«Oltre la logica degli appalti, verso una co-progettazione e co-programmazione». Intervista al Segretario Generale di AVSI

Portare veramente le persone al centro: il terzo settore è responsabile del bene comune al pari delle amministrazioni pubbliche

Giampaolo Silvestri, Segretario Generale di AVSI

Voltare pagina, cambiare approccio e iniziare a superare la logica degli appalti per arrivare a programmare e progettare insieme. Il tutto per il bene delle persone, per una adeguata ed efficace risposta ai loro bisogni, per una responsabilità sociale condivisa. Questo è un aspetto che sta molto a cuore alla Solidarietà e Servizi e attraverso il quale è possibile realizzare una vera e concreta sussidiarietà nella solidarietà.

Abbiamo pertanto rivolto alcune domande a Giampaolo Silvestri, Segretario Generale di AVSI, (Organizzazione Non Governativa presente in tutto il mondo con progetti che promuovono lo sviluppo e la tutela di ogni persona) il quale ci ha confermato che il terzo settore non deve più essere un mero esecutore, ma deve rivendicare un ruolo da protagonista, soprattutto in virtù della sua capacità di dare risposte ai bisogni.

Dottor Silvestri, AVSI opera mettendo al centro le persone, quale fulcro di sviluppo per se stesse e per la loro comunità. Quale il ruolo del terzo settore in questo ambito?

Le organizzazioni del terzo settore sono espressione delle persone; sono persone che si mettono insieme per rispondere a dei bisogni. Quindi, per queste organizzazioni, il rapporto con le persone – e di conseguenza con i bisogni – è un rapporto diretto. È naturale che al centro delle organizzazioni del terzo settore ci siamo persone. Ma, pur essendo espressione di quella società civile oggi tanto esaltata dai media come il nuovo cuore pulsante del Paese e dai politici a parole, il terzo settore non viene coinvolto quando si tratta di prendere decisioni. Viene considerato solamente sotto il profilo operativo.  Eppure, il terzo settore si basa sulle persone e sui loro bisogni. È fatto da persone che si mettono insieme per dare risposte. Senza le persone non esisterebbero le organizzazioni del terzo settore.

Quando si parla di sociale, le risposte sono talvolta o anche spesso demandate allo Stato con le sue istituzioni. Come favorire il coinvolgimento del terzo settore?

È questo un ambito dove ci sono novità. In un’ottica statalista che è abbastanza diffusa, quando c’è un bisogno sociale o un’emergenza la prima reazione è: “cosa può fare lo stato?” Pur ritenendo che il ruolo dello stato sia importante, anche Corte Costituzionale, nella sentenza 131 del 2020, ha però detto che lo stato non è l’unico detentore dell’interesse pubblico, non è l’unico soggetto che rappresenta i bisogni della società. Il terzo settore viene così posto allo stesso livello delle amministrazioni pubbliche nel capire i bisogni e definire le politiche adeguate per rispondere a questi bisogni. Viene superata la vecchia logica dell’appalto dove lo stato definiva le politiche di intervento e poi chiamava il terzo settore ad attuarle. Ora il terzo settore rappresenta il bene pubblico allo stesso livello di un’amministrazione pubblica.

Quale il valore aggiunto di un intervento basato sulla co-progettazione e sulla co-programmazione?

Se ben attuate, la co-programmazione e la co-progettazione portano al tavolo di discussione gli interessi delle persone. Gli enti del terzo settore portano i bisogni delle persone e possono presentarli senza alcuna mediazione. È un notevole valore aggiunto che parte proprio dalle persone.

Quali ulteriori passaggi concreti è necessario fare per poter affermare che terzo settore e amministrazioni pubbliche sono parimenti costruttori del bene comune?

È questo un tema molto ampio e importante, anche perché abbiamo davanti a noi una pagina bianca da scrivere. Occorre individuare le modalità di operare nella realizzazione della co-programmazione e della co-progettazione; bisogna trovare le modalità migliori. E lo si fa sperimentando, studiando, andando a vedere gli esempi all’estero e in Italia e verificare quanto possano diventare dei modelli. Nel fare questo però, sono necessarie la disponibilità delle amministrazioni pubbliche e una buona intelligenza da parte dei politici. Il Pnrr è buona opportunità: nella missione 5, in alcuni bandi è titolo preferenziale per le amministrazioni pubbliche locali coinvolgere le organizzazioni del terzo settore nella co-programmazione e nella co-progettazione. Non ci sono ideologie preconcette, bisogna sperimentare. Si tratta di una nuova modalità di intervento che non ha al momento delle soluzioni predefinite. C’è un lavoro da fare: terzo settore, amministrazioni pubbliche e politici insieme.