La risposta che non c’era per le persone disabili o fragili: partito il progetto Spazio Integrazione di Solidarietà e Servizi

Avviato il progetto che, grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo attraverso l’Iniziativa Formula in collaborazione con Fondazione Cesvi, mette in campo il valore di una presa in carico della persona a più ampio raggio

Una risposta che non c’era. È ufficialmente partito SPAZIO INTEGRAZIONE, il progetto che Solidarietà e Servizi ha sviluppato per dare una risposta in più ai bisogni delle persone disabili o fragili. Un progetto che, grazie in particolare al sostegno di Intesa Sanpaolo attraverso l’Iniziativa Formula in collaborazione con Fondazione Cesvi, mette in campo il valore di una presa in carico della persona a più ampio raggio e, all’interno di un approccio multidimensionale e di una visione di rete, crea progetti di vita per potenziare tutti gli aspetti legati all’autonomia della persona attraverso il lavoro. Destinatari sono una fascia di persone disabili o fragili che, di fatto, restava esclusa dai servizi sinora previsti. «Guardiamo alle persone disabili le cui capacità e autonomie di base sono superiori a quelle di chi solitamente viene accolto nei centri diurni, ma che non hanno i requisiti per accedere al mondo del lavoro. Ma anche ai giovani fragili che hanno bisogno di percorsi personalizzati di accompagnamento al lavoro e che escono dalle logiche di intervento attuali», spiega Filippo Oldrini, responsabile Area Inserimento Lavorativo di Solidarietà e Servizi. «Negli ultimi anni abbiamo assistito a due fenomeni: da una parte, l’affiorare di “nuove” fragilità – già presenti ma in modo “latente” – sempre meno riconducibili alle categorie della disabilità e del disagio psichico riconosciute dalle norme e dalle forme di risposta codificate dalla Rete Sociale. Dall’altra, la crisi delle tradizionali strutture di risposta di “prima accoglienza” del bisogno delle fasce deboli strutturate nel tempo dal parte del mondo cooperativo. L’esigenza è diventata quindi quella di progettare percorsi personalizzati, per quei cittadini per cui i servizi esistenti non risultano idonei. Ad esempio, le persone si collocano tra un CSE (Centro Socio Educativo) e un SIL (Servizio Inserimento Lavorativo): hanno abilità superiori per i primi, ma non abbastanza per i secondi».

La strada è quella del lavoro. «Il lavoro vero», puntualizza Oldrini. Ma come farlo arrivare? L’équipe di SPAZIO INTEGRAZIONE si è già messa all’opera con un approccio multidisciplinare: accanto all’assistente sociale, sono scese in campo le professionalità di uno psicologo e di un educatore, con un coordinatore di progetto, per valutare le prime persone da inserire e attuare una reale presa in carico personalizzata. Ciascuna persona è stata infatti inserita in un percorso di vita che passa dal lavoro, sia per chi ha già vissuto un’esperienza simile, sia per chi non ha mai avuto l’opportunità di confrontarsi con questo mondo.

«In un approccio educativo e occupazionale/lavorativo, l’impiego diventa il momento e il luogo per dare concretezza non solamente a quella dignità della persona che è stata citata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo recente discorso di insediamento, ma anche per la valorizzazione delle abilità di ciascuno con lo scopo di accentuare il processo di autonomia della persona stessa». È lavoro vero, ovvero «un lavoro con un’utilità reale, dove c’è un cliente che chiede qualità, cura e impegno. Questa è una condizione necessaria non solamente perché la persona contribuisce realmente a creare valore e utilità, ma soprattutto perché si trova in una condizione “sfidante”».