“Vicini da Casa”: il progetto con cui il Centro Diurno Disabili di Saltrio (VA) non ha smesso di prendersi cura delle persone accolte durante l’emergenza CoViD-19

Condivisione, collaborazione e volontà di stare insieme nel progetto realizzato con le persone disabili del Centro Diurno Disabili varesino gestito dalla cooperativa

«Ho fatto i biscotti», dice Francesca. «Mi piacerebbe poterli mettere in un cestino e passarli dalla finestra per farli assaggiare a tutti». È in questa semplice affermazione che sta tutta l’umanità dell’iniziativa promossa dal Centro Diurno Disabili (CDD) di Saltrio, comune della Comunità Montana del Piambello al confine con la Svizzera, che Solidarietà e Servizi gestisce da quattro anni. Perché anche una banale condivisione di un lavoro permette di restituire quel senso di comunità e di insieme capace di andare oltre la quarantena forzata delle ultime settimane. «Sarebbe bello abitare tutti in un condominio e affacciandosi dalla finestra ritrovare i volti amici delle persone che non sono la tua famiglia, ma sai che ti sono vicine con il cuore». È la speranza espressa dalla mamma di un ospite del Centro durante uno degli ormai famosi “contatti a distanza”.

Nessun mattone, né cemento e non ci sono scale, ma nella grande casa dipinta dalle persone disabili del CDD varesino con l’equipe educativa, le finestre ci sono tutte. Dietro a quei vetri disegnati su un gigantesco cartellone spuntano i visi dei 26 protagonisti del Centro. Ciascuno si affaccia per dimostrare che c’è, che è presente. Ed insieme agli altri ricostruisce l’unità e il valore della vita al Centro.

«È un progetto nato per mantenere i contatti con tutti i nostri ospiti», ricorda la coordinatrice del CDD, Milena Simone. «Non tutti potevano rispondere al telefono; non tutti erano nelle condizioni di partecipare ad una videochiamata. Così l’equipe del Centro si è un po’ reinventata e siamo tornati alle “vecchie” carta e penna, o meglio, carta e pennarelli realizzando una grande casa – la nostra casa! – dove ciascuno ha potuto mettere la sua impronta, colorando la sua finestra e personalizzandola ponendoci una sua foto». Non potendo essere a tutti gli effetti dei vicini di casa, sono diventati “Vicini da Casa”. «Questo è infatti il nome che abbiamo voluto dare ad un progetto nato con l’intento di offrire un’occasione di espressione, per evitare che la permanenza in casa potesse diventare sedentarietà mentale, non solo fisica. Quindi una riattivazione cognitiva sotto ogni profilo», prosegue la coordinatrice. «Abbiamo stabilito anche dei tempi per personalizzare il grande disegno: questo per dare delle scansioni temporali e il valore di un fare comune».

Il risultato ottenuto è andato ben oltre le aspettative. Innanzitutto in termini di partecipazione. «Le stesse famiglie, i genitori e i fratelli, si sono attivate per dare una mano a fare la loro parte. E davanti a chi non poteva colorare per una compromissione importante, sono subentrate le mani dei compagni che si sono offerti per la completare le parti mancanti». Condivisionecollaborazione, ma anche ricerca. «Gli stessi familiari si sono sentiti “attori sulla scena”, cercando foto in quell’album di famiglia che magari non aprivano da anni. Ciascuno si è messo in gioco per mantenere viva una relazione carica di significato e proseguire con modalità differenti il lavoro svolto durante l’anno al Centro». 

Il tema dell’abitare insieme, giocato sui colori e sulle immagini, ha portato alla costruzione di un dipinto (3 metri per 4), ricco di persone, di sentimenti e soprattutto della volontà di stare insieme. «L’opera che rappresenta la “nostra casa”, ora che siamo prossimi a ricominciare le attività presso i locali del CDD, verrà appesa all’ingresso del Centro», annuncia la coordinatrice. «Sarà la testimonianza concreta di questo momento storico che ci ha visto forzatamente distanti. Ma sarà anche la memoria viva di come sia possibile sentirsi parte di una comunità pur rimanendo lontani». Perché #insiemeciriusciamo.