Ehi, “Siblings”, ci troviamo insieme?
Un progetto di due mesi che ha coinvolto 16 fratelli e sorelle delle persone con disabilità dei centri Viganò, Pollicino, AliBlu e Manzoni. Due gruppi, uno di preadolescenti e l’altro di adolescenti, per esprimersi, per condividere, per fare amicizia. Per non sentirsi soli.
«All’inizio li vedi arrivare con un po’ di titubanza, ma alla fine di ogni incontro non vorrebbero mai andare via, si fermano a chiacchierare, a giocare a calcetto, a ping pong… vorrà dire qualcosa questo?» Queste parole di Lucia, un’educatrice, sintetizzano l’esperienza che si è appena conclusa in Solidarietà e Servizi.
È stato ribattezzato “Progetto Siblings”: una delle ultime proposte, dedicata a fratelli e sorelle delle persone con disabilità presenti in 4 servizi ubicati nella provincia di Varese, quasi tutti dedicati a minori con disturbo del neurosviluppo e dello spettro autistico: il centro Viganò di Caronno Pertusella, Aliblu di Marnate, Pollicino di Gallarate e il Centro Diurno Disabili Manzoni di Busto Arsizio.
L’età non è certo delle più facili: stiamo parlando di ragazzi e ragazze dai 12 ai 19 anni… Esporsi in modo esplicito può essere davvero complicato, ma loro si sono coinvolti ogni volta e “ci sono stati” fino alla fine. Due i gruppi, per un totale di 16 ragazzi e ragazze, divisi per fasce d’età: il primo dedicato ai preadolescenti, il secondo agli adolescenti, coordinati – ciascuno – da due educatrici. Lucia, Alessandra, Irma e Chiara: questi i loro nomi.
Un appuntamento settimanale di sollievo e condivisione. «Il nostro desiderio – sottolinea Lucia Carera, educatrice e conduttrice di uno dei gruppi – è stato quello di proporre degli incontri in cui poter stare bene. Anche tra le famiglie dei nostri ospiti ci sono molte solitudini e la solitudine è il nemico numero uno. Spesso questi ragazze e ragazze vivono situazioni complicate in famiglia e non hanno la libertà di condividere il proprio vissuto con gli amici. Questo luogo vuole essere uno spazio e un tempo dove potersi esprimere, senza giudizio e al contempo creare relazioni. Vorremmo lasciare in loro la consapevolezza di non essere soli.»
Gli appuntamenti – sei in totale – si sono conclusi poco prima di Natale. Lo strumento di lavoro è sempre stato quello del gioco. «Entrando in aula – continua Carera – si sarebbe potuto vedere un ragazzo con in mano un gomitolo di lana o una ragazza impegnata nella tombola delle emozioni Abbiamo giocato molto: giochi simbolici, role playing, giochi coinvolgenti da un punto di vista emotivo, giochi più distesi…» Mai teoria, dunque, ma sempre attivazioni per condividere il proprio mondo interiore, perchè si sa, il gioco ha un alto potere terapeutico, a tutte le età. Alla fine di ogni incontro, poi, un apericena tutti insieme davvero apprezzato (non poteva mancare nemmeno la festa di Natale per concludere il percorso!)
Sempre presente a tutti gli incontri anche Camilla Marcolli, una delle psicologhe di Solidarietà e Servizi: «Abbiamo lavorato per trasmettere ai ragazzi che la relazione con il loro fratello o sorella è soprattutto un esserci. Sono altri – professionisti – a dover trovare delle strategie. Questo ci è sembrato importante, per liberarli da una responsabilità avvertita, molto spesso, come un fardello. Abbiamo cercato poi di sottolineare l’importanza di avere una rete con cui condividere e sentirsi liberi di condividere. Con i fatti più che con le parole.»
Il percorso è terminato. «Ci saranno altre occasioni? – chiede qualche ragazzo. Qui mi sono sentito libero di condividere anche questioni personali, spesso non ci riesco.»
Cosa rimarrà dunque da questa esperienza? I rapporti che hanno costruito tra di loro, il contatto con le educatrici. E la consapevolezza di non essere soli.