Da 25 anni Solidarietà e Servizi è casa

Sono 55 le persone con disabilità che vivono nelle 2 Comunità e nei 9 Appartamenti di Solidarietà e Servizi. Sono case dove è accolto e valorizzato il desiderio di una vita autonoma. E, nei prossimi mesi, è prevista la realizzazione di altre due abitazioni a Caronno Pertusella

Un momento conviviale nella casa di Fagnano Olona

2 Comunità e 9 Appartamenti per un totale di 55 persone con disabilità ospitate. Questi i numeri dell’Area Servizi residenziali di Solidarietà e Servizi che, quest’anno, celebra l’importante ricorrenza dei 25 anni.  Nel 2000, infatti, nasceva la prima Comunità  a Bergoro frazione di Fagnano Olona, seguita – nel 2005 – da quella di Cassano Magnago. Racconta Michele Grampa, l’allora presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa: «Dopo una pluriennale attività di accoglienza che, per semplicità, chiamerei “diurna” ci siamo resi conto che il bisogno era più grande e che era opportuno offrire un servizio ulteriore. Per avere una sempre maggior attenzione alla persona, dovevamo rispondere anche al desiderio di avere una casa accogliente per sè, per un progetto di autonomia abitativa.» 

LA PRIMA COMUNITÀ ALLOGGIO A BERGORO DI FAGNANO OLONA 25 ANNI FA 

«Ricordo con particolare soddisfazione  la Comunità Alloggio di Bergoro – continua Grampa – una vera e propria casa per persone con necessità di sostegno, ma in grado di vivere insieme con il supporto di educatori e di un coordinatore.» 

«Sono stata assunta per coordinare la Comunità» – ricorda Maura Gabardi, la prima coordinatrice della Comunità di Bergoro. «Avevo in mano un mazzo di chiavi, ma c’era da mettere in piedi tutto. La struttura era appena stata ristrutturata, c’erano solo i muri. Dopo 15 anni di esperienza in un’altra realtà con persone con disabilità, avevo chiaro ciò di cui c’era bisogno: un posto dove le persone si potessero sentire a casa. Quella sarebbe stata casa loro, noi educatori non avremmo preso decisioni al posto loro, ma li avremmo aiutati a scoprire desideri e passioni, incoraggiandoli in quella direzione. Non sarebbero stati ospiti, ma i padroni di casa.» 

Una visione molto precisa che ha trovato subito concretezza: «Sono arrivata a Bergoro il 22 febbraio 2000» – racconta Attilia, la prima persona ad entrare nella comunità dove vive  ancora oggi, dopo 25 anni. «Volevo un posto dove sperimentare la vita al di fuori della famiglia, ma al tempo stesso in cui sentirmi al sicuro, con persone che potessero prendersi cura di me e sostenermi nella vita quotidiana. A Bergoro mi sento proprio a casa mia, nonostante la fatica di abitare con altre persone che non ho scelto. In un contesto di questo genere, fa parte della normalità. Questo  è proprio il luogo per me!» 

«Da 16 anni mia figlia vive a Bergoro ed è felice – testimonia la signora Franca, mamma di Elena, una ragazza della casa. All’inizio io e mio marito non pensavamo si sarebbe inserita facilmente; invece, è stato un passaggio molto naturale. Noi abitiamo vicino, possiamo andarla a trovare. Siamo sereni perché sappiamo che è un luogo per lei molto caro. Si sente in famiglia.»  

Oggi le Comunità rispondono «al bisogno dei genitori che, diventati anziani, non hanno più le energie necessarie per seguire il figlio.» – sottolinea Eleonora Farè, l’attuale coordinatrice. «Ma soprattutto al desiderio della persona con disabilità di realizzare il proprio progetto di vita.»

Desiderio che viene sempre più valorizzato dai servizi pubblici, come evidenzia Paola Bottazzi, coordinatrice dell’Ufficio di Piano dell’Azienda Medio Olona (ambito territoriale di Castellanza). «Negli ultimi anni c’è una maggior attenzione al tema del “durante noi”, favorito anche dalla Legge di Regione Lombardia n. 25/2022. Il focus è sulla costruzione di un progetto di vita autonoma per le persone con disabilità, assecondando il loro legittimo desiderio di uscire di casa, non solo quando i genitori – ormai anziani – sentono venir meno le risorse necessarie. In questo senso è di fondamentale importanza il lavoro di rete tra pubblico e privato, tra sociale e sanitario, per costruire con le famiglie dei percorsi di consapevolezza verso una residenzialità stabile. La collaborazione con Solidarietà e Servizi – storico e affidabile partner – per noi è molto preziosa.» 

LE CASE COME ESPRESSIONE DEL “MAI PIÙ SOLI”… 

Nel tempo, alle due Comunità, si sono poi aggiunte diverse esperienze di coabitazione, spesso realizzate in partnership con le associazioni di genitori e con gli enti pubblici. Oggi gli Appartamenti sono 9, distribuiti in 3 province lombarde, con  altri due in arrivo entro il 2026. 

«La prima esperienza abitativa autonoma per il “dopo di noi” nasce nell’ottobre del 2004» – racconta Giacomo Borghi, responsabile Area Residenziali e Domotica di Solidarietà e Servizi. «Una certa attenzione alle persone che avevamo in carico e ai loro desideri ci ha portato ad essere lungimiranti e, in qualche modo a precorrere i tempi, considerando che la legge nazionale che parla di “Dopo di Noi”, istituendo un fondo per questa tipologia di percorsi, è del 2016 (L.112/2016).» 

«Ci piace chiamarle case – continua Borghi – perché in esse desideriamo ricreare un ambiente familiare, un luogo in cui le persone possano star bene e sentirsi accolte, far esperienza di socialità, di integrazione e reale autonomia.» 

La vita quotidiana è organizzata come quella di una qualunque casa. Ogni persona ha i suoi compiti e partecipa alla gestione domestica, insieme agli educatori e al personale ausiliario. «Le persone hanno – quasi tutte –  un discreto grado di autonomia. Durante la giornata hanno i loro impegni: chi all’area inserimento lavorativo di viale Toscana, con un tirocinio professionalizzante o un’attività lavorativa vera e propria, chi ai Centri Socio Educativi di Samarate o di Busto Arsizio. Nel tardo pomeriggio, poi, si ritrovano insieme, con un operatore che li affianca nelle ore serali, per la cena e le piccole grandi incombenze domestiche.» 

…CON UN’ATTENZIONE ALLA TECNOLOGIA 

«Nelle nostre case sperimentiamo sempre più l’importanza del ricorso alla tecnologia come strumento per sviluppare l’autonomia per una migliore qualità della vita.»  
In questa visione si è inserito il “progetto domotica” studiato insieme alla Facoltà di Ingegneria Gestionale dell’Università LIUC di Castellanza. «La domotica – continua Borghi – è un tema sul quale Solidarietà e Servizi ha investito fin dal 2016, quando abbiamo dato il via al progetto pionieristico di CasaLab a Fagnano Olona (VA). Oggi, con la collaborazione dell’università LIUC e con le aziende del settore che stanno credendo nel progetto, abbiamo sistematizzato il processo di domotizzazione delle nostre case.» 

«La collaborazione con Solidarietà e Servizi è stata molto stimolante» – testimonia Giovanni Pirovano, lecturer presso la facoltà di ingegneria gestionale della LIUC di Castellanza e coordinatore del laboratorio i-FAB. «È stato il primo progetto in cui ci siamo sperimentati applicando tecnologia e  domotica al mondo del sociale. Abbiamo accompagnato la cooperativa in tutto il percorso, dal recepire insieme le richieste e le necessità, all’identificazione delle priorità, fino allo scouting dei fornitori e delle migliori piattaforme.» 

LE PROSSIME NOVITÀ

Il numero delle case è destinato presto ad arrivare a 13. «Nei prossimi mesi – conclude Borghi –  inizieremo a costruire altre due abitazioni a Caronno Pertusella, nell’area dove già oggi sorgono un Centro diurno e un Centro sperimentale per minori con disturbi del neurosviluppo. Si tratta di un progetto molto articolato, che vede la partnership di pubblico e privato, con il coinvolgimento diretto del Comune di Caronno Pertusella, oltre al sostegno finanziario di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo.»  

Un altro appuntamento, più vicino in ordine di tempo, è l’inaugurazione degli Appartamenti “Isa Tanzi” nel Comune di Cassano Magnago. Dopo gli importanti lavori di ampliamento e ristrutturazione – grazie al sostegno della Fondazione UBI per Varese – potranno accogliere, ciascuno, 5 persone con disabilità. 

Con Dynamo Camp un laboratorio di storytelling sensoriale

Cinque ragazzi con autismo del Centro Socio Educativo Oltre di Solidarietà e Servizi partecipano alle attività del City Camp Milano. Insieme, per star bene e valorizzare le risorse di ciascuno

I cinque ragazzi del CSE Oltre al City Camp Milano

Loro sono Giacomo, Riccardo, Olaf, Paolo, Gabriele. Hanno dai 18 ai 30 anni e frequentano il Centro Socio Educativo “Oltre” e le attività di “Avanti Tutta”, uno spazio progettato da Solidarietà e Servizi per sviluppare l’autonomia dei ragazzi con autismo. Ogni martedì, hanno un appuntamento fisso che aspettano con trepidazione: la mattina all’ “appartamento”. Si tratta di un immobile che Solidarietà e Servizi ha in centro a Busto Arsizio, dove per qualche ora, insieme ai propri educatori, si sperimentano in piccole e grandi autonomie: pulire e ordinare casa, cimentarsi con la lavanderia, cucinare,… Da qualche settimana, però, qualcosa è cambiato. Per tre mesi, ogni martedì, andranno a Milano, in via Bovio 6, presso la sede del City Camp Milano di Dynamo Camp. Si sa, cambiare le abitudini, specie per una persona con diagnosi di autismo, può essere particolarmente impegnativo. Ma, in questo caso, ha vinto l’euforia per la nuova esperienza «Vado a fare una cosa ancora più bella dell’appartamento» – racconta Giacomo, uno dei 5 ragazzi.  

UN LABORATORIO DI STORYTELLING SENSORIALE AL CITY CAMP MILANO 

Sveglia presto, treno alle 9 con due educatori. Mezzi pubblici e arrivo presso la sede del City Camp. «Arriviamo in un posto magico – racconta Giulia Ricci, educatrice di Solidarietà e Servizi. Ci accolgono 4 volontari del camp con un sorriso fantastico e dei modi gentili. Anche gli ambienti sembrano progettati apposta per accogliere: luminosi, curati, arredati con gusto, spaziosi… » Una stanza multisensoriale Snoezelen, uno spazio per Radio Dynamo,  la web radio del city camp, un bar, degli spazi di coworking, tante sale per i laboratori di espressione artistica…  «Al City Camp Milano – continua Giulia – la proposta pensata per noi è quella di un laboratorio di storytelling sensoriale, una narrazione che trasporta i nostri ragazzi in un viaggio sensoriale, un’esperienza di rilassamento attraverso i cinque sensi.»  

«Noi educatori siamo contenti perché vediamo i nostri ragazzi molto partecipi e coinvolti. Per loro poi, anche il contesto milanese è un bel banco di prova. Muoversi nella frenesia di una metropoli è particolarmente sfidante, perché li fa misurare con le autonomie, con il problem solving, con la gestione dello stress. E riuscirci, rafforza in loro l’autostima.» 

«“I volontari sono qui per voi”. Questo è quello che ci sentiamo ripetere spesso» – sottolinea Mariolina Caputo, coordinatrice del CSE Oltre. «Nelle diverse attività proposte al camp, infatti, ci viene chiesto di ridurre al minimo ogni intervento educativo. Ed è bellissimo perchè questo permette anche a noi di gustarci il momento in modo speciale: è una straordinaria opportunità di osservazione, di ascolto, di autoformazione. Ogni settimana oltre all’educatore responsabile dell’attività, invitiamo a partecipare – a turno – anche i nostri colleghi, perchè sia un momento formativo per tutta l’équipe.»   

«Con i ragazzi  di Solidarietà e Servizi – sottolinea Giulia Dossena, responsabile del City Camp Milano – stiamo proponendo un percorso su misura. Ci stiamo conoscendo e anche l’attività è frutto della relazione che stiamo costruendo e delle reali caratteristiche dei ragazzi. Per noi di Dynamo è una ricchezza poter entrare in rapporto con le realtà del territorio, come Solidarietà e Servizi. Nonostante gli approcci diversi – ludico ricreativo, il nostro ed educativo, quello degli enti con cui ci incontriamo – l’obiettivo è lo stesso: il benessere della persona, la valorizzazione del potenziale di ciascuno. Quello che proponiamo, in fondo, è per far emergere dai bambini e dai ragazzi quello che sanno, possono e desiderano fare. In una parola, le loro risorse.  Ci piace avere uno sguardo che tiri fuori il meglio. Per noi è un obiettivo molto sfidante, ma crediamo che sia la direzione giusta in cui andare.» 

LA REALTÀ DI DYNAMO CAMP 

Presente dal 2007 in Italia, Dynamo Camp offre gratuitamente programmi di Terapia Ricreativa a bambini e ragazzi affetti da patologie gravi o croniche, disturbi del neurosviluppo o condizioni di disabilità.  Il fine ultimo di Dynamo Camp è contribuire al “diritto alla felicità” di bambini con gravi patologie e delle loro famiglie, attraverso momenti di spensieratezza.  “Right to happiness” cita il pay off. Un luogo dove la vera cura è ridere e la medicina è l’allegria. 

Le attività si svolgono presso Dynamo Camp, in Toscana, e nei Dynamo City Camp in alcune delle principali città del territorio nazionale,  durante l’estate o lungo l’intero arco dell’anno. In particolare, dal 2024, nella sede di Milano, il Dynamo City Camp è in funzione in modo continuativo con spazi ad hoc per le attività e i laboratori. Il modello proposto è quello della Terapia Ricreativa Dynamo®, che ha obiettivi di svago e divertimento, ma anche – e soprattutto – di essere di stimolo alle capacità di bambini e ragazzi, sostenendo la fiducia in se stessi e la speranza, con benefici di lungo periodo sulla qualità di vita

Il servizio “Assegno di Inclusione” in cattedra

L’intera équipe del servizio Assegno di Inclusione di Solidarietà e Servizi racconta il proprio lavoro sul campo agli studenti del corso di laurea in Servizio Sociale dell’Università Cattolica di Brescia

Studenti in un’aula dell’Università Cattolica

In Solidarietà e Servizi è presente il “Servizio Assegno Di Inclusione” che si occupa di supportare le persone e le famiglie nel superamento di situazioni di povertà, supportandole nella graduale riconquista di un’autonomia socio-economica. 

«Recentemente – spiega Alice Bassini, assistente sociale del servizio ADI –  abbiamo avuto l’opportunità di raccontare il nostro lavoro agli studenti del corso di laurea in Servizio Sociale (corso in Lavoro sociale relazionale per il contrasto alla povertà e alla grave emarginazione) dell’Università Cattolica di Brescia.»  
«Noi eravamo in 9 persone – continua –   3 assistenti sociali, 1 educatore della Cooperativa Lavoro Solidarietà (CLS) di Saronno, partner del servizio, 1 psicologa e 4 persone di cui ci prendiamo cura. Abbiamo scelto di andare come squadra, proprio per raccontare la coralità di professioni di cui si compone il servizio.  Siamo un’équipe, noi assistenti sociali abbiamo la regia del progetto, ma non riusciremmo a lavorare senza le altre professionalità. La multidisciplinarietà dell’equipe è un punto di forza, ci consente di avere uno sguardo più ampio per conoscere le persone che si affidano a noi.» 

Portare il punto di vista di chi lavora sul campo 

«Ho voluto invitare l’équipe ADI di Solidarietà e Servizi – evidenzia Federica Vezzoli, docente dell’Università Cattolica e assistente sociale – non solo per portare una testimonianza, ma anche per fare una vera e propria lezione tutti insieme, ognuno con il suo pezzo di competenza. Per me è importante far vedere come funziona un vero servizio, portare dei saperi che non sono solo accademici ma anche professionali, ascoltando il punto di vista di chi lavora sul campo.»  

«L’assegno di inclusione – a parlare è Miriana Martorano, assistente sociale di Solidarietà e Servizi – è spesso frainteso nelle comunicazioni che ne vengono fatte. Certo, ci sono le procedure, le normative, gli aspetti burocratici, ma noi desideriamo raccontare di un servizio che può essere costruito insieme in maniera più umana, ascoltando, entrando in relazione, stando al fianco delle persone che si rivolgono a noi.»  

Un servizio dove il vero focus sono le persone

Persone che sono il vero focus «Tante volte pensiamo che i professionisti siano i veri depositari di saperi e tecniche – sottolinea Federica Gusberti, psicologa del servizio. La testimonianza degli operatori invece è solo un punto di vista. Poi c’è il punto di vista di coloro che usufruiscono del servizio e le storie di vita delle persone sono ben più complesse. Il sapere è il loro, ci vuole un cambio di prospettiva. Noi lavoriamo con la storia delle persone; per questo abbiamo scelto di portare alcune famiglie di cui ci prendiamo cura, sono loro gli “esperti in cattedra”.»  

Molto toccante il momento in cui le persone hanno raccontato la loro storia di vita «Una formazione che è arrivata dritta al cuore delle persone presenti in aula e che è stata in grado di emozionare e commuovere.»  

«In università esistevano già dei workshop esperienziali – prosegue la docente Federica Vezzoli – ma è stata la prima volta in cui persone in condizioni di povertà ed emarginazione sociale sono entrate in università per fare una lezione. Mio grande desiderio è quello di continuare in questa direzione. Personalmente sono molto grata perché c’è stata una dinamica di reciprocità: hanno imparato gli studenti, ma ho imparato anch’io…Come poter insegnare meglio ed essere un’assistente sociale migliore.»