalità e spessore umano dalle coordinatrici dei Servizi coinvolti in questo nuovo progetto, Elisa Colletto e Roberta Battiston, le quali mantengono sempre alta l’attenzione su ciascuno degli ospiti coinvolti.

È una vicinanza che concretizza quel “Mai più soli … insieme ci riusciamo” che muove Solidarietà e Servizi nel prendersi cura delle persone con disabilità.

Crescere insieme: dalla formazione degli operatori al Progetto di Vita delle persone con disabilità

Il progetto di valutazione della Qualità di Vita delle persone che abitano negli appartamenti di Solidarietà e Servizi diventa momento di crescita e di acquisizione di ulteriori competenze da parte degli operatori

Qualità della vita e qualità professionale sono due strade che si incrociano in Solidarietà e Servizi mettendo sempre la persona al centro. Obiettivo è l’accompagnamento delle persone con disabilità di cui la cooperativa sociale si prende cura; obiettivo è anche la crescita degli operatori che quotidianamente rendono possibile questo prendersi cura. 

Il progetto di valutazione della Qualità di Vita delle persone con disabilità che vivono nei sei Appartamenti di Solidarietà e Servizi diventa così opportunità di crescita professionale per gli educatori. Attraverso una batteria di strumenti (questionari, interviste, scale), denominata BASIQ – BAtteria di Strumenti per l’Indagine della Qualità di Vita -, messa a punto dal Centro per la Salute Pubblica dell’Università di Toronto e adattata per la realtà italiana, non solo si è facilitati nel valutare la Qualità di Vita di chi è accolto negli Appartamenti di Solidarietà e Servizi, ma si migliora il Progetto di vita che viene redatto per e con ogni singola persona. Mutuando un’espressione più legata all’ambito business che a quello sociale, si potrebbe parlare di un processo win-win, dove alla fine tutti possono migliorare. «È un percorso costante: quello formativo, per avere conoscenze e strumenti più approfonditi per migliorare il “prendersi cura”, ma anche quello progettuale finalizzato a comprendere i limiti e valorizzare le potenzialità di una persona con disabilità», premette Giacomo Borghi, responsabile Area Residenziali e Domotica di Solidarietà e Servizi, area che è stata interessata da questo progetto.

«Anche grazie agli input arrivati da Regione Lombardia, che attraverso l’ATS dell’Insubria ha proposto dei corsi di formazione sul tema della Qualità di Vita delle persone con disabilità, ci siamo concentrati sulle 25 persone che vivono negli Appartamenti della cooperativa», spiega Valentina Bogani, coordinatrice dell’Appartamento Casalab e responsabile del progetto di Solidarietà e Servizi. «Non si è trattato di fare una semplice fotografia, ma di un profondo cambio di visuale, affrontando il tema della progettualità dal punto di vista della persona con disabilità». Concretamente sono stati organizzati dei colloqui e delle interviste con le persone che vivono negli Apppartamenti. «Fondamentale è stato instaurare un rapporto di fiducia, attraverso il coinvolgimento di un educatore conosciuto e che sa come rapportarsi, come porre le domande e come leggere anche le risposte. L’obiettivo non era la sola raccolta delle valutazioni – che tra l’altro finora sono state tutte molto positive – ma lavorare sull’autoconsapevolezza. Che significa consapevolezza dei limiti, ma anche consapevolezza delle proprie potenzialità, il tutto per far emergere i desideri, stimolando un pensiero creativo rispetto agli strumenti e alle risorse che si possono mettere in campo». I risultati sono quindi diventati materia di studio dell’equipe. «È un momento importante: lavorare insieme per andare a redigere un Progetto di vita non solamente personalizzato, ma condiviso con la stessa persona. Un progetto che deve diventare “strumento” nelle sue mani».

Nella valutazione è stato utilizzato anche lo “SPAIDD-G”, uno strumento tecnico per la valutazione psicopatologica per le persone con disabilità intellettiva e dello sviluppo. «È uno strumento importante ma piuttosto complesso. Si tratta di un test che permette di leggere alcuni comportamenti per comprendere quali di essi possono essere ricondotti a una psicopatologia».

L’obiettivo di tutto questo percorso è sempre arrivare a un Progetto di vita. «Non definitivo, in quanto deve essere adeguato nel tempo», precisa Bogani. «Ma il più possibile personalizzato. È un percorso dove cresciamo tutti: gli operatori attraverso la formazione; le persone con disabilità, attraverso un prendersi cura che lavora sui limiti, sulle potenzialità e sui desideri».

Conclude Borghi: «È il “mai più soli” che guida Solidarietà e Servizi da quasi 45 anni: un’espressione che non indica solamente lo stare insieme, ma comprende una precisa modalità di farlo: crescendo tutti».  

Inaugurata la nuova stanza snoezelen del CDD – Centro Diurno Disabili – Manzoni: uno spazio multisensoriale per i bambini autistici e con disabilità grave

Solidarietà e Servizi continua a investire in tecnologia: la stanza permette una miglior presa in carico e un maggior benessere. Il progetto avviato grazie a una donazione privata

«Oggi coroniamo un sogno. Un sogno che è iniziato grazie alla donazione della famiglia Albè e che è diventato realtà». Con queste parole Cristina Ridofi, coordinatrice del CDD – Centro Diurno Disabili – Manzoni di Busto Arsizio, servizio gestito da Solidarietà e Servizi in concessione per il Comune, mercoledì 19 luglio ha aperto ufficialmente la porta della nuova stanza snoezelen. «La stanza porterà il nome di Maria Rosa, la nonna di una bambina del Centro, mancata qualche tempo fa: grazie al marito Mario e ai figli Stefania e Massimo, l’ambizioso progetto della stanza multisensoriale è partito per diventare un prezioso aiuto ai 31 minori disabili che frequentano il servizio».

Visibilmente commossi, i componenti della famiglia Albè hanno “scartato” la porta dando così accesso per una visita ai molti presenti alla cerimonia. «È un progetto meraviglioso – hanno commentato -. Mai avremmo pensato che Maria Rosa avrebbe potuto portare al CDD Manzoni una struttura così importante. Abbiamo creduto in questo progetto e lo abbiamo sostenuto anche con iniziative benefiche perché potrà fare bene a questi ragazzi che chiamiamo speciali, dai quali c’è molto da imparare». La stanza snoezelen è di fatto un concentrato di tecnologia al servizio della stimolazione multisensoriale. «Dà la possibilità di accedere a più canali di stimolazione: questo è fondamentale per le persone con disabilità intellettive. Le stimolazioni plurime, attraverso i cinque sensi, portano a un’importante interazione con l’ambiente che stimola la percezione», dice la neuropsichiatra Gemma Donati di AIAS Busto Arsizio.

Lavorando con minori affetti da disabilità grave e con disturbo dello spettro autistico, Solidarietà e Servizi ha voluto trovare nuovi approcci terapeutici che meglio rispondessero ai loro bisogni. Spiega Laura Puricelli, responsabile Area Autismo e Autonomia di Solidarietà e Servizi: «Dando seguito all’attenzione verso le soluzioni tecnologiche e domotiche per migliorare l’autonomia delle persone disabili, che già sono applicate all’interno delle nostre case, l’interesse si è orientato verso lo snoezelen, una metodologia mirata alla ricerca di un contatto con il mondo interno della persona attraverso la stimolazione dei sensi, favorendo il contatto e la relazione interpersonale».

Snoezelen, neologismo formato dalla sintesi delle parole olandesi “snuffelen” (trovare, esplorare) e “doezelen” (sonnecchiare, pisolare), è un’attività che si svolge in una stanza con illuminazione, atmosfera e musica, in un ambiente organizzato, fornito di stimoli multisensoriali, controllabili e modulabili, che ha come finalità il benessere della persona. «Per offrire tutto questo, la stanza, di circa 40 mq, è stata attrezzata con delle importanti dotazioni tecnologiche», riprende la coordinatrice del CDD Manzoni, Cristina Ridolfi. «Vi è un letto ad acqua termoriscaldato, dotato di casse che producono delle vibrazioni. Inoltre sono stati predisposti: una bubble-tube luminosa a led che crea vibrazioni acustiche e stimolazioni visive; fili led a cascata che compongono una sorta di “medusa” che fa da tenda; un proiettore mobile che permette di avere immagini sulla parete e sul soffitto e un impianto audio con tre postazioni di casse. Il tutto viene gestito da un telecomando centrale che regola colori, intensità, suoni e vibrazioni». All’interno della stanza vi sono anche una piscina con palle di plastica trasparenti così da riflettere i giochi di luce e un’amaca che riproduce il contenimento fetale, «una sensazione di protezione preziosa per affrontare alcune specifiche fragilità», prosegue. La stanza, che è un ambiente protetto, silenzioso, dove ogni stimolazione è controllata, offre «aumento della concentrazione e del rilassamento; incremento della comunicazione e interazioni sociali; riduzione dei comportamenti stereotipati con aumento di comportamenti adattivi e riduzione dei comportamenti autolesivi e aggressività».

Dopo un mese di formazione, gli operatori hanno iniziato a proporre questa esperienza ai minori del CDD, che hanno da subito manifestato grande entusiasmo e maggior benessere, con la prospettiva di aprire la stanza anche ad altri servizi di Solidarietà e Servizi, quali il centro per minori con disturbo del neurosviluppo Viganò di Caronno Pertusella e il centro per minori autistici Pollicino di Gallarate.

Il progetto, avviato grazie alla donazione della famiglia Albè, è stato realizzato grazie all’impegno di Solidarietà e Servizi e a un bando di re-capitalizzazione di Fin-Lombarda che aveva come obiettivo la crescita e lo sviluppo della cooperativa dopo il difficile periodo del Covid.

L’inaugurazione della stanza snoezelen è diventata una grande festa per le famiglie e gli ospiti del centro, grazie alla collaborazione del Gruppo Alpini Busto Arsizio – Castellanza e della Croce Rossa di Legnano.

Viaggiare partendo da valori condivisi: Triwey, il portale che sostiene Solidarietà e Servizi

Responsabilità sociale e ambientale uniscono la cooperativa sociale al metamotore dedicato ai viaggi attraverso il quale è possibile sostenere il lavoro delle persone fragili o con disabilità

Dai viaggi al sostegno delle persone con disabilità, il passo è breve quando si condividono valori. Così, anche la scelta di una struttura per la vacanza può diventare l’occasione per sostenere Solidarietà e Servizi. È il caso di Triwey, il portale dedicati ai viaggi con una marcia etica in più: «Abbiamo posto l’etica al centro, proponendo destinazioni e strutture sostenibili per fare di un viaggio un’azione capace di bene sia all’ambiente, sia al sociale», spiega Riccardo Zausio, che circa un anno fa ha dato via a Triwey. «L’idea di partenza è stata quella di promuovere un turismo diverso, responsabile: più attento ai temi sociali e ambientali. A questo abbiamo voluto aggiungere una finalità benefica: per ogni viaggio che viene organizzato attraverso il portale è possibile scegliere un progetto da sostenere». Tra Tanzania, Cambogia e Uganda, c’è anche Busto Arsizio con la cooperativa sociale Solidarietà e Servizi. «L’abbiamo voluta inserire perché crediamo fortemente nel suo operato a favore del mondo della disabilità, fino all’inserimento lavorativo: non solamente dignità, ma anche valorizzazione della persona attraverso progetti di vita capaci di tradurre il concetto di integrazione in azioni e soluzioni concrete». Il legame tra la famiglia Zausio e Solidarietà e Servizi però è un po’ più profondo e antico rispetto alla nascita di Triwey. Il papà di Riccardo, Piero, che ha supportato e sostenuto il figlio nel lancio del portale, ha fatto il servizio civile proprio in Solidarietà e Servizi. Un’esperienza che è rimasta negli anni e che è stata rafforzata dalla visita agli spazi di viale Toscana di Busto Arsizio, dove ha sede l’Area Inserimento lavorativo della cooperativa. «Un conto è leggerne e parlarne; diverso è toccare con mano una realtà che sa prendere per mano le persone fragili e disabili e accompagnarle in un percorso di autonomia e crescita», spiega Riccardo. «Non è solamente una questione di offrire la possibilità di avere un’entrata economica, ma il percorso di crescita nel quale sono inseriti; un percorso che fa leva sulla valorizzazione dei loro talenti all’interno di una struttura sociale fortemente orientata al mercato, dove tutti lavorano con un obiettivo comune».

La scelta di inserire quindi Solidarietà e Servizi tra le non profit da sostenere attraverso Triwey è stata quasi spontanea. Continua Riccardo: «Non è facile individuare realtà serie, capaci di dare un valore in più, ma in questo caso ci siamo ritrovati su una piattaforma comune fatta da valori condivisi». Precisa Gabriele Scampini, responsabile commerciale dell’Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi: «È proprio dalla condivisione di valori che nascono progetti importanti. Una condivisione che mette la persona al centro all’interno di una visione dove le tre dimensioni dell’ESG – ambiente, sociale e governance – trovano compiutezza».

Sostenere Solidarietà e Servizi attraverso Triwey è semplice e non costa nulla. «Basta scegliere il viaggio da fare: il portale confronta più di 70 siti di viaggio contemporaneamente per garantire l’offerta più economica con strutture che rispondono a requisiti etici; quindi indicare la cooperativa sociale come destinataria del sostegno. Non viene chiesto alcun costo aggiuntivo perché il contributo benefico viene dato direttamente da Triwey», sottolinea Riccardo.

Per non perdere l’occasione di fare un viaggio sostenibile e aiutare Solidarietà e Servizi: https://www.triwey.com/solidarieta-e-servizi/

Il centro Viganò raggiunge la piena operatività: serve però più spazio per i minori con disturbo del neurosviluppo

Coprogettazione in risposta a un reale bisogno del territorio al centro del servizio sperimentale avviato da Solidarietà e Servizi a Caronno Pertusella

A meno di un anno dalla sua inaugurazione, il centro “Fabio Viganò” di Caronno Pertusella ha raggiunto la sua piena operatività. Merito della capacità di saper individuare i bisogni e merito di una coprogettualità che la cooperativa sociale Solidarietà e Servizi ha saputo mettere in campo insieme con gli attori del territorio, in primis il servizio di Neuropsichiatria della ASST Valle Olona e il comune di Caronno Pertusella. Ufficialmente aperto nell’ottobre scorso, dopo un periodo di rodaggio, il centro sperimentale “Viganò”, che Solidarietà e Servizi ha ricavato ottimizzando gli spazi del CDD – Centro Diurno Disabili – “Il Girasole”, offre progetti educativi individualizzati per minori dai 3 ai 17 anni con disturbo del neurosviluppo e, in particolare, con diagnosi di disturbo dello spettro autistico.

«L’idea progettuale si è sviluppata a seguito delle segnalazioni del crescente bisogno di servizi educativi e risocializzanti pervenute dall’UONPIA – Unità Operativa Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della ASST Valle Olona – sede di Saronno, da parte delle famiglie e dei Servizi sociali del territorio», premette Laura Puricelli, Responsabile Area Autismo e Autonomia di Solidarietà e Servizi. «Questo servizio, che è stato progettato per accogliere fino a un massimo di dieci minori in compresenza, ha avuto un’importante crescita: a oggi, i minori in carico sono 16 e ci sono famiglie che hanno già fatto richiesta per un inserimento nei prossimi mesi. C’è quindi una lista di attesa che stiamo gestendo, individuando soluzioni alternative in altri servizi della cooperativa sociale sulla base della residenza della famiglia».

Infatti, il servizio non risponde solamente al bisogno dell’ambito territoriale di Saronno, ma si è fatto interprete di un’esigenza trasversale, da Legnano a Lonate Pozzolo, da Garbagnate a Castellanza. Le proposte educative e socializzanti e il personale specializzato hanno permesso a questo servizio di farsi conoscere dai territori limitrofi, che hanno iniziato a prendere contatti per una collaborazione. «Nello specifico, oltre al Servizio di Neuropsichiatria Infantile (NPI) di Saronno, da cui sono pervenute le prime segnalazioni, siamo stati contattati da AIAS di Busto Arsizio, dalle NPI di Legnano e Busto Arsizio e recentemente dalla NPI di Limbiate e Rho», ricorda la Coordinatrice del servizio Cristina Ridolfi. In concreto il centro “Viganò” lavora con i minori sull’apprendimento e rafforzamento delle autonomie, per vivere in modo adeguato nei contesti sociali in cui sono inseriti; offre occasioni ricreative, di socialità e di gestione del tempo libero, e l’integrazione tra i percorsi (scolastico, riabilitativo, educativo). Sono inoltre previsti interventi di accompagnamento nelle delicate fasi di passaggio e il sostegno alla famiglia con la quale viene condiviso il Progetto Personalizzato pensato per il loro figlio».

Una proposta ampia e mirata che ha saputo centrare l’obiettivo. «Mio figlio ha iniziato a frequentare per due giorni settimanali il centro diurno Viganò», racconta Nicoletta mamma di Francesco. «Inizialmente aveva un comportamento molto impulsivo e non accettava alcune regole comportamentali. Ad oggi dopo la frequenza di un anno siamo riusciti a ottenere risultati positivi grazie alla costanza delle educatrici».

Davanti a un bisogno in crescita, Solidarietà e Servizi si è attivata per dare risposte anche attraverso altri servizi della cooperativa, ma questo non basta; è sempre più necessario, oltre che urgente, individuare uno spazio più ampio che permetta la presa in carico di un maggior numero di minori. La proposta è stata presentata al Comune di Caronno Pertusella che è stato il primo a condividere la progettazione di Solidarietà e Servizi nel dare vita al “Viganò”.

Un lavoro vero: superare l’assistenza per far crescere l’autonomia

Dignità e fiducia le parole chiave nelle testimonianze di alcune delle 63 persone fragili e disabili assunte e che lavorano in Solidarietà e Servizi

«Andare a prendere il pane da disoccupato o andare a prendere il pane da occupato non è la stessa cosa. La parola giusta è “dignità”, che è anche la parola che sta alla base del nostro albero disegnato in ufficio». È riassunto in queste poche parole di Davide, persona con disabilità che lavora nel reparto BPO – Business Process Outsourcing – di Solidarietà e Servizi, il significato concreto del valore dell’autonomia per la nostra cooperativa sociale. Non assistenza, ma lavoro vero capace di valorizzare i talenti che ci sono nelle persone. Così anche Sabrina, arrivata in Solidarietà e Servizi dai Servizi Psichiatrici di Cura, con il lavoro in cooperativa dice: «Ho riscoperto me stessa. Avevo molti timori: è stata la fiducia, quella dei colleghi e dei capi, a darmi forza. E dalla loro fiducia ho ritrovano la fiducia in me».

Per una persona fragile non è semplice affrontare il mondo del lavoro. E spesso, sono due le strade possibili. Come prosegue Davide: «Avevo due esempi di persone fragili come me: una che, non volendo farsi aiutare, è rimasta disoccupata; l’altra che ha accettato mansioni di basso livello, nettamente al di sotto delle sue potenzialità». All’inizio Davide ha deciso di seguire il secondo esempio. «Ho cercato di trovare lavoro come categoria protetta. Così ho iniziato a lavorare in una società di smistamento posta. Un lavoro anche piacevole, ma in un ambiente lavorativo degradato. Poi ho trovato occupazione come contadino: questo però ho capito subito che non era il lavoro giusto per me». È arrivato quindi in Solidarietà e Servizi. «Qui c’era la possibilità di lavorare su una commessa che prevedeva la digitalizzazione di pratiche amministrative. Il committente – una realtà della zona – voleva dare un’opportunità di lavoro a persone con disabilità del territorio. E io, per residenza, rientravo in questa possibilità». L’ambiente positivo e il lavoro gratificante hanno spinto Davide a restare. «Dopo un periodo nel reparto di gestione documentale, sono passato nel reparto BPO dove tuttora svolgo servizi di Back Office amministrativi per alcune aziende». Racconta: «In questa Cooperativa ho trovato un approccio umano diverso, un’attenzione alla persona che permette a ciascuno di vivere serenamente nell’ambiente di lavoro. Sono infatti più tranquillo e ogni qualvolta si presenta l’opportunità di imparare un nuovo lavoro non sono mai solo: i responsabili mi spiegano cosa fare tenendo conto delle mie capacità e rispettando i miei tempi di apprendimento. L’aspetto economico è importante ma non è l’unica cosa: c’è anche la necessità di costruire qualcosa di buono, di bello, di positivo».

Come nell’esperienza di Giorgia, ragazza segnalata dai Servizi Sociali perché in una grave situazione di vulnerabilità sociale. Il lavoro in cooperativa le ha permesso di «rimettere in ordine la vita» e recuperare un senso buono delle cose. Negli anni ha imparato a «tenere» sul lavoro, raggiungendo il traguardo del tempo indeterminato e parallelamente è stata supportata in una crescita personale il cui frutto maturo è la decisone di andare a vivere in una casa propria e di costruire una nuova famiglia.

«Sono queste solamente alcune delle testimonianze dirette che si possono ascoltare dalle attuali 63 persone disabili e fragili che sono state assunte e lavorano in viale Toscana a Busto Arsizio (l’obiettivo che la cooperativa vuole raggiungere in tempi brevi è dare lavoro, lavoro vero, a 100 persone disabili). Qui infatti hanno sede i nostri reparti di BPO, Gestione documentale, assemblaggio, lavorazioni meccaniche, Rigenesi e magazzino, e qui altre 25 persone disabili e fragili sono impegnate tra tirocini e progetti sociali», spiega Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi. «È qui che il lavoro, quello vero, organizzato, di qualità e inserito in processi aziendali diventa un’opportunità importante per la crescita dell’autonomia nelle persone. Per una persona disabile o fragile – ma non solo – il lavoro consente certamente un’entrata economica, quindi anche la possibilità di pianificare il proprio futuro; ma anche di trovare una dimensione nella quale essere inseriti; permette di ritrovarsi e, spesso, anche ripartire. La dignità di cui parla Davide è alla base del sentirsi persona. E la fiducia richiamata da Sabrina è lo specchio nel quale percepire finalmente tutto il proprio valore e diventare protagonisti del proprio progetto di vita».