Vicinanza, relazione, risposte: i Centri Diurni Disabili (CDD) e i Centri Socio Educativi (CSE) di Solidarietà e Servizi pronti alla ripartenza
Nel solco di un’attività che non si è mai fermata e in attesa della nuova normativa, la riprogettazione e la riorganizzazione preparano alla fase 2 per CDD e CSE
Una riapertura coltivata da più di un mese e mezzo. Fin dal momento della sospensione delle attività, i Centri Diurni Disabili (CDD) e i Centri Socio Educativi (CSE) di Solidarietà e Servizi hanno lavorato per preparare il momento della ripartenza. Una nuova progettualità è stata messa in campo per non lasciare sole le persone delle quali la cooperativa si prende cura; una nuova progettualità è allo studio e in fase di elaborazione, per poter tornare ad accogliere tutti nel rispetto di quelle che saranno le, inevitabili, prescrizioni di sicurezza da adottare. Il tutto dialogando con i Comuni e con gli enti pubblici interessati e, soprattutto, con le famiglie, cercando di non perdere di vista tutti gli aspetti che rendono un servizio alla persona una risposta, e dove non è possibile, una condivisione del bisogno, che si traduce in un ascolto, in una relazione che si fa compagnia e sostegno in una situazione difficile per tutti e per alcuni drammatica.
«Il momento di indeterminatezza attuale non ci permette di avere molte sicurezze sulle quali poter fare leva», afferma Giacomo Borghi, responsabile Area autismo, diurni e residenziali per disabili di Solidarietà e Servizi. «Molte sono le domande alle quali non troviamo risposta nelle disposizioni nazionali e regionali. La ripartenza, sempre più necessaria quanto indispensabile per continuare a rispondere ai bisogni delle persone disabili e delle loro famiglie, ci vede però in prima linea». In un ambito dove manca un quadro di operatività in sicurezza, Solidarietà e Servizi sa bene però quali sono i suoi punti di riferimento. «La nostra attenzione alla persona nelle settimane di quarantena ha trovato una nuova concretizzazione – prosegue Borghi -. Ciascun Centro si è organizzato per essere vicino agli ospiti e alle loro famiglie, per far sentire una presenza rassicurante, evitare isolamento, dare risposte modificando ma mai interrompendo il lavoro sugli obiettivi del Progetto individualizzato di ogni ospite. In tal senso sono state cinque le opzioni “operative” che hanno caratterizzato la relazione “a distanza”: 1) laboratori online; 2) attività educativa a distanza; 3) attività educativa a domicilio; 4) attività assistenziale a domicilio; 5) attività presso il centro (in certe condizioni)».
Ad una progettualità legata alla fase 1, si è progressivamente unita una progettualità per la fase 2: per quanto ad oggi siano ancora pochi i punti fermi, la ripartenza è necessaria. «In un certo modo “ce la stiamo immaginando”: partiamo dalle indicazioni sul distanziamento sociale, sull’adozione dei necessari dispositivi di protezione individuale e, cercando di applicarli all’interno dei nostri Centri, arriviamo a ridisegnare gli spazi, rivedere l’organizzazione e preparare una nuova programmazione. La fase 2 sarà graduale, ma questo non ci fermerà nel dare risposte a quanti in queste settimane di quarantena hanno avuto maggiori necessità».
Testimonianza del lavoro fatto e di quello in corso arriva dal Centro Diurno Disabili “Betulle” di Pavia. Alla “rivoluzione” imposta dal lockdown, l’equipe degli educatori ha risposto con una progressiva riprogettazione delle attività. «Abbiamo messo in atto un supporto alle famiglie e agli ospiti con telefonate periodiche, videochiamate e messaggistica istantanea per essere sempre presenti nonostante la distanza», ricorda la coordinatrice del CDD “Betulle” Elisabetta Scabrosetti. «Attività laboratoriali e didattiche sono state messe in atto per non perdere il filo con le azioni precedentemente avviate, ma soprattutto per aiutare i disabili a scandire il tempo e a mantenere le autonomie acquisite». Non sono mancate le visite, «ovviamente mantenendo la distanza richiesta e con l’uso di guanti e mascherine, per la consegna di materiali informativi e didattici. Ma anche per dare un segnale il più possibile concreto di una vicinanza, supporto e aiuto che nemmeno la distanza è riuscita scalfire», prosegue la coordinatrice. Nel frattempo sono state poste le basi per la fase 2. «Siamo partiti da una riprogrammazione degli ambienti con la creazione di una zona filtro, una nuova nominazione degli spazi interni, la programmazione degli interventi di igienizzazione ordinaria e straordinaria, con un ricalcolo della fruizione degli spazi», spiega Scabrosetti. «Partendo da quanto a disposizione abbiamo proceduto con una valutazione degli spazi interni del CDD secondo le regole del distanziamento sociale, cercando di quantificare anche il numero massimo di persone da poter ospitare contemporaneamente». In tutto questo, sono stati fatti studi sul fabbisogno dei dispositivi di protezione individuale e sull’erogazione del servizio. «Ci siamo rivolti anche alle famiglie per comprendere il loro stato emotivo: l’emergenza sanitaria ha di fatto portato al cambiamento di percezione di alcuni elementi. Si può trovare paura, preoccupazione, dubbi: fattori che spesso emergono quanto prevale un senso di solitudine. Ma insieme li vogliamo superare».
Il percorso per un pieno regime è ancora lungo, ma i CDD di Solidarietà e Servizi sono pronti a ripartire. Pronti perché non hanno mai smesso di sostenere la relazione, di essere vicini agli ospiti e alle loro famiglie, ma soprattutto di rispondere a dei bisogni.
#insiemeciriusciamo.