“Non solo numeri”, il progetto di Solidarietà e Servizi per il “reddito di cittadinanza”
Lo studio, pubblicato sulla rivista Lavoro Sociale, ha portato al miglioramento del servizio nell’ottica di potenziare il patto per l’inclusione sociale e la presa in carico

Semplificare, essere compresi, ma soprattutto riconoscere e dare valore alle persone. Perché, anche quando si parla di povertà e inclusione sociale, c’è sempre un aspetto legato alla dignità della persona che, se opportunamente coinvolta, può dare riscontri positivi. Solidarietà e Servizi ha ribaltato l’approccio al Servizio “reddito di cittadinanza”: attraverso il lavoro di ricerca sociale “Non solo numeri”, ha elaborato un intervento e individuato un processo capace di coinvolgere quanti beneficiano del sussidio, creando un rapporto di corresponsabilità e di crescita reciproca. Lo studio è stato sviluppato dalle assistenti sociali di Solidarietà e Servizi Federica Vezzoli e Alice Bassini, all’interno dell’equipe del Servizio “reddito di cittadinanza” del distretto di Gallarate, ed è stato pubblicato sulla rivista Lavoro Sociale, nel supplemento al numero di dicembre 2020 con il contributo anche di Valentina Calcaterra dell’Università Cattolica di Milano – Centro di Ricerca Relational Social Work.
«È stato un lavoro che ha portato risultati importanti, non solamente per le persone coinvolte, ma anche per le stesse operatrici», osserva Laura Puricelli, responsabile dell’Area Servizi Sociali e Presa in Carico di Solidarietà e Servizi. «Abbiamo dimostrato anche la capacità della nostra cooperativa nel fare ricerca sociale; un aspetto non secondario se vogliano migliorare i servizi». E per migliorare il Servizio “reddito di cittadinanza”, le assistenti sociali sono partite proprio dagli stessi beneficiari della misura economica «perché sono loro i fruitori principali e sono loro che osservano e sperimentano cosa funziona e cosa no», spiegano Vezzoli e Bassini. «Abbiamo selezionato cinque persone che potessero essere rappresentative di diverse categorie – disabilità, anziani, mamme single – e con loro abbiamo ragionato su un miglioramento del servizio che passasse da un maggior coinvolgimento proprio dei beneficiari».
Partendo dai materiali messi a disposizione dal Ministero, sono stati vagliati i contenuti e verificati gli effettivi livelli di comprensione. «Abbiamo toccato con mano il fatto che questi materiali spesso non sono adeguati. Quindi, abbiamo fatto una lettera tradotta in diverse lingue e anche nel linguaggio italiano dei segni per le persone sordomute, per rendere il servizio alla portata delle persone che stavamo incontrando; con un passaggio ulteriore, abbiamo poi elaborato “Yes I Can”, uno strumento per la valorizzazione delle risorse e delle competenze che queste persone hanno».
Di fatto si è trattato di un ribaltamento della prospettiva: da un approccio prettamente basato sulla “mancanza” ci si è concentrati sulla “presenza”, sul cosa c’è, su ciò che la persona porta e sa fare; da una visione essenzialmente assistenzialistica, si è entrati in una fase progettuale partecipata e condivisa. «Da un approccio standardizzato, quale è il materiale ministeriale, siamo passati a una fase di relazione in un’ottica di corresponsabilità. Spesso si guarda a quanti percepiscono il reddito di cittadinanza come a chi non vuole fare nulla; con questo nostro studio, ci siamo posti al fianco di queste persone, ragionando insieme attorno a quello che è meglio per loro, quale strada prendere e quali interventi mettere in atto. Il tutto all’interno di una sorta di “patto” dove ciascuno si prende dei precisi impegni». Andando oltre il mandato istituzionale, l’accento è stato posto sulla persona e sui suoi bisogni, in un lavoro dedicato a «coltivare la speranza», come piace ricordare alle due operatrici sociali. «Davanti a un supporto economico di cui hanno diritto, c’è stato lo sforzo di creare una relazione per costruire insieme il futuro».
Il risultato è nelle parole stesse delle persone coinvolte. «Questo è un progetto importante, che abbiamo portato avanti con grande impegno e cooperazione tra le parti. Anche se all’inizio è stato difficile il risultato è stato soddisfacente per tutti», è stato il commento di A. Così invece il signor F.: «Ho partecipato perché la speranza non si sprechi nel nulla e con l’aspettativa che qualcuno possa essere aiutato a non cadere e non precipitare in un pozzo di cui non si vede il fondo e nemmeno la fine».
Del resto, è da queste testimonianze che si può comprendere la concretezza e il valore di quello che Solidarietà e Servizi dice da oltre 40 anni: Mai più soli … insieme ci riusciamo.